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L’analisi: La fine dell’era del Cinepanettone

Perché i fasti del genere sono ormai un ricordo lontano

C’era una volta il tanto odiato e amato film italiano di Natale, quello che – per bocca di pubblico e produzione – faceva «staccare per un’ora e mezza la spina dai problemi quotidiani, grazie alla forza della risata». Questa tagline, ripetuta ogni dicembre, accompagnava in sala, come una sorta di giustificazione, la folla, in un periodo di fuoco che viaggiava all’incirca tra il 20 di dicembre e, alcune volte, fino a gennaio inoltrato. Altri tempi, lontanissimi. Perché, il cinepanettone, neologismo datato e ormai entrato nel vocabolario quotidiano, c’era una volta e, ora, non c’è più.

Archiviate le feste, a guardare i fatti schiaccianti, la formula, i volti soliti, le frasi standard, sembrano aver definitivamente perso appeal nei confronti di un pubblico che sì, va meno al cinema, ma sceglie qualcosa di diverso dall’ormai tramontato cinepanettone. E la cosa è abbastanza curiosa: se prima, agli inizi del nuovo secolo, periodo d’oro per i vari Natale a…, il cinepanettone era detestato dalla maggior parte della critica e da un’altra grossa fetta di consumatori, oggi quei film sono riconsiderati. Perfino dai detrattori, che sono finiti nel considerarli una sorta di specchio di un’italianità godereccia e sporcacciona. Eppure, nonostante ciò, e nonostante le produzioni abbiano sperimentato varie rotte diverse con l’inserimento di nuovi volti e princìpi, anno dopo anno, fino agli ultimi dati, il calo in sala è stato nettissimo.

Insomma, se una volta le grosse produzioni hollywoodiane arrivavano in Italia impaurite dalla c coppia De Sica & Boldi, adesso la sfida italiana è praticamente persa in partenza. Andando a ritroso (o in questo caso, a spasso) nel tempo, e dando uno sguardo agli incassi, basandoci sui dati di Box Office Mojo, gli esempi sono chiari: il record spetta a Natale sul Nilo, 2003, in grado di raccogliere quasi 30 milioni e capace di stracciare persino Harry Potter. Qualche anno più tardi, nel 2008, Natale a Rio supera un cartoon (genere portante dei Xmas Movies) come Madagascar 2, incassando quasi 25 milioni di euro. Altri botti? 2001, Merry Christmas, faceva – tenendo presente il momento storico-monetario – oltre 15 milioni di euro. In pratica, lo stesso incasso di Star Wars: Gli Ultimi Jedi.

Possibile che di quel successo non sia rimasto nulla, se non gli spezzoni su YouTube? E, perché gli italiani, hanno drasticamente allontanato la tradizione? Negli ultimi anni il genere si è contaminato, smembrandosi, mutando forma. Boldi e De Sica non stanno più insieme da anni, la volgarità diretta, i rumori molesti e i seni all’aria non ci sono (quasi) più. A dicembre, Filmauro ha voluto omaggiare il genere con Super Vacanze di Natale, un mix montato di scene cult. Risultato? Al box office, non pervenuto. Sicuramente un caso limite per un film di montaggio, eppure negli ultimi anni le commedie natalizie hanno superato a stento i 5 milioni. Formule abusate, date di uscite sbagliate, troppa concorrenza internazionale (che c’è sempre stata, però) e troppa concorrenza nazionale (De Sica vs Boldi), in un periodo mordi e fuggi? Certo. Ma il motivo principale è uno solo, e si chiama Checco Zalone.

Zalone – si ami o si odi – ha riscritto il termine di commedia di Natale (uscendo il primo gennaio, avendo così una scia più ampia), sintetizzando il genere, attualizzandolo, migliorandolo e rendendolo capillare: ogni due o tre anni, come fosse l’evento irrinunciabile per la risata. Zalone con quattro film ha incassato in totale 173 milioni di euro. Ha, in breve, creato un’attesa, un altro rito, prendendosi la scena mentre gli altri litigavano. E ad un anno prima dal prossimo film, in coda ai botteghini, c’è già chi chiede: «Ma il nuovo film di Checco, quando esce?»

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