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Fran Lebowitz: Una vita a New York. O del perché dovreste vedere la miniserie di Martin Scorsese

Sette episodi in cui il regista lascia che l’autrice parli di tutto ciò che vuole. Il risultato? Esilarante

fran lebowitz: una vita a new york

ROMA – Si autodefinisce l’unica persona che a New York guarda dove sta andando. Non ha un telefono, non ha un computer e non ha nemmeno Netflix. Quindi non vedrà mai il (secondo) documentario che Martin Scorsese le ha dedicato: Fran Lebowitz: Una vita a New York. Un paio di occhiali rotondi dalla montatura tartarugata, una giacca dal taglio maschile, gemelli, jeans e stivali da cowboy. La scrittrice (che non scrive) dallo stile inconfondibile è tornata a fare quello che le riesce meglio: esprimere opinioni. Già nel 2010, con Public Speaking, Scorsese aveva capito che bastava puntarle addosso una telecamera e premere Rec.

fran lebowitz: una vita a new york
Fran Lebowitz e Martin Scorsese

Dieci anni dopo quello speciale di poco meno di due ore della HBO diventa una mini-serie Netflix divisa in sette episodi in cui la Lebowitz parla di qualsiasi cosa: dall’America all’odio per Times Square e le sue sdraio, dal disinteresse per i soldi ai tassisti scorbutici, dalla metro di New York che farebbe innervosire anche il Dalai Lama a quel giorno del Ringraziamento passato con Charlie Mingus. Donna, ebrea, gay, Fran Lebowitz racconta anche del suo arrivo nella Grande Mela negli anni Settanta, appena cacciata dal liceo, con soli 200 dollari in tasca e il sogno di fare l’intellettuale. Finisce a pulire le case dei ricchi dell’Upper East Side e a guidare taxi, a frequentare la Factory di Andy Warhol e, dal 1978, anno dell’esordio con Metropolitan Life, a pubblicare libri.

Una scena di Fran Lebowitz: Una vita a New York

Solo che poi arriva anche il più lungo blocco dello scrittore mai conosciuto. È metà degli anni Novanta e, dopo il libro per bambini Mr. Chas and Lisa Sue Meet the Pandas, la Lebowitz non scrive più una parola. Inizia la sua nuova vita: quella di oratore pubblico. «È quello che volevo da tutta la vita. Persone che mi chiedono la mia opinione e che non sono autorizzate a interrompermi». E negli anni le sue opinioni hanno fatto infuriare non poche persone. Ma a Fran, è cristallino, di piacere agli altri non gliene frega nulla. L’incarnazione perfetta dell’opposto di tutto ciò che siamo diventati, preoccupati di ottenere consensi virtuali, spaventati di dire la nostra per il terrore di offendere, sempre pronti a scuse, rigorosamente via social. Ecco, Fran Lebowitz è tutto quello che non siamo (e vorremmo essere).

Fran Lebowitz: Una vita a New York
Un’immagine di Fran Lebowitz: Una vita a New York

Per questo c’è chi è disposto a pagare un biglietto per sentirla parlare. E visto che non tutti posso volare dall’altra parte del mondo (specie ora) per sedersi e ascoltare la Lebowitz raccontare del suo pessimo intuito immobiliare o di quella volta che Leonardo Di Caprio le offrì una sigaretta elettronica, ci viene in aiuto Martin Scorsese la cui risata fragorosa, insieme alla musica jazz, è la colonna sonora del documentario. E come biasimarlo. Già perché Fran Lebowitz ha il ritmo incessante di un’improvvisazione jazz (non a caso, il suono di New York), una mente in continuo movimento e la risposta sempre pronta. Una donna libera e dannatamente onesta che vuole solo dire la sua. E allora alzate gli occhi dai vostri smartphone e ascoltatela.

Qui potete vedere il trailer di Fran Lebowitz: Una vita a New York:

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