ROMA – Nell’ultimi anni si sono moltiplicate le serie e i film che, con approcci e generi diversi, raccontano e denunciano il razzismo in America costruendo un parallelo tra passato e attualità. Da Lovecraft Country a The Good Lord Bird passando per Fargo 4 e Queen & Slim. E lo fanno con un approccio narrativo diverso da 12 anni schiavo o The birth of a Nation. Complice Get Out di Jordan Peele, titolo spartiacque che, intrecciando satira, horror e denuncia – replicando poi la ricetta in Us – ha aperto a un nuovo modo di rappresentare il peccato originale che attanaglia gli Stati Uniti da sempre. Sulla scia del successo ottenuto da quel film, Gerard Bush e Christopher Renz, registi di Antebellum – lo trovate su Prime Video – si muovono nella direzione indicata da Peele.
Il film si apre con una citazione di William Faulkner – «Il passato non muore mai. Non è neanche passato» – per trascinarci in una piantagione di cotone dove il tentativo di fuga di un gruppo di schiavi si è trasformato in una repressione brutale. Tra di loro c’è anche Eden (Janelle Monáe), schiava vittima delle violenze sessuali del suo padrone in cui gli altri prigionieri confidano per fuggire. Ma, senza addentrarci in spoiler, nel corso del film incontriamo un’altra donna con il volto della Monáe, la sociologa e autrice di un best seller sull’integrazione Veronica Henley. Le due figure rappresentano l’oppressione di ieri e i fantasmi di quella violenza nel nostro presente.
Con una costruzione narrativa che strizza l’occhio, oltre al già citato Peele, anche a Westworld, The Hunt e M. Night Shyamalan, Gerard Bush e Christopher Renz prendono alla lettera una frase pronunciata da Veronica: «Le cose non sono mai come sembrano». Giocando con gli indizi e concentrandosi sul plot twist finale, la coppia di registi dimentica però di affondare il racconto sul parallelo tra passato e presente di un’America che ieri costruiva statue celebrative a generali confederati e oggi le abbatte in proteste che attraversano il paese. Così facendo il nucleo del film resta in superficie e quella violenza mostrata all’inizio sembra solo il pretesto per la vendetta finale.
Lo stesso personaggio di Veronica più che una persona reale finisce per diventare un simbolo idealizzato. Una donna nera forte, indipendente, realizzata che fa yoga con la tuta della linea di Beyoncé e appare impeccabile in videoconferenza mentre il marito amorevole si prende cura della figlia. Una perfezione che ha il retrogusto della messa in scena, di una ricostruzione (storica), – e non perché donne così non esistano ma perché sembra assemblata più che vera – che non rende giustizia agli uomini e alle donne reali che, ieri come oggi, hanno dovuto e devo affrontare l’orrore, quello vero, della discriminazione, della violenza, del razzismo.
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Qui potete vedere il trailer di Antebellum:
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