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Hammamet | Un insuperabile Favino e la politica umana di Gianni Amelio

Il regista intreccia realtà e narrativa, la storia e la favola di Craxi. Senza mai chiamarlo per nome

Hammamet: Pierfrancesco Favino nei panni del Presidente e Livia Rossi, che interpreta la figlia
Hammamet: Pierfrancesco Favino nei panni del Presidente e Livia Rossi, che interpreta la figlia

MILANO – A quanto pare, i produttori avrebbero voluto girare un film sul rapporto tra Cavour e la figlia, ma Amelio ha avuto l’ardire di rilanciare: perché, invece, non fare la stessa cosa con Craxi? Idea geniale. Da qui nasce Hammamet, che non è – come ci si aspetterebbe – un film su Craxi, ma un film con Craxi, al punto che il lavoro sullo sguardo, sulla voce e sui movimenti di Pierfrancesco Favino è qualcosa di incredibile. E non si tratta di una sfacciata dimostrazione di competenza mimetica, ma dell’unica maniera possibile per riesumare la figura, riportarci nella sua (seconda) casa, ad Hammamet, e farci rivivere gli anni dell’esilio/latitanza (a voi la scelta) dal punto di vista di una figlia (Livia Rossi) che lo vuole accudire, ma è alle prese con un padre che nel bene o nel male è stato un re, ora decaduto.

Uno straordinario Pierfrancesco Favino è Craxi in Hammamet
Uno straordinario Pierfrancesco Favino è Craxi in Hammamet

Attenzione però, perché, pur essendo stato girato quasi totalmente nella vera villa del Segretario del PSI, la vicenda è quasi completamente inventata: non è una ricostruzione storica, qui siamo davanti ad un personaggio vero attorno a cui gira un racconto di fantasia, una sorta di fiaba. Amelio sceglie Craxi per quello che fu: un omone dal brutto carattere, un vizioso mostro di intelligenza abituato ad essere ascoltato (in casa e in piazza), un po’ burbero nel suo essere risoluto e talvolta arrogante. Quindi, non siamo neanche di fronte ad un film propriamente politico nelle volontà dell’autore. E se l’intreccio, la strutturazione dei rapporti e alcune scelte risultano un po’ troppo ridondanti, è proprio l’aspetto narrativo che più colpisce di Hammamet.

Una scena di Hammamet
Una scena di Hammamet

Del resto, nel film, nessuno viene chiamato per nome: non ci sono riferimenti diretti a Cossiga, alla Lega, alle televisioni private e a quel sistema politico che aveva fatto il suo tempo e stava perdendo i suoi mattoncini uno dopo l’altro già dal crollo del muro, in un clima sociale profondamente alterato. E, proprio in riferimento a questa cornice, la frase chiave, attorno a cui ruota tutto il significato politico (e poetico) del film, che sembra essere il suo senso più profondo, è quella pronunciata da uno degli ospiti del Presidente, interpretato da Renato Carpentieri: «Viviamo in un paese feroce, ma che prima o poi perdona». Se la ferocia è viva tutt’oggi, con il senno di poi, dobbiamo ammettere che questo Paese non perdona affatto. Semplicemente dimentica, non affrontando la storia e limitandosi a rimuovere il passato sgradito.

Sul set di Hammamet
Sul set di Hammamet

Infatti, il vero gesto politico che compie Amelio – questo sì, rivoluzionario – è di trattare Craxi come un essere umano, mentre lo sbalorditivo Favino indossa una maschera empatica, a tratti mostruosa e poi tenera, facendo della sua interpretazione qualcosa che va oltre il mestiere dell’attore. Così, ridendo dell’ingenuità di chi vorrebbe ridurlo essenzialmente all’eroe di Sigonella (e che bella la scena del nipotino che gioca con i soldatini, raccontando l’evento); ma anche condannando la banale cattiveria del lancio delle monetine (tanto infamante quanto reale la sequenza dei turisti sulla spiaggia) la domanda sorge spontanea: è una riabilitazione di Craxi? No. Hammamet ci ricorda solo che Craxi è esistito, che è stato una figura influente e che, forse, dovremmo iniziare a fare i conti con la sua storia e, per transizione, con noi stessi e il nostro tempo.

Qui la nostra intervista a Pierfrancesco Favino, a cura di Damiano Panattoni:

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