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Crash | David Cronenberg, le pagine di Ballard e la collisione come perversione

James Spader, Deborah Kara Unger, la Palma d’Oro a Cannes, lo scrittore: perché riscoprirlo oggi?

Crash
James Spader è James Ballard in Crash di David Cronenberg.

ROMA – Per la nostra serie di Re-Visioni (trovate qui le altre) questa volta andiamo a riscoprire Crash, senza dubbio uno dei casi più interessanti all’interno dell’opus cronenberghiano. Piena espressione di quella nuova forma – in divenire – della poetica del cineasta canadese da sempre capace di raccontare della contaminazione del corpo umano e della macchina e degli uomini e dei loro animi corrotti. Il cinema di Cronenberg ha affrontato una mutazione come quella dei suoi personaggi in scena, passando dalla teorizzazione del body horror e del grottesco, a una forma tematica decisamente più in sottrazione. In fondo non era (più) necessario raccontare di telepati capaci di far esplodere le teste – come in Scanners – o di zelanti produttori televisivi affamati di violenza e pornografia – come in Videodrome – o, ancora, di scienziati vittime di esperimenti spaventosi – come ne La Mosca.

Crash di David Cronenberg fu presentato in concorso a Cannes49
Crash di David Cronenberg fu presentato in concorso a Cannes nel 1996.

Per raccontare l’orrore degli uomini bastavano gli uomini stessi, come nel caso del passato oscuro volto a cancellare la serenità del presente che vedremo poi in A History of Violence, o nell’orrore umano come nevrosi in A Dangerous Method. Nel mezzo Il pasto nudo, un trattato sociologico in forma filmica che funge da anello di raccordo tra i due periodi di cui Crash è il più fulgido esempio del Secondo periodo. Tratto dall’omonimo romanzo del 1973 di J.G. Ballard (in Italia edito da Feltrinelli) e vincitore del Premio della giuria a Cannes dove fu presentato, in concorso, il 17 maggio 1996, per certi versi – e seppur in forma decisamente diversa – ma anche in Crash accade qualcosa di non dissimile da Shining di Stanley Kubrick, una totale rilettura del messaggio alla base del racconto e del sottotesto in esso contenuto.

Nei cinema italiani Crash fu distribuito il 15 novembre 1996
Nei cinema italiani Crash fu distribuito il 15 novembre 1996

A differenza però di Shining con King che arrivò addirittura a disconoscere l’opera di Kubrick, in Crash il rapporto tra scrittore e regista fu decisamente diverso. Fu lo stesso Ballard in un’intervista a spiegare il rapporto tra pagina e cinema: «Il film di Cronenberg comincia là dove il mio romanzo finisce. Dal momento che nel mio libro io tento di alleviare il lettore dell’apparente logica da incubo che sostiene Crash, tento di persuaderlo che il personaggio del narratore, che porta il mio nome, è attirato suo malgrado nel mondo di Vaughan, lo scienziato teppista. Nel film di Cronenberg, al contrario, i personaggi accettano questo universo dall’inizio. Ciò che rimane latente nel romanzo diventa manifesto nel film…».

Deborah Kara Unger e James Spader sono Catherine e James Ballard
Deborah Kara Unger e James Spader sono Catherine e James Ballard

Crash venne rielaborato da Cronenberg così da inserirlo nella teorizzazione della nuova carne cristallizzata in Videodrome in un’attrazione verso la tecnologia che non avviene tramite la realtà televisiva – come avviene nel film con James Woods – ma mediante la trasformazione fisica e la violenza. L’opera di Ballard si piega così alle esigenze filmiche e poetiche di Cronenberg. Le macchie di sangue sulla cappotta, le ruote anteriori che entrano nell’abitacolo di guida, il pavimento incurvato, il cruscotto accartocciato, l’abitacolo deformato fatto di polvere e vetri frantumati, i tappetini inzuppati di sangue e urina, una perversa unione metallica che diviene la metafora catastrofica dell’unione (loro malgrado) violenta delle vite di James Ballard (James Spader), Catherine Ballard (Deborah Kara Unger) ed Helen Remington (Holly Hunter).

Elias Koteas è Vaughan in una scena di Crash
Elias Koteas è Vaughan

Per un Crash reso da Cronenberg in un gioco di particolari e silenzi, di guanti con cui proteggersi dal mondo, di cinture di sicurezza troppo strette, gonne troppo corte e di mutande strappate, declinati in una recitazione monocorde. Totale apatia dominata dal freddo di una fotografia in blu con cui Cronenberg racconta di azioni passive e di un distacco emotivo degli agenti scenici. Sono danneggiati i personaggi di Cronenberg. Chi con cicatrici sulla fronte, e alla base del collo e gli occhi tumefatti, con gambe su cui campeggiano ematomi e tenute in piedi da protesi meccaniche, come nel caso di Ballard e Remington, o di cicatrici da taglio autoindotte sulle guance e sulle gambe come per Vaughan (Elias Koteas) e Gabrielle (Rosanna Arquette).

Una delle pellicole centrali del Secondo periodo del Cronenberg-autore
Crash, una delle pellicole centrali del Secondo periodo del Cronenberg-autore

Tagli e traumi che non fanno (più) male con cui far trasparire il dolore interno ed esternare la corruzione dell’animo. Tutti elementi funzionali perché volti ad arricchire la caratterizzazione dei personaggi in scena e che Cronenberg sottolinea, in regia, con silenziosi e profondi particolari. I corpi di Crash sono impigliati in giochi perversi e vacui dalla malsana fluidità sessuale. L’assenza di una precisa identità si traduce nella ricerca di atti sessuali fine a sé stessi. Azioni vuote, distaccate e asettiche ricondotte al raggiungimento dell’orgasmo soltanto per mezzo della violenza e della collisione fisica – emblematica, in tal senso, la sequenza in cui i protagonisti si riuniscono per provare piacere guardando videocassette di incidenti stradali come fossero pornografiche – perché non c’è amore in Crash, solo ma un ripetersi di azioni meccaniche.

Rosanna Arquette e Holly Hunter sono Gabrielle ed Helen Remington in una scena del film
Rosanna Arquette e Holly Hunter sono Gabrielle ed Helen Remington

Quelle Cronenberg le lascia vivere in primi e primissimi piani e campi lunghi immersivi che danno vita a un Crash dalla crescita della posta in gioco ragionata, con cui dispiegare un solido intreccio scenico. L’ingresso in scena di Vaughan – simulacro della concezione del rimodellamento del corpo umano per mezzo della tecnologia – è espressione di un voyeurismo oltre il limite che si traduce ora nel filmare scene di incidenti stradali, ora nel causarli egli stesso, ora nel ricostruirli teatralmente in un’operazione di bricolage narrativo a cui partecipano da spettatori Ballard e Remington. Una ricostruzione che richiama all’Amleto e all’episodio dell’Assassinio di Gonzago in un grottesco teatro nel teatro che diventa esteriorizzazione del potere taumaturgico dell’arte e di come ricostruendo un incidente si esorcizzi il dolore, causando piacere e cementificando il rapporto.

A Cannes, la giuria presieduta da Francis Ford Coppola diede a Cronenberg il Premio della Giuria
A Cannes, la giuria presieduta da Coppola diede a Crash il Premio della Giuria

La variabile narrativa Vaughan entra così in collisione con i già caotici coniugi Ballard, in una riscoperta di sé e di una ricalibrata chimica di coppia che fa cessare qualunque sentimento amoroso introducendo il freddo e la meccanicità nei rapporti, resi possibili solo dall’elemento artificiale, infine avvolgendoli nel suo mondo di perversione e violenza su cui, in proposito, Cronenberg si espresse così all’indomani della presentazione a Cannes: «Ho rifiutato il computer e l’hi-tech, perché tutta la vecchia tecnologia fa già talmente parte del nostro sistema nervoso da divenire pressoché invisibile. Per renderle la sua novità, la sua originalità, occorre stabilire un equilibrio fra controllo e caos per mezzo di una sottile dislocazione degli angoli di ripresa, per mezzo della fluidità del movimento».

«Serbo nell’intimo la convinzione che le due cose più filmate nella storia del cinema siano il sesso e le automobili» (David Cronenberg)
«Le due cose più filmate nella storia del cinema? Il sesso e le automobili» (David Cronenberg)

Ed è proprio questa la chiave di lettura dell’opera di Cronenberg, che oggi non è semplice da trovare, lo recuperate in streaming solo su Rakuten. Pur soffermandosi spesso sulla composizione della curata messa in scena piuttosto che nell’effettivo sviluppo dei suoi archi narrativi che appaiono un po’ sacrificati – specie nel terzo atto – Crash ha la capacità di proseguire il discorso sul rapporto uomo/macchina con sorprendente lucidità e freddezza, attraverso un linguaggio filmico naturale, immediato, rapido e brutale. Tanto basta a Cronenberg per realizzare un autentico gioiello della cinematografia mondiale che s’inserisce nella sua poetica al fine di arricchirla e al contempo sovvertirla.

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Qui sotto potete vedere il trailer del film: 

 

 

 

 

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