La luce del Mediterraneo, il profilo antico del Teatro Greco e il cinema che torna a essere rito collettivo. In questo scenario che è sogno, mito e (inevitabilmente) modernità, si prepara a prendere vita la 71ª edizione del Taormina Film Festival, tra i più longevi e affascinanti festival italiani. A guidarlo ritorna, dopo otto anni, Tiziana Rocca, produttrice, organizzatrice, mente creativa capace di trasformare ogni evento in un punto d’incontro tra glamour internazionale e riflessione culturale profonda. Tra le sfide che un festival può dare e portare, l’importanza dei giovani e delle donne, Tiziana Rocca si è raccontata ai microfoni di Hot Corn.
Una sfida al femminile
«Tornare a Taormina dopo così tanto tempo è stato un gesto di coraggio, ma anche di amore», racconta. «Chi mi conosce lo sa: ho sempre affrontato la vita come una serie di sfide. E se non c’è una sfida vera, qualcosa che mi metta alla prova sul serio, non riesco a dare il meglio». E quella del Taormina Film Festival 2025 è una sfida con radici profonde, non solo per la longevità della manifestazione – 71 edizioni, seconda solo a Venezia – ma per il senso che porta con sé. Questa edizione è infatti dedicata alle donne. Donne 71 non è uno slogan, ma un manifesto visivo, culturale e simbolico. «Abbiamo voluto celebrare tutte le donne che hanno attraversato, sostenuto e animato il festival, sia sul palco che dietro le quinte. Dai volti iconici come Audrey Hepburn, immortalata nelle immagini d’archivio, fino alle registe, sceneggiatrici, produttrici che con doppia fatica portano avanti il proprio lavoro e la propria vita. Essere donna, spesso, significa fare il doppio, dare il doppio. E questo festival vuole riconoscerlo e raccontarlo».
Un festival che abbraccia tutti
Una cifra che definisce il lavoro di Rocca è senz’altro l’inclusività. «Non ho mai voluto fare un festival elitario. Amo pensare che il cinema possa toccare tutti, che una sala piena di emozioni sia il vero successo». In questo, Taormina le offre il contesto ideale: un teatro antico che è piazza e tempio insieme, dove possono convivere i classici del cinema, il grande autore e il racconto popolare. «Proietteremo Taxi Driver di Scorsese restaurato in 4K, ma anche Cinderella in 4D, un gioiello Disney che sarà visibile solo in sala. E poi horror, commedie, storie per ragazzi. Per me la cultura è anche leggerezza. Il glamour, l’incontro col personaggio famoso, la possibilità di stupirsi: anche queste sono esperienze culturali, e oggi forse servono più che mai».
I giovani, la passione e la formazione
Uno dei tasselli a cui tiene di più è il ritorno del campus giovani, che negli anni passati era stato trascurato. «Abbiamo coinvolto l’università siciliana, che ha addirittura spostato la sessione d’esami per permettere agli studenti di essere qui, di far parte della giuria, di vivere il festival da dentro. Questa è formazione vera». E poi l’appello ai ragazzi: «Non aspettate che qualcuno vi venga a cercare. Non vi piangete addosso. Se avete una passione, coltivatela con impegno e serietà. La professionalità, anche se all’inizio non viene premiata, alla lunga paga sempre. È l’unico riconoscimento che non si può ignorare».
Un festival che è anche territorio
Taormina non è solo lo sfondo del festival, è la sua anima. Per Rocca, il lavoro di coinvolgimento del territorio è imprescindibile. «Ho sempre cercato un dialogo con le realtà locali: gli hotel, i ristoranti, le istituzioni, i cittadini. Il festival deve essere sentito come una festa collettiva, non un evento calato dall’alto. Ogni esperienza che vivono gli ospiti è fatta anche delle persone che li accolgono». E anche le difficoltà — come l’organizzazione logistica in una Taormina già piena di turisti a giugno — diventano occasione di relazione. «Quando mi hanno richiamata a marzo, trovare le camere era già difficile. Ma sono tornata, ho parlato con tutti, ho chiesto fiducia. E l’ho trovata. Perché qui ho lasciato un buon ricordo, e la gente me lo restituisce».
Tante anime, un solo festival
L’identità del Taormina Film Festival, nella visione di Rocca, non è monolitica. Anzi, è proprio nella sua capacità di contenere molte anime che sta la sua forza. «Io non faccio gerarchie tra chi fa un film comico e chi firma un film d’autore. Ho visto attori italiani emozionarsi perché li trattavo come star internazionali. E per me è naturale: ognuno ha un valore, ognuno parla a un pubblico. Non c’è cultura alta o bassa: c’è cultura che tocca, che arriva, che resta». E conclude: «Un festival deve essere accogliente, non esclusivo. Deve dare spazio al pensiero, ma anche alla meraviglia. Perché il cinema è questo: un modo di stare al mondo. Insieme».
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