in

Tulsa King | Sylvester Stallone versione gangster? È pura dinamite

Taylor Sheridan e Terence Winter firmano un crime attraversato da una vena ironica. Su Paramount+

tulsa king
Sylvester Stallone è Dwight “Il Generale” Manfredi in Tulsa King

ROMA – «Ma cosa cazzo sta succedendo al mondo?». Ha ragione da vendere il protagonista di Tulsa King, Dwight “Il Generale” Manfredi (un Sylvester Stallone in forma smagliante). Rinchiuso per venticinque anni in una prigione federale, una volta uscito si è ritrovato catapultato in un mondo dove il contante non viene quasi più accettato, la questione dei pronomi sembra essere sfuggita di mano e la marijuana è stata legalizzata. E voi capirete bene che per un gangster una cosa del genere è inconcepibile! Affiliato ad una famiglia mafiosa newyorchese, Dwight ha tenuto la bocca chiusa per loro ed ora, finalmente libero, si aspetta una ricompensa per il suo silenzio. Ma il mondo è cambiato e al comando ci sono “ragazzini”. Non c’è più posto per lui all’ombra dei grattacieli. Una pacca sulla spalla e un biglietto aereo sono tutto quello che ottiene. Destinazione Tulsa, Oklaoma, per dare vita a nuove operazioni criminali.

Tulsa King
Sylvester Stallone in una scena di Tulsa King

Creata da Taylor Sheridan (sceneggiatore, tra i tanti titoli, di Sicario e Yellowstone) e con Terence Winter (I Soprano) nel ruolo di showrunner, Tulsa King è una vera sorpresa. Una serie originale Paramount+ in cui il crime drama è attraversato da una vena ironica davvero riuscita. Certo, la serie è ricchissima di elementi legati al mondo criminale messi in scena in modo sistematico tra cinema e piccolo schermo, ma c’è un “ma” bello grosso che risponde al nome di Sylvester Stallone. L’attore che, dopo il provino andato male per Il Padrino, esordisce con un primo vero ruolo da protagonista in una serie TV nei panni di un boss mafioso, è pura dinamite.

Un’immagine della serie

Presente in quasi tutte le scene, Stallone, a settantasei anni, continua a dimostrarsi un gigante capace di mangiarsi lo schermo. Basta un movimento del corpo, uno sguardo o una battuta detta con un certo tono e vi ritroverete a ridere di gusto guardando il suo Dwight farsi largo, a suon di pugni e dollari, in un mondo lontanissimo dal suo. E proprio questa dicotomia tra New York e Tulsa, presente già nella bellissima sigla, è un altro dei punti a favore della serie che fotografa un’America fatta di polvere e motel, costolette e stivali da cowboy.

Tulsa King
Una scena di Tulsa King

Altro elemento interessante (e comico) è la scelta di accerchiare Dwight di personaggi lontanissimi dai tipici membri di una famiglia mafiosa. Su tutti il suo autista Tyson (Jay Will) e Bodhi (Martin Starr), involontario nuovo socio in affari. Tulsa King mostra l’insinuarsi della corruzione in una cittadina apparentemente onesta. Lo fa con un personaggio “old school” per il quale finiamo per fare il tifo. Consapevoli, però, della distinzione tra realtà e finzione. La serie, infatti, da una parte della critica è stata accusata di esaltare la figura di un criminale. Si torna così alla solita questione della rappresentazione su grande e piccolo schermo. Ma bisognerebbe avere più fiducia nel pubblico e ricordarsi che i modelli comportamentali andrebbero cercati ed edificati altrove.

La video intervista a Sylvester Stallone è a cura di Manuela Santacatterina:

Lascia un Commento

VIDEO | Greta Scarano, Luca Argentero e Valentina Lodovini raccontano I Migliori Giorni

Close

Close | L’amicizia secondo Lukas Dhont per un film assolutamente da non perdere