ROMA – I violini impetuosi di Alexandre Desplat, gli occhi di Saoirse Ronan, le pagine di Louisa May Alcott. Di Greta Gerwig e del suo Piccole Donne resta molto dopo averlo visto. Anzi, è come se il processo cognitivo iniziasse solo alla conclusione di un viaggio che ci porta alla fine della Guerra di Secessione, nel Massachusets, fatto di prati verdi, staccionate bianche e verande illuminate dal solo ocra della East Coast. È l’Ottocento ma, ci dice la regista, è come se fosse oggi: c’è un tumulto femminile, una nuova concezione di cosa possa voler dire libertà. Sia artistica che sociale, sia narrativa che personale. Tanto che, all’inizio del film, Jo/Saoirse, correndo tra la folla, sembra la Frances Ha che saltava tra Brooklyn a Manahattan con un sogno in tasca e un futuro tutto da scrivere.
Infatti, le piccole donne della Gerwig – che incorpora il romanzo nella storia personale della Alcott, rielaborandolo in un’unica sceneggiatura – altro non sono che le protagoniste di una storia che racconta la nascita di un’artista, in un momento storico ostile alla visione femminile. Insomma, un’era molto simile a quella di oggi a Hollywood. Così, la regista di Lady Bird, adotta un punto di vista coeso all’intento: sono le sorelle March a dettare i ritmi, sono le donne a prendere pieno controllo dei loro rispettivi percorsi. Jo (Saoirse Ronan), Meg (Emma Watson), Amy (Florence Pugh), Beth (Eliza Scanlen). Un romanzo da scrivere, un matrimonio da favola, un amore da inseguire. Persino una malattia mortale.
Loro e il relativo rapporto che hanno con la propria famiglia e con l’amore. Anzi, più a fondo, il rapporto di una scrittrice con i suoi affetti. Jo, divisa a metà, tra realizzazione e dovere, tra compromessi e affermazione. Una ragazza dallo spirito libero, le cui ambizioni coincido in egual misura alla devozione (a volte conflittuale) che ha verso le sue sorelle, verso sua madre Marmee (Laura Dern), nei confronti della zia (Meryl Streep) e verso gli “amici” Laurie (Timothée Chalamet) e Friedrich (Louis Garrel). Tema, questo, già abbracciato dalla Gerwig in Lady Bird: e non è affatto casuale che la Jo March sia infatti vicina alla Christine McPherson sempre interpretata dalla Ronan, tanto da essere una sorta di sua discepola contemporanea.
La voglia di “volare”, la propensione alla poesia, la cognizione di sé stessa, tanto grande da sfidare – e sconfiggere – la rabbia, l’alienazione, i dogmi che la società americana (ovvero quella moderna…) imponeva alle donne dell’epoca e che, implicitamente, impone ancora adesso. E, ancora come in Lady Bird, la scrittura fantasiosa ed espansiva della Greta Gerwig non si limita solo alla riorganizzazione degli eventi del libro e della vita della Alcott, sebbene Piccole Donne abbia questo presupposto. Infatti, la struttura a mosaico (al montaggio Nick Houy) dichiara fin da subito che non c’è nulla di semplice o inevitabile nei percorsi e nei dettagli della vita delle sorelle March. Perché diventare grandi (in tutti i sensi) è sempre una questione di compromessi.
Qui potete vedere il trailer di Piccole Donne:
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