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Tutti pazzi per Mary | Scorretto, trash e irresistibile: cosa rimane oggi di quel film?

Fastidioso, ironico, disturbante e folle: rivedere il film dei fratelli Farrelly a venticinque anni dall’uscita

Oh, Mary! Cameron Diaz in una scena di Tutti pazzi per Mary.

MILANO – «Mary è la donna perfetta. Esce e scherza con i maschi, le piace farsi qualche birra, è intelligente, le piacciono gli sport e non è per niente perbenista. Una specie di Grace Kelly, ma con le bollicine». Così i fratelli Bobby e Peter Farrelly presentarono la protagonista del loro terzo film, Tutti pazzi per Mary, una delle commedie di maggior successo di fine anni Novanta, arrivata a incassare in tutto il mondo 370 milioni di dollari e in queste settimane al centro delle celebrazioni del venticinquesimo anniversario (era il 15 luglio 1998, in Italia invece a ottobre). Per il politically correct fu un terremoto totale: i Farrelly infatti alzeranno per sempre l’asticella di tutto ciò che si può prendere in giro, senza sconti. Omosessualità, masturbazione, violenze, sindrome di Down. Da qui nasce la demenzialità a stelle e strisce che genererà poi American Pie e i suoi fratelli, Judd Apatow e pure le “notti da leoni”.

Ben Stiller e Cameron Diaz in Tutti pazzi per Mary. Negli Usa il film uscì il 15 luglio 1998.

D’ora in poi gli Abrahams, John Landis e Mel Brooks sembreranno improvvisamente fuori moda, è quasi inevitabile: non è più tempo di parodie o gag puramente comiche, ma di copioni originali che affrontano il disagio e l’imbarazzo del genere maschile nei confronti dei sentimenti  e del sesso. E non si fanno prigionieri. L’idea narrativa di base di Tutti pazzi per Mary è semplice, molto semplice, ma anche straordinariamente efficace: Mary Jensen – ovvero Cameron Diaz – la classica ragazza per cui tutti perdono la testa al liceo e il mondo che le ruota attorno.

«Sei troppo perfetta per essere vera». Cameron Diaz ovvero Mary Jensen.

I Farrelly raccontano questa tipica situazione, spostando però in avanti l’età dei protagonisti coinvolti: adulti di trenta-quarant’anni, eternamente innamorati di Mary, che si comportano come adolescenti immaturi facendo la guerra tra di loro per conquistare la donna che hanno sempre sognato. Il ritmo è scoppiettante, le gag si susseguono in modo inesorabile: raggiungono irraggiungibili vette trash e stracult quella dei testicoli di un imbranato Ben Stiller che si incastrano nella zip dei pantaloni e – nemmeno a dirlo – quella dello sperma scambiato da Cameron Diaz per gel per i capelli (a tal proposito, fu geniale una delle frasi di lancio del film: “Love is in the hair”).

«Sono stanca di parlare di maniaci… Parliamo di te». Ted & Mary.

Ma oggi sarebbe possibile girare un nuovo Tutti pazzi per Mary? No, probabilmente no. Il film venne accusato di trivialità e maschilismo, nonostante si tratti sostanzialmente di una commedia sentimentale (sui generis, d’accordo). Forse quello di fine Novanta è stato l’unico momento storico possibile in cui “tollerare” una pellicola così iconoclasta e dirompente. E il merito va anche a un cast in stato di grazia: per Cameron Diaz e Ben Stiller fu la consacrazione definitiva, per Matt Dillon la rivelazione di una vis comica fino a quel momento rimasta inespressa. Irresistibile poi l’utilizzo della colonna sonora, che spazia dai Lemonheads ai Dandy Warhols. Da rivedere.

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