ROMA – Sei pazienti affetti da disturbo ossessivo compulsivo ricevono per errore appuntamento alla stessa ora nello studio del luminare dottor Stern, ritrovandosi così a condividere la stessa stanza in attesa del suo arrivo da un convegno a Berlino. Man mano che ciascuno di loro fa ingresso nello studio, i disturbi iniziano a delinearsi e i sintomi appaiono evidenti. Costretti a fare gruppo, i pazienti cercheranno di confrontarsi con i propri traumi personali dando vita ad una esilarante terapia di gruppo autogestita. Con Claudio Bisio, Margherita Buy, Claudio Santamaria, Valentina Lodovini, Ludovica Francesconi, Lucia Mascino e Leo Gassmann ecco Una terapia di gruppo di Paolo Costella, al cinema dal 21 novembre con Warner Bros. Pictures.

Prima di tutto, si tratta di un remake, o per meglio dire, un nuovo rifacimento di Toc Toc, pièce teatrale di Laurent Baffie che ha già vissuto al cinema, nel 2017, per la regia di Vicente Villanueva. Sette anni e qualche licenza artistica con cui camminare sulle proprie gambe pur discostandosi dal materiale originale dopo, ecco Una terapia di gruppo e il suo nuovo sgangherato gruppo di pazienti. Ognuno con un proprio disturbo, ognuno con una sua fragilità, ognuno con un trauma profondamente radicato in un episodio che ne ha segnato il percorso. Perché, ed è questa (forse) la prima cosa che impariamo dalla visione della brillante commedia di Costella, c’è sempre un prima e un dopo.

C’è un momento in cui si è sani e integri (e spesso non ci accorgiamo nemmeno di esserlo), e poi un altro dove un episodio solo apparentemente impercettibile – una svista, un inciampo, una piccola mania fino a quel punto tenuta a bada, un incontro con una persona (giusta o sbagliata che sia) – ci cambia la vita scombinando l’equilibrio: in men che non si dica il fiocco di neve diventa valanga. Ma c’è anche una cura, un modo per elaborare il trauma. Accettarlo, conviverci, dargli dei limiti, imporsi su di lui dandoci il tempo di respirare, per poi andare oltre e riallineare serenamente il proprio Io. È questo ciò che provano a fare i protagonisti di Una terapia di gruppo.

L’impianto narrativo è squisitamente teatrale tanto da – eccetto che per alcune digressioni temporali e gli eventi del climax – rispettare alla lettera le unità aristoteliche: un tempo, un luogo, un’azione. Il corpus del racconto sta tutto lì, però, nella sala d’aspetto dello studio del dottor Stern, il cui sviluppo armonico finisce con il rendere arena di amicizie, amori, cambiamenti e di vite che si incrociano fino ad allinearsi riprendendo il proprio cammino accidentato. Un kammerspiel spirituale, Una terapia di gruppo, un film da camera, che cresce in modo spedito e deciso sapendo bene quando far ridere e quando far riflettere lo spettatore. Merito anche di un cast di veri talenti, a partire da Bisio, mattatore assoluto di pura verve comica.

Buy, Lodovini (sensazionale la sua Bianca!), Mascino e Santamaria li conosciamo bene e del film sono la forza trainante, ma c’è davvero tanta purezza e bellezza nelle prove attoriali di Gassmann (al suo secondo film dopo Califano nda) e Francesconi (che conosciamo bene dal franchise Sul più bello) a cui Costella riserva i momenti più intimi e fragili di una narrazione dove ogni personaggio è come sdoppiato caratterialmente e lasciato vivere in un unico corpo. Un film piccolo, Una terapia di gruppo, nei mezzi e nella struttura, ma grande nella portata, perché capace di parlare di traumi, psicanalisi e del valore della cura in modo diretto e semplice e che ci ricorda una lezione importante: La vita è per il 10% ciò che ti accade, il 90% è come reagisci…
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