ROMA – Parafrasando con il latino, verrebbe da dire “ad maiora!”, una volta che Frozen 2 – Il Segreto di Arendelle, entra nel vivo della sua storia. Infatti, dalla resa grafica agli effetti, dalle musiche ai personaggi, tutto sembra più grande, imponente, idealmente migliore del film predecessore. Che definire di successo è alquanto riduttivo. Del resto la sfida, in casa Disney, questa volta è sviluppata su due strade, un po’ come quelle che prendono Elsa ed Anna.
Da una parte replicare i record del 2013, dall’altra creare una magia nuova, capace di confermare l’universo di Frozen come quello più rappresentativo (e influente) nel cinema animato contemporaneo. Dunque, il paragone con il viaggio delle due principesse di Arendelle non è casuale: Chris Buck e Jennifer Lee sviluppano la sceneggiatura tenendo il passo delle loro evoluzioni, in un viaggio che ci fa scoprire passato, presente e futuro delle due sorelle.
E in Frozen 2 le ritroviamo come le avevamo lasciate, insieme a Kristof, Sven e, soprattutto, ad Olaf, che qui si conferma come una delle migliori spalle dei Classici Disney. Elsa ed Anna, uguali eppure diverse, però. Perché Anna è distratta da una specie di richiamo che arriva da un bosco lontano, popolato, si dice, da spiriti e spettri dimenticati. Elsa, invece, è alla prese con l’obbligo indotto di far si che le cose vadano bene. Anzi, che restino sempre uguali. Così, la banda si mette in cammino, sfidando le paure più grande: quella di crescere, cambiare e, forse, separarsi.
Allora, in una messa in scena che ricorda gli spettacoli di Broadway (effettivamente, come prima idea per il film c’era proprio quella di adattare il musical da sold out), tra canzoni (la nuova Let it Go? Noi puntiamo tutto su Into the Unknown intonata dai Panic! At The Disco, mentre in italiano è di Giuliano Sangiorgi, con il titolo Nell’Ignoto), coreografie e luci sfavillanti, l’essenza di Frozen 2 è tutta nelle dinamiche tra i characters, che ne esaltano dubbi e debolezze, caparbietà e indipendenza.
Un percorso lungo, dove si ride, ci si emoziona ci si esalta, prendendo quasi parte – grandi e piccoli – ad una lotta per la verità senza esclusione di colpi, nel quale il “solito” cattivo fa fiaba assume i contorni sfocati, facendone quasi perdere la sua centralità. Fino ad arrivare ad una totale catarsi disneyana, in grado di sferzare con potenza visiva e narrativa il senso di una storia che, a guardar bene, è molto più intima di quanto non si direbbe: due sorelle e l’accettazione di sé stesse e della loro maturità, lontane dalla loro comfort zone fatta di ghiaccio, acqua e ricordi. Frozen all’ennesima potenza.
- L’intervista a Jennifer Lee, Chris Buck and Peter Del Vecho:
La nostra intervista a Giuliano Sangiorgi e a Serena Rossi ed Enrico Brignano:
Lascia un Commento