MILANO – Perché Twilight ha sbancato i botteghini? Perché fu un fenomeno assoluto in quell’autunno del 2008? Perché nessuno voleva altro? Probabilmente perché, in anni precari e strani, in cui tutti sembravano avere ogni cosa ma continuavano a desiderare tutto, in cui ciascuno scopriva di avere abbastanza per vivere ma non un senso ultimo per cui morire, la saga riuscì a fare leva sulla potenza totalizzante del primo amore, quello che pare non finire mai, quello capace di oscurare qualsiasi cosa, ben sintetizzato da una delle molte frasi del film: «Quando vivi per sempre per cosa vivi davvero?». Per Bella la risposta era Edward, ma da quel preciso momento ognuno ha cercato la sua. Ma c’è altro.

Quando, alla fine del primo Twilight, cominciavano a scorrere i titoli di coda e le luci in sala si accendevano, la gente iniziava a uscire dal cinema mentre nelle orecchie rimbombavano ancora le parole di Edward e Bella, quasi in loop: «Preparati al crepuscolo della tua vita appena iniziata. Preparati a rinunciare tutto». «Non è la fine, è l’inizio. È la luce dell’alba». E sarà così anche per la saga, da quel momento destinata a un’ascesa e poi a una fine che alla fine del viaggio ha lasciato a milioni di spettatori due star assolute, Robert Pattinson e Kristen Stewart, ma un’eredità misera, addirittura non più raccolta, se non in parte da teen movie molto diversi come Io prima di te o After, per esempio.

Ma qui la domanda è un’altra: dodici anni dopo cosa rimane di Twilight? Facciamo un passo indietro. Settembre 2008, circa sessanta giorni prima dell’uscita del film: chi c’era ricorda bene i forum dei fan della saga di Stephenie Meyer che iniziavano a riempirsi di commenti sugli attori scelti per interpretare Edward e Bella. Gli aggettivi più gentili nei confronti di Pattinson furono «inadatto», «scialbo» e «ridicolo». «Sì, e fu più o meno quello il momento in cui smisi di leggerli. Mi influenzavano troppo», ci disse lui un anno dopo, durante un incontro a Montepulciano, spedito nell’Olimpo dei divi di Hollywood dall’inarrestabile onda della Pattinsonmania. «Il fine settimana in cui uscii Twilight ero sconvolto, guardavo i numeri e non capivo», ci disse Pattinson, voce bassa, portamento elegante e sguardo profondo.

Adesso che aspettiamo Tenet – che uscirà in sala il 26 agosto con addosso la responsabilità di risanare il cinema del post Covid-19 – sembra evidente che con la consacrazione sul set di Nolan è Pattinson ciò che davvero è rimasto di Twilight, più ancora della Stewart, persa tra Francia, Interpol (nel senso del video di If You Really Love Nothing) e scelte controcorrente. Oggi il corrispettivo del vampiro del XXI secolo, emaciato, romantico e bellissimo, non c’è più, al suo posto ecco un uomo di 34 anni che sceglie i film con grande attenzione (rivedetevi in streaming The Lighthouse per capire), si fa fotografare con Suki Waterhouse, ma ha anteposto l’arte alla mondanità, l’essenza allo stile, il contenuto al contenitore. Non era facile, tanti si sono persi (senza andare lontano, Taylor Lautner), lui no.
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