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Stefano Sollima: «Il set di Adagio, il mio ritorno a Roma e il mondo di Hollywood»

Il set, la città, il ritorno dagli Stati Uniti: il regista parla del suo film in concorso a Venezia

Stefano Sollima al photocall di Venezia. Foto Giorgio Zucchiatti

VENEZIA – La chiusura di un cerchio, un ciclo che è stato inaugurato con ACAB nel 2012 ed è proseguito con Suburra tre anni dopo: questo è Adagio, ultimo film di Stefano Sollima che – dopo il passaggio alla Mostra – vedremo in sala il 14 dicembre. Dopo l’esperienza a Hollywood il regista torna così a girare a Roma, a girare – specifica lui – perché in realtà Roma non l’ha mai lasciata. Nel cast ritrova alcuni dei suoi fidati compari di set, da Pierfrancesco Favino a Valerio Mastandrea passando per Adriano Giannini, ma stavolta aggiunge al cast anche Toni Servillo. Protagonista del film è però il giovane debuttante Gianmarco Franchini, è lui al centro della storia, un ragazzo che – quasi per caso – si ritrova circondato da vecchi lupi della Roma criminale.

Adagio
La banda al completo: il cast di Adagio alla Mostra.

«Ho sempre avuto questa tendenza naturale nel racconto, parlare di esseri umani che non sono mai solo bene o male, ma sono pieni di sfumature» – afferma Sollima – «è naturale per me non giudicare mai i personaggi, li amo indipendentemente da quello che sono». In questo ultimo capitolo della Roma criminale, il regista ha voluto rappresentare una città cinematograficamente meno frequentata, quella lontana dai monumenti e dai quartieri rinomati, quella delle strade, dei vicoli e del tessuto urbano in cui la gente si muove. Un racconto crepuscolare in una Roma quasi distopica con incendi e blackout che hanno una precisa funzione drammaturgica.

Adagio
Valerio Mastandrea, Toni Servillo e Pierfrancesco Favino al photocall.

«Adagio è come un gangster noir che in realtà è anche sentimentale e intimo. È la mia versione di un film intimista», continua il regista. Difatti, anche se lo sfondo è una situazione criminale, al centro ci sono i rapporti umani, il rapporto padre-figlio su tutti. «Abbiamo provato a declinare nella scrittura tutte le forme possibili di amore paterno e filiale», afferma Sollima, che ha firmato la sceneggiatura insieme a Stefano Bises. A chi gli domanda degli anni trascorsi all’estero e della differenza tra America e Italia, il regista romano risponde che si tratta di necessità differenti. Lì i film nascono con una necessità industriale o economica, se partono da una esigenza di altro tipo rischiano di faticare a adattarsi a quella dei soldi. «A Hollywood si fanno film che si rivolgono a platee gigantesche per questo spesso si semplifica il racconto per renderlo più fruibile, c’è quindi la tendenza a rendere alcuni passaggi meno sofisticati».

Adagio
Un momento della conferenza stampa di Adagio.

Pierfrancesco Favino ha definito questo film un punto di arrivo importante per Solliima: «E sono molto contento di aver avuto l’opportunità di fare questo percorso con lui […] nei film di Stefano non c’è Dio o redenzione, per questo lui è un regista unico nel panorama. L’idea che non sempre le colpe dei padri ricadano sui figli è stata la tematica che più ho apprezzato del film». E se Adagio segna senza dubbio la fine di un’era, non sarà la fine del racconto della città eterna da parte di Sollima: «No, spero di poter riuscire a raccontare ancora Roma, fino al mio ultimo film». Dopo il passaggio in concorso alla Mostra, il film arriverà nelle sale il 14 dicembre.

  • PREVIEW | Adagio: l’ultimo atto di Roma criminale
  • VIDEO | Qui una clip di Adagio:

 

 

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