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Il cinema oltre l’orrore | Quel romanzo di sopravvivenza firmato Roman Polanski

Dal ghetto di Varsavia al massacro di Sharon Tate: una vita raccontata in un documentario. Oltre le fazioni

Roman-Polanski
Roman Polanski sul set in una scena di A Film Memoir.

MILANO – Se il più folle tra tutti gli sceneggiatori di Hollywood avesse pensato di scrivere un giorno la vita di Roman Polanski, non sarebbe riuscito mai ad immaginare tanti drammi, colpi di scena e controversie insieme. Nessuno gli avrebbe mai creduto. Così nel 2011 uno dei più grandi registi di sempre decise di affidarsi alle mani del suo amico e produttore, Andrew Braunsberg, per tentare di raccontare una storia, la sua, che rimane fuori da ogni logica, da ogni pietà, quasi da ogni senso. Una vicenda composta di racconti al limite, tra l’assurdo e il drammatico, una vita che neanche nei film, no, nemmeno lì, nemmeno in C’era una volta a Hollywood. Quel documentario verrà poi presentato a Cannes, non senza polemiche. Il titolo? Roman Polanski: A Film Memoir.

Prima della strage: Roman Polanski con Sharon Tate nel 1967.

Un documentario costruito dai dialoghi, nulla di solenne, solo un racconto, dell’uomo dietro al regista, della vita prima della macchina da presa. A Film Memoir – per molto tempo disponibile in streaming, al momento non reperibile – è un’autobiografia che va oltre le verità mediatiche, gli schieramenti sempre più fitti, un’opera consigliata a tutti quelli che Polanski lo amano, ma non ne conoscono nulla del lato umano e della biografia e che qui troveranno un nuovo modo di guardare, di pensare e di giudicare. Uscendo così dal tribunale dei mass media, ci si ritroverà a confrontarsi con un uomo, le sue scelte stilistiche, il genio.

Polanski scherza con Jack Nicholson sul set di Chinatown.

Il momento più toccante? Forse quando il regista ricorda la sua infanzia nel ghetto di Varsavia, la morte della madre ad Auschwitz, la consapevolezza di non avere nulla se non se stesso per cavarsela e poter andare avanti. Novanta minuti, veloci e pieni di filmati inediti, parole che diventano una confessione con cui Polanski fa riemergere il suo lato di narratore, incantando lo spettatore con le parole. E poi c’è il racconto su Sharon Tate, la moglie, massacrata da Manson e dalla sua banda di orchi, evento che segnerò ancora la sua esistenza.

Con Adrien Brody sul set de il pianista.

«Perché a lungo non sono stato più me stesso», spiega, e non è una giustificazione, ma un dato di fatto, la consapevolezza delle proprie colpe. Non sogna Roman Polanski, non rimpiange mai la vita tranquilla che non ha avuto e non ha potuto avere, mai dai titoli di coda non ne esce poi come un dannato, ma semplicemente come un essere umano in grado di sopravvivere anche all’insopportabile, consapevole che è proprio quando la notte è più scura che sta per avvicinarsi il giorno. Se volete farvi un’opinione su Polanski – qualsiasi opinione, la vostra opinione – allora questo rimane un documento fondamentale da cui partire.

  • Qui sotto il trailer di A Film Memoir:
  • Qui le altre puntate di Doc Corn sui documentari da vedere

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