ROMA – Alla fine la guerra non è così male. Soprattutto se, al fronte, non sei più sotto il comando di un terribile e ottuso tenente. Il cibo c’è, la compagnia è scanzonata e guascona, la cioccolata viene venduta a pochi cents e la radio del campo suona l’allegra Straighten Up and Fly Right di Nat King Cole. Senza scordare che, in nome della libertà, ti hanno spedito sotto il sole dell’Italia, a guardare il mare di Pianosa. Mica male, considerando che le truppe alleate, sul versante del Pacifico, non se la stanno cavando proprio bene. Poi, se ti chiami John “YoYo” Yossarin, puoi ritenerti davvero fortunato: sei nella Air Force, nel cielo, lontano dal fuoco terreno. E pensi: «Tra addestramento e partenza, la guerra sarà già finita».
E invece no. Pian piano, il microcosmo che hai attorno comincia a sgretolarsi sotto una montagna di morte, sangue, disperazione. Non resta che appellarsi al Comma 22 per tornare a Coney Island. Solo che, quella postilla, è una vera e propria legge di Murphy: «Chi è pazzo può chiedere di essere esentato dalle missioni di volo, ma chi chiede di essere esentato dalle missioni di volo non è pazzo». Comincia così, tra campi, sudore e una strabiliante fotografia color ocra (Martin Ruhe) la miniserie Catch-22, show originale Sky in sei episodi (negli USA su Hulu), basata sull’omonimo romanzo antimilitarista di Joseph Heller, edito nel 1961.
Dietro la serie, la sceneggiatura di Luke Davies e David Michôd, nonché prodotta, interpretata e diretta (episodi 4 e 6) da George Clooney. «Avendo come punto di partenza un romanzo fondamentale», ha raccontato Clooney, «e tenendo in considerazione il film di Mike Nichols del ’70 (dove c’era l’amico Bob Balaban, oltre ad un giovane Alan Arkin nel ruolo di YoYo, ndr.) abbiamo cercato di realizzare un’opera sulle assurdità della guerra e del potere, perché puoi cercare di combatterlo ma senza riuscire a sconfiggerlo». Nei panni di Yossarin, un bravissimo Christopher Abbott, affiancato da Hugh Laurie, Kyle Chandler e Grant Heslov.
Così, a proposito del potere, Catch-22 diventa la metafora, tutt’ora, delle aberranti declinazioni umane, che possono trovarsi anche sotto la stessa bandiera. «Viviamo in tempi di grande nervosismo e autoritarismo, quindi la satira sulla guerra è sempre attuale. Se Catch 22 mi farà entrare in politica? No, non sarebbe logico. Voglio continuare a fare quello in cui credo di essere bravo. Ma sono anche sicuro che nel 2020 le cose cambieranno, alle votazioni passeremo dall’altra parte», ha continuato l’attore e regista. Perché, come mostra la serie, dirompente e a tratti diabolicamente esilarante, l’epopea del bombardiere Yossarin è pura catarsi greca, arrivando ad un’evoluzione finale che lo rende consapevole di cosa può significare ricevere una stupida medaglia di bronzo.
C’è il tempo e c’è lo spazio della Seconda Guerra Mondiale, il cameratismo effimero che porta solo dolore, quando pian piano quei volti cominciano a non tornare in tenda. Una missione, due missioni, tre missioni. Fino ad arrivare ad un numero spropositato, spinto oltre da quegli ufficiali senza scrupoli ossessionati dal comando, a cominciare dallo smunto e perverso tenente Scheisskopf interpretato dallo stesso Clooney. «Tanto idiota quanto arrogante. Un personaggio perfetto per me, anzi grazie a lui ho potuto urlare in modo molto terapeutico».
Perché, dietro la storia di Yossarin, idealista e romantico, si combatte la sua battaglia verso un mondo esterno che necessita della guerra e dei morti in battaglia, finendo per diventarne un tragico paradosso. Del resto, lassù, tra le nuvole bianche dell’Italia, mentre più giù saltano per aria ponti e uomini, a volare e morire c’erano ragazzi che avevano appena lasciato il nido. Troppo piccoli e troppo impauriti per morire. Mentre le donne, la domenica, non rinunciano ad indossare un vestito a fiori, innamorandosi di quello straniero venuto da lontano, imbrattato dal sangue innocente di un soldato che non tornerà mai più a casa. E, alla fine, pure quell’allegro motivetto di Nat King Cole suona in modo diverso, «Straighten up and fly right. Cool down, papa, don’t you blow your top».
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