in

Moving | Shinji Somai e quel capolavoro tra traumi e fragilità familiari

Tra Miyazaki, Kore-Eda e Hamaguchi, un’opera delicata di un autore dimenticato. Da (ri)scoprire

Un estratto del poster originale di Moving, il capolavoro di Shinji Somai del 1993
Un estratto del poster originale di Moving, il capolavoro di Shinji Somai del 1993

ROMA – Chi era Shinji Somai? Uno dei più importanti registi giapponesi del Novecento e quasi nessuno lo sa, non solo perché è scomparso prematuramente a 53 anni, non solo perché le sue opere non sono mai state distribuite in maniera capillare nel resto dell’Asia e in Occidente, ma soprattutto perché Somai è stato uno di quei creativi arrivati troppo presto e che, in silenzio, con una visione innovativa e inesplorata, hanno mostrato una via sconosciuta e influenzato le generazioni successivi di artisti. Alcuni dei migliori registi giapponesi del nuovo millennio (Kore-Eda e Ryusuke Hamaguchi) e persino lo Studio Ghibli hanno assorbito l’estetica e lo storytelling visivo di un regista che in vent’anni ha girato tredici film capaci di racchiudere insieme una precisa evoluzione formale che dal rivoluzionario e carnale Typhoon Club del 1985 arriva all’incredibile viaggio di formazione Moving del 1993, che il Far East Film Festival ha deciso di proiettare in versione restaurata.

Moving, un film di Shinji Somai del 1993
Moving, un film di Shinji Somai del 1993

Moving, presentato a Cannes 46 nella sezione Un Certain Regard, racchiude dentro di sé una potente contemporaneità nei temi e nel modo di mostrarli perché oggi nel cinema giapponese le relazioni familiari, i contrasti adolescenziali e il classico viaggio dell’eroina miyazakiana sono concetti centrali attorno a cui ruotano i lungometraggi. E Moving aveva già tutto questo. Su una semplice storia familiare – marito e moglie decidono di divorziare e la figlia undicenne non riesce ad accettare che il nucleo familiare venga distrutto – Somai costruisce un viaggio che non si limita a mostrare come Renko provi a riconciliare i genitori, ma un percorso formativo che evade dalla realtà e si trasforma in una rinascita allegorica e mistica. Il triangolo familiare (come il tavolo su cui ogni sera mangiano) delinea perfettamente le fragilità umane dell’adulto e l’innocenza priva di esperienza della bambina.

Il film è stato presentato in concorso a Cannes 46 nella sezione Un Certain Regard
Il film è stato presentato in concorso a Cannes 46 nella sezione Un Certain Regard

Somai decide di disegnare Renko come un personaggio atipico e fuori dagli schemi, una bambina scaltra, furba, intelligente, che quasi sovrasta una madre e un padre che, stanchi di una quotidianità in cui si sentono annegare, regrediscono a uno stato fantasmatico e che li avvicina tremendamente all’essere degli adolescenti persi. Renko però si deve scontrare con la realtà, con un amore che ha smarrito la scintilla, e nella rincorsa a ripristinare uno status quo ormai perso deve confrontarsi con un lato della vita ancora inesplorato che la porterà a compiere un viaggio solitario all’interno del proprio animo. La seconda metà di Moving, infatti, si sposta dal reale e trasmigra in una dimensione dove Renko, da sola, dovrà affrontare il trauma, guardarlo con distacco e uscirne diversa (stesso procedimento narrativo dei film dello Studio Ghibli e soprattutto di Miyazaki).

Una scena di Moving
Una scena di Moving

E Somai lo mostra non staccando mai durante il ritmo della scena, architettando così lunghi piani sequenza che si trasformano in fluidi quadri che donano spazio e aria e respiro a un lungometraggio che riesce a cogliere sfumature mai affrontate sulla separazione e sulla crescita. Moving, per innovazione e prospettiva, è un fondamento chiave della cinematografia orientale e Somai vive ancora dentro la delicatezza di Kore-Eda e il ritmo lento e fluviale di Hamaguchi, la più limpida dimostrazione che anche a più di vent’anni la propria scia nel mondo può ancora essere visibile e tangibile.

  • ORIENT EXPRESS | Il cinema orientale raccontato da Hot Corn
  • VIDEO | Qui per il trailer di Moving: 

 

 

 

Lascia un Commento

Un'immagine promozionale di Becoming Karl Lagerfeld, una miniserie in sei puntate, disponibile su Disney+ dal 7 giugno

VIDEO | Daniel Brühl e il trailer della miniserie Becoming Karl Lagerfeld

Una scena di Star Wars: Tales of the Empire, dal 4 maggio su Disney+

VIDEO | Il ritorno del Generale Grievous e una clip in anteprima di Star Wars: Tales of the Empire