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Scarface | Al Pacino, l’occhio di Brian De Palma e le molte esistenze di Tony Montana

Il film del 1932, la regia mancata di Lumet, la sceneggiatura di Oliver Stone. Cronaca di un capolavoro

Al Pacino in una rielaborazione grafica di Scarface.

ROMA – Collocatosi in posizione centrale degli anni Ottanta di De Palma, Scarface è senz’altro tra le massime espressioni del genio artistico del suo autore. Quel De Palma dall’intrinseco talento citazionista che se con Vestito per uccidere e Omicidio a luci rosse rilesse l’inerzia narrativa, rispettivamente, degli hitchcockiani Psycho e La finestra sul cortile trapiantandola in un nuovo connettivo narrativo e con Blow Out fece il verso al gemellare Blow-Up di Antonioni traslando l’interpretazione della realtà dal mezzo immagine/macchina fotografica al mezzo suono/campionamento di effetti sonori per un horror a basso budget, con Scarface si va ben oltre agendo secondo propositi citazionisti non più fra le righe, ma dichiarati, è infatti il remake – o per meglio dire la rilettura adattata – di Scarface – Lo sfregiato di Howard Hawks.

Scarface è stato presentato negli Stati Uniti l'1 dicembre 1983
Scarface è stato presentato negli Stati Uniti l’1 dicembre 1983

Ratio filmica, per intenderci, non dissimile da Invasione degli Ultracorpi/Terrore dallo spazio profondo – che del remake ricalibrato fu l’apripista nel 1978 – La cosa da un altro mondo/La cosa o dello stesso (e successivo) The Fly/La mosca degli anni ottanta. Facciamo un passo indietro però. Perché in linea di principio il depalmiano Scarface sarebbe dovuto essere un remake molto più organico. Ancor prima del coinvolgimento di Oliver Stone infatti lo sceneggiatore David Rabe scrisse un draft molto vicino nello spirito e nelle atmosfere a Scarface – Lo sfregiato: ambientato nella Chicago degli anni trenta e dalla ricostruzione storica accuratissima. Il progetto fu tuttavia cestinato perché, oltre ad aver necessitato di un budget oltremodo proibitivo, lo script stesso si risolse in un nulla di fatto. In realtà, oltre che scriverlo, Oliver Stone avrebbe dovuto dirigerlo secondo i piani della Universal Pictures.

I titoli di testa di Scarface
I titoli di testa di Scarface

Dopo l’insuccesso del gemellare La mano però era ben poco propenso a ripetersi, ma non solo, c’era qualcosa che lo tratteneva dal prendere parte attivamente a Scarface: «Non ho mai amato il film originale così tanto. Non mi ha mai colpito e non avevo alcuna voglia di fare un altro film su di un gangster italiano. Ne sono stati fatti così tanti che non avrebbe avuto senso». Di tutt’altro avviso invece Al Pacino da sempre fan dell’opera di Hawks – e al centro dei piani della Universal per il ruolo da protagonista – che propose all’executive Martin Bregman il suo regista-mentore: Sidney Lumet, fresco del successo de Il verdetto a cui dobbiamo l’intuizione di mutare il protagonista da italiano a cubano così da incrociare la narrazione con la contemporaneità del suo tempo: gli anni ottanta americani e L’esodo di Mariel.

Al Pacino è Tony Montana in una scena di Scarface
Al Pacino è Tony Montana

A detta di Stone l’idea era notevole: «Sidney ha avuto la grande idea di prendere i gangster movie sul Proibizionismo americano per trasformarli in chiave moderna sull’immigrazione che tratta gli stessi problemi che avevano allora: proibiamo le droghe anziché l’alcol». Nonostante la sincera ammirazione di Stone per lo Scarface di Lumet però il rapporto fra i due non decollò mai. In piena pre-produzione Stone iniziò un lungo viaggio per dare solidità e compostezza al racconto. A cavallo tra Miami, Ecuador e Bolivia, Stone incontrò agenti della DEA, ex-criminali e pericolosi narcotrafficanti: non l’ideale per un uomo che in quel periodo combatteva un’ancora più pericolosa dipendenza da cocaina. Per mettere insieme tutto il materiale, Stone si trasferì a Parigi dove lavorò in totale sobrietà. A script ultimato – e nonostante l’ottimismo che trapelava da tutte le parti in causa – Lumet sorprese Bregman e Stone dissociandosi dal progetto.

Michelle Pfeiffer è Elvira in una scena di Scarface
Michelle Pfeiffer è Elvira

A suo dire mancava una direzione politica, un sottotesto rilevante che facesse da trait d’union agli eventi narrati, accusandola soprattutto d’essere troppo violenta. Stone accettò il responso ma accusò a sua volta Lumet di non averci nemmeno provato a capire la sua visione di Scarface: «Odiava il mio script. Non so se l’avrebbe detto in pubblico lui stesso. Sembro uno sceneggiatore petulante, preferirei non dire quella parola. Sidney non ha mai capito il mio copione nonostante lavorassimo in quella direzione con Bregman e Al (Pacino)». Entrò qui in scena Brian De Palma, o per meglio dire ritornò. Il regista de Gli intoccabili (di cui potete leggere qui il nostro Longform) era infatti già salito a bordo del progetto-Scarface, ancor prima di Sidney Lumet. Vi rinunciò dopo che il lavoro con Rabe si concluse in un nulla di fatto, in ogni caso molto prima dello switch narrativo suggerito da Lumet.

In origine Scarface l'avrebbe dovuto dirigere uno fra Sidney Lumet e Oliver Stone
In origine Scarface l’avrebbe dovuto dirigere uno fra Sidney Lumet e Oliver Stone

Con lo script di Stone in mano però De Palma era convinto di poter realizzare un grandissimo film. Scelse così di mollare la pre-produzione di Flashdance per riunirsi al progetto: la storia gli diede ragione. De Palma, figlio della carica propulsiva new-hollywoodiani, tra i più sperimentali e giocosi dei giovani narratori di quell’epoca, seppe unire tradizione ed innovazione lavorando sulla scia dell’opera di Hawks ma dandogli una forte impronta interpretativo-autoriale. Il suo ingresso permise anche la collaborazione tacita di altri figli della New Hollywood, tra cui Steven Spielberg. I due, uniti da un’amicizia solida, sognavano da una vita di poter collaborare in un progetto importante. Il tutto si concretizzò nella sequenza del climax di Scarface. Orgia di violenza e sangue con cui De Palma chiude i conti dello spregiudicato Montana facendogli pagare le conseguenze delle sue folli azioni paranoiche e malsane.

Mary Elizabeth Mastrantonio è Gina Montana in una scena di Scarface
Mary Elizabeth Mastrantonio è Gina Montana

In quella sequenza si percepisce un po’ un sapore spielberghiano, vuoi nel montaggio netto, nel dinamismo registico, nella costruzione d’immagine rigorosa e solida, elemento quest’ultimo che accompagna l’inerzia registica di tutto il racconto. Ebbene, Spielberg diresse alcuni momenti salienti tra cui l’ingresso dei colombiani nella Villa di Montana ad armi spianate. Scelse comunque di non comparire nei credits, nemmeno sotto pseudonimo, così da non attirare l’attenzione e non inficiare, in alcun modo, la paternità depalmiana dell’opera. Non tutte rose e fiori (e amicizia) sul set di Scarface. Una delle comparse infatti, Tammy Lynn Leppert, che nel film vediamo approcciata da Manny nella famosa scena della sega elettrica (la ragazza in bikini azzurro), sparì il 6 luglio 1983 in circostanze misteriose. I vicini alla Leppert raccontarono come, durante la visione di una scena parecchio violenta del film, ebbe un crollo emotivo e nervoso.

Steven Bauer e Tammy Lynn Leppert in una scena di Scarface
Steven Bauer e Tammy Lynn Leppert

Portata nella sua roulotte, raccontò a un amico di famiglia di minacce e intimidazioni da parte di alcuni uomini. Del caso se ne occupò anche la trasmissione Unsolved Mysteries nei primi anni novanta: ancora oggi non si hanno notizie della Leppert. Per comprendere la ratio filmica dell’opera di De Palma però bisogna fare ancora un passo indietro, precisamente nel 1932. Anno di produzione di Scarface – Lo sfregiato, caposaldo del gangster movie dell’epoca che annoverava classici senza tempo come Piccolo Cesare e Nemico Pubblico, nato su intuizione del visionario Howard Hughes. Il vulcanico produttore era infatti in cerca di un successo da box office con cui lasciare la sua firma nel cinema gangster. Acquistati i diritti dell’omonimo racconto di Armitage Trail del 1929, Hughes assunse Ben Hecht come sceneggiature e propose – in maniera del tutto inaspettata – Hawks per la regia.

Un’immagine promozionale de Scarface – Lo sfregiato

Il motivo? I due erano nel bel mezzo di una causa legale dove Hughes accusava il quasi omonimo Hawks di aver plagiato Gli angeli dell’inferno con il suo La squadriglia dell’aurora. Durante una partita a golf – a dimostrazione della sua lungimiranza produttiva – Hughes propose a Hawks la regia di Scarface – Lo sfregiato, in cambio avrebbe ritirato la denuncia: alla diciannovesima buca discutevano già della ratio filmica. L’idea alla base era quella di rileggere in chiave cinematografica il mito di Al Capone e la sua inerzia da contro-sogno (italo) americano eccessivo e violento avvolgendolo di una carica valoriale sulla scia della Famiglia Borgia. C’era tutto (tra le righe) del famigerato gangster di Chicago nella narrazione di Hecht: dal titolo (Scarface), riecheggiante al suo soprannome, al nome stesso del protagonista (Tony Camonte) le sue fattezze etniche italo-americane, perfino la cicatrice sul volto similare a quella del famigerato criminale.

Paul Muni è Tony Camonte

Elementi molteplici che sembrerebbe piacquero a Capone, tanto che, si dice, avesse comprato una copia del film. Presentato a New Orleans il 31 marzo 1932, manco a dirlo fu un successo planetario Scarface – Lo sfregiato e le ragioni erano molteplici: l’interpretazione di Paul Muni, il sottile valore simbolico della X come fosse un’ante-litteram arancia de Il Padrino (di cui potete leggere qui il nostro Longform), non ultimo la disillusione dell’individuo nel Dopoguerra, l’incapacità di progredire ed accettare l’evoluzione tecnologica e l’annessa modernità sociale. Un’opera dal peso specifico immenso per le generazioni future, ulteriore conferma – come se ce ne fosse bisogno – dell’intrinseca importanza della rilettura di De Palma in cui, quella di Hawks, rivive e prospera nelle suggestioni scaturite dalle immagini filmiche.

The World Is Yours, 1932

Se l’opera di Hawks muoveva però verso la rilettura dell’inerzia del più tipico sogno americano incanalandola nel sentiero dell’anti-agiografia di un Capone/Camonte diabolico, corrotto e incestuoso con cui vestire la narrazione di un’arguta lettura storico-sociale, l’opera di De Palma e Stone (presentata a New York l’1 dicembre 1983) si muove verso tutt’altra direzione, o per dirla con le parole del suo autore: «Fondamentalmente mi è piaciuto lo script di Oliver, ha avuto inventiva nel collocarlo nella situazione cubana di Marielito. Non sono invece mai stato un grande fan di Scarface – Lo sfregiato. Certo, pensavo ci fosse un’interpretazione affascinante di Paul Muni e Hawks è uno dei nostri grandi registi, ma assomigliava un po’ molto al periodo, voglio dire, non è un film che tiro fuori e guardo molto». D’altronde, l’aveva detto chiaramente Lumet: Scarface trasuda violenza ed è privo di un quantunque sottotesto sociale e va bene così!

«Il mondo è tuo, Tony»

In fondo sarebbe potuto essere molto più semplice perseguire la strada narrativa di Rabe o Lumet, ricostruendo lo Scarface di Hawks riadattandolo secondo le estetiche del cinema degli anni ottanta. Quello di De Palma e Stone è un salto nel vuoto creativo. Un riscrivere un caposaldo del cinema americano secondo una nuova impronta autoriale: aggressiva, acuta, brillantemente violenta, figlia di una sperimentazione narrativa da rediviva New Hollywood ricalibrata però secondo un nuovo paradigma industriale-produttivo di riferimento. E la violenza? Contrariamente a quanto credeva Lumet è la carta vincente dello script di Stone, o perlomeno, lo è in parte. Non è vero che Scarface asciuga la componente socio-politica del racconto originario privandosene del tutto. Proprio nella sequenza d’apertura, in cui l’espediente di Lumet dà solidità e attualizzazione al racconto, Scarface disegna con un’unica linea dialogica un’acuta visione del capitalismo con cui potenziare oltre ogni immaginazione il viaggio dell’eroe prossimo al dispiegamento.

Da Camonte a Montana, il sogno (italo) americano di Scarface fa il giro, diventa cubano e ritorna per le strade di Miami
Da Camonte a Montana, il sogno (italo) americano di Scarface

Un sogno cubano-americano avvolto attorno all’irriducibile Tony Montana/Al Pacino che a furia di mangiare polpi e indossare scarpe russe sfilacciate e bucate, vuole di più dalla vita: vuole tutto! Prende così forma la contro-epica di Montana. Un sogno (italo) americano che fa il giro, diventa cubano e ritorna per le strade di Miami perdendo in parte – e qui si che bisogna dar ragione a Lumet – quell’originario sapore di lettura sociale. Da Camonte a Montana, Scarface glorifica ancora una volta il suo gangster, ma se Hawks caricava di senso la caratterizzazione e le fattezze del suo (anti)eroe giocando di quei nemmeno troppo velati rimandi a Capone, in De Palma e Stone non c’è niente di tutto ciò: Montana è ontologicamente marcio, fino all’osso. Non c’è nessuna giustificazione storico-sociale a condannare l’anti-eroe tragico a un destino segnato dai suoi vizi e dagli orrori scaturiti dalla sue scelte.

Scarface fu distribuito nei cinema italiani il 24 febbraio 1984
Scarface fu distribuito nei cinema italiani il 24 febbraio 1984

Narrazioni, quelle degli Scarface, figlie di tempi diversi, dove la retorica dogmatica degli anni trenta ha lasciato il posto al puro spettacolo negli anni Ottanta. Svestito così della carica socio-politica hawksiana, Camonte diventa Montana, passa da italiano a cubano e continua a fare la storia del cinema tra paranoia, ossessioni e morbosi desideri incestuosi. Il resto è fatto dal dinamismo registico da manuale fatto di zoomate con cui amplificare la tensione drammaturgica e una profondità di campo hitchcockiana nella ricchezza di particolari De Palma dà forma a una scalata al potere annegata nel sangue, piena espressione del self-made-man fatto e finito seppur dall’inerzia folle e autodistruttiva. Uno script per tutte le stagioni, per tutte le generazioni: uno Scarface per ogni era Hollywoodiana, aspettando la nuova visione targata Joel e Ethan Coen e Luca Guadagnino.

  • LONGFORM | La cosa, Carpenter e la storia del cinema
  • COMIC CORN | Scarface e i fumetti di Tony Montana
  • FRESHLY POPPED | Da Scarface a Carlito’s Way, una serata per Al Pacino

Qui sotto potete vedere una featurette del film: 

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