MILANO – No, i Mötley Crüe non furono una rock band qualunque, ma l’icona del glam rock degli Anni Ottanta. Con oltre quaranta milioni di dischi venduti, per un decennio rappresentarono tutto ciò che fu Los Angeles e Hollywood in quel particolare periodo storico: fama e glamour, divismo e musica, ma anche droga e perdizione totale. Furono i rappresentanti perfetti dell’eccesso in tutti i sensi: del talento prima, dell’autodistruzione poi. The Dirt (lo trovate su Netflix) è il biopic che aspettavamo da anni e che ha il compito di raccontare entrambe le facce che i Crüe incarnarono alla perfezione.
Ciascuno dei quattro membri della band è un personaggio che fu in grado di condurre all’eccesso lo stile di vita della rockstar: il batterista Tommy Lee (qui interpretato da un vero musicista, Machine Gun Kelly) passò quel periodo tra relazioni sentimentali con donne famose, da Heather Locklear a Pamela Anderson, ed eccessi di ogni sorta. Nikki Sixx (Douglas Booth) anima creativa ma anche più nera della band, a causa della sua passione per sostanze legali e illegali, arrivò a un passo dalla morte per arresto cardiaco in Giappone.
Dopo diversi minuti riverso sul marciapiede, fu salvato da un calcio allo sterno sferrato da un passante che lo riconobbe. Ripresosi scrisse Kickstart My Heart. Vince Neil (Daniel Webber) fu il re di Sunset Boulevard e del Whiskey a Go Go, segnato da sbronze e grandi tragedie, come quando causò la morte del cantante degli Hanoi Rocks. Mick Mars (Iwan Rheon), il più vecchio, forse il meno esposto, visse tra malattie e donne pericolose.
Ma da dove arriva la storia di The Dirt? Il film è innanzitutto la fine di un viaggio che ha avuto una lunghissima gestazione. In seguito al successo planetario del libro nel 2001 – il titolo era The Dirt. Mötley Crüe. Confessioni della band più oltraggiosa del rock – Paramount e MTV acquistarono immediatamente i diritti per una produzione di cui si iniziò a parlare addirittura nel 2006. Il primo candidato al ruolo di Vince Neil fu addirittura Val Kilmer – che già era stato Jim Morrison per Oliver Stone – poi ovviamente scartato. Tredici anni dopo è l’australiano Daniel Webber ad interpretarlo, un attore ancora relativamente poco noto.
Dopo il successo imprevisto di Bohemian Rhapsody e in attesa dell’uscita di Rocketman, The Dirt prosegue quindi il momento d’oro dei biopic musicali, un punto di incontro tra musica e cinema, un modo differente anche di ascoltare la musica e rivedere su schermo i propri idoli. In questo caso a garantire quantità e qualità, ma anche follie varie c’è Jeff Tremaine, regista cresciuto con la scuola di Jackass e le sue assurdità televisive.
Ma è stato lo stesso Tremaine a prendere le distanze da Bohemian Rhapsody e dal successo del biopic sui Queen: «Non sapevamo nemmeno che sarebbe uscito, abbiamo finito il montaggio proprio quando è arrivato in sala, quindi nessun accostamento. Comunque in The Dirt c’è molta più follia, garantito». Non esitiamo a credergli. Ma una cosa è certa: chiusi in una saletta di Los Angeles per l’anteprima, i Mötley Crüe sembra abbiano pianto guardando il film. Questo già la dice lunga su The Dirt.
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