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Una vita al massimo | Tony Scott, Quentin Tarantino e un flop divenuto un cult

Christian Slater, Patricia Arquette, Elvis, lo script e quel finale: alla scoperta di un grande film

Una vita al massimo
Patricia Arquette e Christian Slater sul set di Una vita al massimo. Era il 1993.

ROMA – Iniziamo dal titolo, perché già dai tempi della sua militanza cinefila da commesso di Video Archives negli anni Ottanta assieme a Roger Avary e Daniel Synder – quando tutti, a Manhattan Beach, conoscevano la sua passione per il cinema e i suoi sempre azzeccati consigli di visione – Quentin Tarantino la sapeva già lunghissima. Basti pensare alla ratio dietro il titolo originale di Una vita al massimo: True Romance, ovvero un titolo con cui rimandava ai vari True Life Secrets, True Stories of Romance, Romance Tales, Untamed Love, Strange Love e via discorrendo, fumetti romantici molto in voga tra gli anni Cinquanta e Sessanta. Da lì lo script attinse a piene mani per rielaborarne l’essenza in una narrazione un po’ Bonnie & Clyde, un po’ La rabbia giovane di Terrence Malick. Poi quella sceneggiatura divenne grande cinema grazie al tocco registico di Tony Scott, ma ci arriveremo.

Una vita al massimo
Il cinema nel cinema: Una vita al massimo uscì in America l’8 settembre 1993.

A quel tempo Tarantino si leccava ancora le ferite dell’insuccesso di Love Birds in Bondage. Si trattava di un cortometraggio su di una ragazza che, dopo aver subito un danno cerebrale a seguito di un incidente in auto, è costretta ad essere istituzionalizzata a causa del suo comportamento scomposto. Il suo fidanzato (lo stesso Tarantino), devoto e affranto, si fa anch’egli ricoverare così da poterle stare vicino. Il registro era una sorta di black comedy ma, proprio come Una vita al massimo – che per certi versi funge da progetto riparatore – al centro del racconto c’è una storia d’amore sui generis. Perché parliamo di insuccesso? Perché il regista e produttore del corto, tale Scott Magill, si suicidò nel pieno della post-produzione, nel 1987, non prima di aver distrutto tutti i negativi del girato. Nonostante l’esperienza, quell’idea però continuava a frullare in testa a QT.

«Vuoi portarmi a vedere un film di Kung Fu? Tre film di Kung Fu!».

Poi arrivò My Best Friend’s Birthday, il suo esordio semi-incompiuto, che però conteneva in sé le gemme artistiche e spirituali di Una vita al massimo. Non solo: il personaggio di Tarantino è (quasi) omonimo del Clarence Worley portato brillantemente in scena da Christian Slater, ruolo che lo stesso Tarantino non ha mai nascosto essere qualcosa di speciale: «La personificazione caratteriale di tutte le mie passioni». Harvey Weinstein chiese però alla August Entertainment di rimpiazzare Slater con Steve Buscemi perché a suo dire l’attore era troppo belloccio, ma l’intero primo atto fatto di corteggiamenti al ritmo della trilogia di Street Fighter di Sonny Chiba («Vuoi portarmi a vedere un film di Kung Fu?/Tre film di Kung Fu»), del mito di Elvis Presley, della buona torta dopo-cinema e di amore giovane-e-sincero – così come alcuni frammenti dialogici – furono riproposti nello script di Una vita al massimo.

Christian Slater e Patricia Arquette in una scena di Una vita al massimo
Christian Slater e Patricia Arquette

Parallelamente l’amico e collega Avery stava lavorando a un trattamento di circa cinquanta pagine dal titolo The Open Road: «Parlava di una strana relazione di coppia tra un uomo d’affari e un autostoppista fuori controllo che viaggiano insieme in una città infernale del Midwest». Poi però si ritrovò ad un punto morto nel processo creativo. Chiese consiglio a Tarantino che nel giro di qualche settimana gli consegnò oltre cinquecento pagine di trattamento scritte a mano che Avery non esitò a definire così: «La Bibbia della cultura pop». Al suo interno, oltre alla narrazione di Una vita al massimo, c’era anche l’intero mondo di Assassini Nati – Natural Born Killers e in modo semplicemente incredibile. Nello script originale infatti, datato 1988, Una vita al massimo era il film-nel-film di Assassini Nati, o in altri termini, il film sulle gesta degli assassini psicotici Mickey (Woody Harrelson) e Mallory (Juliette Lewis).

In Italia il film fu distribuito il 25 novembre 1993

Per via di una simile mole narrativa – concepita in forma a-lineare alla maniera di Pulp Fiction – non deve stupire più di tanto sapere che Tarantino e Avery avevano immaginato The Open Road in forma miniseriale, molto prima che si parlasse di serie. Ben presto però si resero conto che, in termini artistici – oltre che economici – scindere le storie di Una vita al massimo e Assassini Nati in due film separati e autonomi avrebbe fruttato molto di più. Niente male per quello che Tarantino dichiarò essere l’inizio: «Il primo script che abbia mai scritto. Avevo una storia da raccontare, non stavo solo cercando uno script per un film, mi ero innamorato dei suoi personaggi». Ancor prima del vero grande esordio de Le iene. Nei successivi cinque anni Tarantino fece alla maniera dei Coen con Sangue facile: andò a caccia di finanziamenti dappertutto, finì perfino tra medici e dentisti.

Gary Oldman in una scena di Una vita al massimo
Gary Oldman in un ruolo memorabile: quello di Drexl Spivey.

«Se mi avessi incontrato in quel periodo sappi solo che ti avrei venduto lo script a prezzo stracciato, solo per dimostrare a me stesso che ero uno scrittore». Dirà in un’intervista. Poi, arrivò la svolta con l’interessamento dei produttori Samuel Hadida della Davis-Films e Steve Perry della August Entertainment che acquistarono i diritti dell’opera per 33.000 dollari puntando sul regista di b-movies William Lustig per darvi forma. Di parere contrario Tarantino e Avary, specie dopo un draft che li vide costretti a compiere numerose modifiche. Non ritenevano adatto Lustig a compiere il grande salto nel cinema che conta. Infine arrivò l’uomo che cambiò il corso alla storia: Tony Scott che conobbe Tarantino a un party del co-produttore Bill Unger e a cui vennero sottoposti gli script de Le iene e Una vita al massimo.

Brad Pitt in una scena di Una vita al massimo
Brad Pitt nel ruolo di Floyd. Pitt era reduce da Thelma e Louise.

Ecco, fosse stato per quel Scott fresco de L’ultimo boyscout a firma Shane Black accolto in modo misto da critica e pubblico, li avrebbe diretti entrambi, ma Tarantino tenne per sé Le iene essendoci già interamente dentro con mente-e-cuore. Discorso diverso per Una vita al massimo dalla matrice fortemente autobiografica in cui riversò sogni e fantasie da giovane cinefilo e che vide, in ottica Scott, come la risposta filmica a Revenge – Vendetta dai toni similari. Con Scott al timone di comando qualcosa cambiò nell’inerzia di Una vita al massimo, a partire dalla struttura narrativa non più a-lineare, ma lineare e più canonica. Questo anche per facilitare l’immedesimazione del pubblico con gli adorabili Clarence e Alabama (una grande Patricia Arquette che superò in volata un’agguerrita Brooke Shields al casting), ma soprattutto il climax con quell’esplosivo stallo alla Messicana degno del cinema combattivo di John Woo.

Chris Penn e Tom Sizemore in una scena di Una vita al massimo
Chris Penn e Tom Sizemore: come coppia di sbirri avrebbero meritato un film tutto loro

Quella sequenza, che Tarantino – più che sulla scia de Il buono il brutto il cattivo (qui per il nostro WestCorn) – ispirò tra Master of the Flying Guillotine di Jimmy Wang Yu e A Better Tomorrow II dello stesso Woo, in origine avrebbe visto Una vita al massimo concludersi con la morte di Clarence e Alabama dedita al crimine per poi formare una coppia da sogno con Mr. White ne Le iene (citata da Tarantino in un flashback). Già, perché già agli esordi Tarantino ragionava nell’ottica della creazione di una proprio universo narrativo che avrebbe visto qui il suo albore mitologico. C’era un problema però, a Scott non piaceva affatto l’idea di un finale triste per Clarence e Alabama e per un motivo ben preciso: «Mi ero affezionato a questi due personaggi. Così, molto semplicemente, non volevo vederli morire…».

«Amo Clarence e Alabama e voglio vederli scappare felici»

Ne venne fuori un acceso confronto di idee, Tarantino fece presente a Scott tutte le sue perplessità alla sua maniera: «Non cambiare il finale Tony! Sei l’uomo che ha fatto Revenge e Revenge funziona perché lei muore alla fine del film. Quello è ciò che lo rende così romantico», a cui replicò pacatamente Scott: «Quentin, non lo sto facendo per ragioni commerciali e renderlo un film hollywoodiano, non voglio trasformarlo in qualcosa che non è, voglio farlo perché amo Clarence e Alabama e voglio vederli scappare felici». Ebbe ragione, specie perché l’happy ending contribuì a spezzare la tensione narrativa che a quel punto di Una vita al massimo raggiunge il suo apogeo, riportandoci alle atmosfere leggere e delicate del primo atto sottolineate da You’re So Cool di Hans Zimmer che nell’economia del racconto è sempre sinonimo di spensieratezza, felicità e amore per i nostri Clarence e Alabama.

Val Kilmer in una scena di Una vita al massimo
Val Kilmer è il fantasma di Elvis, mentore di Clarence (oltre che omaggio a Top Secret!)

Dalla sua Tarantino attribuì a Scott il merito di aver fatto ciò che ogni regista degno di questo nome dovrebbe fare nell’adattamento. Farlo suo, plasmarlo, renderlo vivente e parte di una propria visione: «Se avessi fatto io Una vita al massimo state certi che Clarence sarebbe morto. Sarebbe stato il mio script ma sarebbe stato diverso e nella mia penso che avrebbe funzionato, ma nella sua no, nella sua penso che avesse ragione», specie perché il film di Scott funziona molto più con Clarence vivo nel suo essere una sorta di fiaba d’amore. Una fiaba per adulti però che, accanto alle geometrie registiche su immagine patinata e sgranata, colorata di colpi di pistola fragorosi e sanguinosi tipicamente Scott, vede il meglio dell’acume artistico Tarantino tra dialoghi accattivanti, acutamente cinefili e dolcemente romantici, oltre che caratterizzazioni compiute e incisive.

James Gandolfini in una scena di Una vita al massimo
Il cameo di James Gandolfini già in modalità Tony Soprano.

Una commistione di visioni che finisce con il rendere Una vita al massimo un gioiello di puro cinema, oggi più di ieri, trent’anni dopo (al box-office pareggiò a malapena il budget da 12 milioni e mezzo di dollari), arricchita da una grande colonna sonora (da Chris Isaak ai Soundgarden) e da un cast da sogno che, accanto ai magnetici Slater e Arquette, vede in ruoli più o meno minori, fenomeni come Samuel L. Jackson, Brad Pitt, Val Kilmer, James Gandolfini, Christopher Walken, Dennis Hopper, Gary Oldman, Michael Rapaport, Tom Sizemore e Chris Penn come coppia di sbirri che avrebbe meritato uno spin-off buddy tutto suo. E c’è anche un inedito Saul Rubinek su cui è necessario spendere qualche parola in più, perché la caratterizzazione del suo Lee Donowitz fu marcata da Scott sull’executive Joel Silver con cui ebbe modo di collaborare per L’ultimo boyscout, esperienza da lui definita: «Una delle tre peggiori della mia vita».

Saul Rubinek in una scena di Una vita al massimo
Saul Rubinek e il suo Lee Donowitz, caratterizzato da Scott ispirandosi a Joel Silver

Al pari di Giorni di tuono e Beverly Hills Cop II – Un piedipiatti a Beverly Hills II – e lì fu il titanico Jerry Bruckheimer a rendere l’esperienza dimenticabile – quella de L’ultimo boyscout fu infuocata, il film ve l’avevamo raccontato qui – oltre che dai continui contrasti tra Damon Wayans e Bruce Willis – da un Silver dispotico e dittatoriale che tra scene tagliate all’ultimo minuto e altre fatte girare sotto minaccia di licenziamento, fece di tutto per farsi detestare da Scott. In tutta risposta, nemmeno due anni dopo, ecco Una vita al massimo e quella che Scott definì poi, non a caso, così: «Un’affettuosa satira di Hollywood e dei suoi personaggi». Fatta di cocaina, avidità e Dottor Zivago e firmata da Tarantino e dal suo folle genio cinefilo. Un grande film da riscoprire, ma che incredibilmente non troverete in streaming…

  • STORIE | Le iene, alle origini del mito di Quentin Tarantino
  • LONGFORM | Kill Bill, Tarantino, Thurman e l’epica-pop
  • OPINIONI | L’ultimo boyscout, Scott, Willis e un cult assoluto

Qui sotto potete vedere il trailer del film: 

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