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Thanksgiving | Eli Roth, il Giorno del Ringraziamento e quel vecchio trailer…

Ricordate il cortometraggio del 2005 contenuto in Grindhouse? Ecco, adesso è diventato un film…

Thanksgiving
Il serial killer John Carver, pronto a uccidere nel Giorno del Ringraziamento....

ROMA – Prima di arrivare a Thanksgiving, ottavo film di Eli Roth, occorre tornare indietro nel tempo, alla fine del 2005. Quell’anno infatti, due registi celebrati come nuovi autori di culto e legati da una profonda amicizia uniscono le forze, dando vita ad una folle, quanto personale operazione nostalgia. Il desiderio dei due? Riproporre la modalità del double feature – due film proiettati di seguito, al prezzo di uno – pratica estremamente frequente negli Stati Uniti degli anni Settanta, tra cinema di provincia e drive-in. Rifacendosi dunque agli standard dei film slasher – e non solo – d’exploitation, sexploitation e blaxploitation, ad alto tasso di sesso e violenza, Quentin Tarantino e Robert Rodriguez, presentarono Grindhouse, coinvolgendo autori estremamente differenti tra loro come Edgar Wright, Rob Zombie, Eli Roth e Jason Eisener, incaricati di dirigere quattro cortometraggi, capaci di riproporre l’anima più pura e vintage dei trailer proiettati nelle grindhouse.

Thanksgiving
Lo sceriffo Patrick Dempsey e Gina Gershon in Thanksgiving.

Ecco, lì nasce Thanksgiving di Eli Roth, in cui si torna a Plymouth, Massachusetts, cittadina in cui Roth e Jeff Rendell, sceneggiatore del fake trailer e di questa estensione, hanno mostrato per la prima volta le gesta di uno psicopatico mascherato, che nel giorno del Ringraziamento, uccide indiscriminatamente ragazzi e ragazze, tra decapitazioni, necrofilia e body horror. Molto è cambiato da allora, a partire da un modernismo, che se stilisticamente si allontana dall’effetto granuloso della pellicola 35mm protagonista del fake trailer, narrativamente non smette di guardare agli stilemi di un certo cinema slasher di John Carpenter, Charles E. Sellier Jr e Wes Craven, rileggendone le dinamiche in relazione ad una crudeltà non più individuale, quanto collettiva, che mette a confronto la spietatezza di un singolo, con l’infantile (e forse per questo ancor più spaventosa) follia della folla, o meglio, della società. Ciò che più sorprende di Thanksgiving è il racconto di un prima e un dopo, che sceglie fin da subito di presentare il suo villain molto più tardi rispetto alle attese del pubblico.

Thanksgiving
Un tipo non proprio raccomandabile: John Carver.

Immaginando di vederlo in azione fin dalle primissime sequenze, lo spettatore non può che restare destabilizzato nel momento in cui Roth e Rendell, consegnando il culmine della violenza, generalmente destinata al primo assassinio nel cinema slasher classico, ad una vera e propria strage, inconsapevolmente – o quasi – compiuta da una folla, all’interno di un supermercato nella notte del Black Friday, cambiano il passo, aggiornando quella narrativa all’oggi, facendo apparire così il male, come qualcosa di estremamente perverso, eppure ordinario e non più nelle mani di un qualsiasi psicopatico mascherato, destinato comunque a comparire in seguito. Infatti, del villain di Thanksgiving, non è tanto la maschera – un pellegrino chiamato John Carver – a risultare temibile o memorabile, piuttosto la creatività dell’assassinio e la silenziosa ed efferata violenza, che ad un anno dalla strage decide di sfogare su alcuni individui scelti, vittime di  cruente decapitazioni, mutilazioni e pratiche sadiche che passano per spiedini di pannocchia di mais utilizzati come pugnali nelle orecchie e letali tappeti elastici, sul cui fondo si nascondono lame affilate.

Thanksgiving
Un altro momento di Thanksgiving.

Il fil rouge di tutta la faccenda resta la strage nel supermercato e con quella anche una dimensione virtuale che – celata tra hard disk e social media – rischia di divenire una vera e propria trappola, tra Instagram e videochiamate sulle piattaforme più disparate. Dopo il geniale Talk To Me dei fratelli Philippou (che vi avevamo raccontato qui) ecco dunque un altro film, capace di riflettere sull’efficacia narrativa, in chiave horror dei nuovi linguaggi social, che vorrebbero essere spensierati e privi di conseguenze e che appaiono qui mortiferi, spietati e spaventosi. Tra derisione e lucida fotografia di una società sempre più cieca di fronte al pericolo, o ancor peggio, alla morte, interessata esclusivamente all’acquisto sfrenato e alla resa virale di ogni gesta, Roth ritrova l’anima del suo cinema nel progetto probabilmente più personale e divertito, che tra umorismo sfrenato e gusto per i linguaggi dello splatter e dello slasher più cruento e sanguinoso, non può che risultare fin da subito un vero e proprio instant cult.

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  • VIDEO | Qui il trailer di Thanksgiving:

 

 

 

 

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