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L’incredibile viaggio di Taylor Sheridan. Ritratto dell’ultimo cowboy di Hollywood

Da Sicario a 1923 passando per I segreti di Wind River e Yellowstone: perché è un grande autore

Taylor Sheridan
Taylor Sheridan, l'ultimo cowboy di Hollywood.

ROMA – Alla categoria artisti di successo da tenere sotto la lente di ingrandimento appartiene sicuramente lui, Taylor Sheridan, uno di quelli che ha saputo aspettare (tanto) e fare il grande salto – più un triplo salto carpiato con doppio avvitamento date le circostanze – da apprezzato caratterista a formidabile sceneggiatore di instant cult come Sicario, Hell or High Water, I segreti di Wind River – oggi noti anche come la Trilogia della Moderna Frontiera Americana – oltre che le recenti Mayor of Kingstown e Tulsa King in formato seriale e dai riecheggi neo-western. Un titolo però, soprattutto, ovvero Yellowstone – la serie via cavo più vista al mondo – di cui è creatore e showrunner con le sue ramificazioni tra passato (1883, il recente 1923, 1883: Bass Reeves) e presente prossimo (6666), probabilmente la miglior manifestazione western su piccolo e grande schermo.

Taylor Sheridan è Travis Wheatley in una scena di Yellowstone
Taylor Sheridan è Travis Wheatley in Yellowstone

Tutti sussulti creativi che stanno facendo le fortune in streaming della neonata Paramount+, oltre che della ViacomCBS con cui Sheridan ha stretto un sodalizio che ne sta plasmando l’effige di nuovo Robert Evans, ovvero, di quel executive la cui accecante lungimiranza fece le fortune della Paramount Pictures tra il 1968 di Rosemary’s Baby e il 1979 de L’ultimo gioco passando per un decennio fatto di opere come Il Grinta, Love Story, Harold e Maude, Il Padrino parte I e II, Chinatown, Il maratoneta e Black Sunday. Oggi ecco invece Sheridan e la sua visione western tra passato e presente, tradizione e innovazione, espressa attraverso una penna veloce che, sulla (dichiarata) scia di scrittori come Cormac McCarthy e Larry McMurtry, dipinge storie semplici mosse da personaggi dalle caratterizzazioni dense e profonde, autentiche e vivide.

Il primo ruolo importante di Sheridan: Danny Boyd in Veronica Mars

Che poi è davvero una storia unica quella di Sheridan: nato il 21 maggio 1970 a Chapel Hill, in North Carolina, cresciuto a Fort Worth, in Texas, ad un tiro di schioppo da Dallas, figlio di un cardiologo e di una cowboy nello spirito. Perché sua madre, originaria di Waco, amava visitare il ranch dei nonni e amava talmente quell’esperienza, quel sentirsi viva e parte di quel mondo fatto di mandrie, cinturoni e pistole, che quando Sheridan aveva appena otto anni insistette per acquistare una fattoria a Cranfills Gap in modo che i figli imparassero in prima persona l’essere cowboy: «Quel pacifico senso di libertà nella natura». Sheridan così è stato cresciuto come un cowboy, ha vissuto come cowboy dall’anima texana e in fondo è proprio di se stesso e del suo retaggio familiare che racconta nelle dinamiche-da-ranch di Yellowstone.

Yellowstone, consacrazione e nuovo inizio del Taylor Sheridan sceneggiatore
Kevin Costner in Yellowstone, consacrazione del Taylor Sheridan sceneggiatore

L’esordio sul piccolo schermo era però arrivato come attore molti anni fa, con partecipazioni da caratterista tra Walker Texas Ranger e La signora del West, ma anche Cinque in famiglia, V.I.P. – Vallery Irons Protection, The Guardian e N.Y.P.D. La svolta arrivò con Veronica Mars e il personaggio di Danny Boyd per poi consacrarsi con quel gioiello seriale di Sons of Anarchy nei panni dello sceriffo David Hale. Tutto questo nei suoi primi quarant’anni di vita, la sua prima vita. Perché poi, nel 2010, dopo quindici anni di serialità vissuta da attore e costretta a dialoghi fiacchi dal ritmo scialbo, pieni di spiegoni ed esplicitazioni (non a caso nulla che gli appartenga come sceneggiatore), Sheridan raccolse intuizioni e idee e nel giro di due anni buttò giù gli script di Sicario e Comancheria.

Ma soprattutto Taylor Sheridan è stato lo Sceriffo David Hale di Sons of Anarchy
Sheridan nel ruolo dello sceriffo David Hale in Sons of Anarchy

E se Comancheria, venduto nel 2012 ma finito in development-hell per poi diventare ospite indesiderato della blacklist, avrà bisogno di quattro anni prima di vedere la luce come Hell or High Water per la regia di David Mackenzie con protagonisti Chris Pine, Ben Foster, Jeff Bridges – quattro nomination agli Oscar, un neo-western di stampo sociale, disperatissimo e dal ritmo lento come una ballad – per Sicario il discorso è invece ben diverso e più fortunato. La terza regia hollywoodiana di Denis Villeneuve divenne infatti un crime dai riecheggi western costruito da Sheridan in modo unico: «Come una struttura a cinque atti con ogni atto composto da cinque atti al suo interno». Al centro del racconto, un’agente scenico competente e qualificato ma dall’inerzia filmica passiva e trascinata.

Il cameo di Taylor Sheridan in Hell or High Water

Lo sfondo è la guerra alla droga al confine tra Stati Uniti e Messico fatta di coni d’ombra cognitivi e dalle decisioni doppiogiochiste dei presunti alleati governativi. I volti di Emily Blunt, Josh Brolin e Benicio del Toro – gli ultimi due di ritorno in Soldado, sequel più canonico nella struttura ma altrettanto incisivo nel ritmo e nel sapore Western a firma Stefano Sollima – e le tre nomination agli Oscar nel 2016 fecero il resto. Per Sheridan si potrebbe già parlare di consacrazione dopo una simile doppietta filmica – e ancor prima di Yellowstone – non prima però de I segreti di Wind River, il suo vero esordio alla regia (che noi di Hot Corn avevamo amato, trovate la nostra opinione qui) dopo Vile del 2011 da cui ha sempre preso le distanze perché arrivato per puro caso.

Taylor Sheridan è Charles Goodwin in una scena di 1883
Sheridan nel ruolo di Charles Goodwin in 1883, primo prequel di Yellowstone

Un’esperienza dimenticabile ricordata con toni aspri: «Un mio amico ha raccolto 20.000 dollari, ha chiamato i suoi amici e ha scritto un brutto horror che gli ho detto di non dirigere. L’ha fatto comunque e dopo averlo iniziato è andato fuori di testa. Mi ha chiamato e chiesto se potessi aiutarlo, ed eccoci qua. Penso sia generoso definirmi il regista». Lo stesso non può dirsi per I segreti di Wind River, ennesimo crime a tinte western a firma Sheridan, arricchito – oltre che dalle atmosfere candide del Wyoming innevato – dalla coppia Jeremy Renner & Elizabeth Olsen fresca dell’alchimia scaturita da Avengers: Age of Ultron. Agli Oscar verrà malamente snobbato, ma è a Cannes che Sheridan farà furore finendo con l’essere addirittura insignito a Un Certain Regard di un premio per la miglior regia.

Jeremy Renner ne I segreti di Wind River, il debutto dietro la cinepresa di Sheridan.

Certo, anche un paio di buchi nell’acqua in carriera tra il fiacco Senza rimorso – ancora in coppia con Sollima alla regia, con protagonista Michael B. Jordan – e la seconda regia dimenticata e dimenticabile de Quelli che mi vogliono morto del 2021 con protagonisti Angelina Jolie e Jon Bernthal, ma importa davvero poco a questo punto. La verità? Taylor Sheridan sta davvero costruendo qualcosa di unico attraverso la sua scrittura, mondi immersivi a cavallo tra passato nostalgico e presente problematico, il cinema e la serialità di cui godere oggi e studiare domani, destinati per sempre all’immortalità artistica. Segnatevi il suo nome.

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Qui sotto potete vedere un featurette targata Yellowstone: 

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