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Il nostro viaggio in Florida sulle tracce de Il Primo Uomo

Hot Corn è stato ospite della NASA tra simulatori e interviste al cast del film di Damien Chazelle

L'entrata del John F. Kennedy Space Center di Cape Canaveral. Foto Chiara Meattelli.

CAPE CANAVERAL – Fisso il cielo della Florida, da qui la luna non sembra così lontana. Soprattutto quando si è all’Imax della Nasa, alla premiere di First Man, il nuovo film di Damien Chazelle con Ryan Gosling nei panni di Neil Armstrong. Sarebbe impossibile spiegare a parole la vastità del missile Saturn V, quello che ha sparato l’uomo sulla luna, pezzo forte dell’Apollo/ Saturn V Center dove il giorno dopo lo screening c’è un incontro informale con il cast.

Il dettaglio di uno dei simulatori utilizzati alla NASA. Foto di Chiara Meattelli.

Luke Haas mi spiega come funziona il Modulo Lunare Apollo, ovvero il lander della navicella spaziale. Claire Foy, nel film Janet Armstrong, è in ammirazione con gli occhi fissi verso l’alto da circa 10 minuti; il suo  lungo vestito bianco mi ricorda quello della Principessa Leia in Guerre Stellari. Patrick Fugit fa razzia di magliette nel gift shop, Ryan Gosling ha decorato il retro della sua amata giacca denim con il logo cubitale della “NASA”: un globo blu, la terra vista dallo spazio. Il punto è che siamo tutti turisti qui dentro perché la fascinazione per i misteri dell’universo non segue leggi d’età, né tantomeno quelle della fama in questo misero pianeta terra.

L’Astronaut Van del John F. Kennedy Space Center. Foto di Chiara Meattelli.

Vengo scortata all’interno del complesso Kennedy Space Center presso la ATX, ovvero l’area Astronauts Training experience. Qui si gioca a fare gli astronauti e in team di due, chiusi in capsule che girano a 360 gradi su se stesse, dobbiamo riuscire ad atterrare su Marte. Mi chiedono se voglio il simulatore impostato su: facile, medio o difficile. J. F. Kennedy mi suggerisce la risposta: «Abbiamo deciso di andare sulla luna non perché sia facile ma perché è difficile!».

La training area con il simulatore di gravità. Foto di Chiara Meattelli.

Una bella citazione che però non tiene conto dei sei litri di frappuccino appena ingeriti: non rovesciare tutto addosso al mio collega neozelandese, il co-pilota di questo coso roteante, è la sfida più grande. Più rilassante è la missione su Marte per mezzo della realtà virtuale: indosso l’elmetto e grazie a due telecomandi posso teletrasportarmi da una zona all’altra del pianeta. La vista è ridotta e due compagni di missione mi danno istruzioni mentre studiano la situazione osservando i computer dalle loro postazioni.

La nostra inviata Chiara Meattelli alle prese con la realtà virtuale.

Prelevo rocce, le scannerizzo e se il computer del mio elmetto le approva, le riporto dentro la navicella. Lo spazio in cui mi muovo, per chi vede da fuori, è un’aerea di tre metri per tre, eppure sono in mezzo a sterminate distese di terra rossa e tempeste di sabbia, col terrore che un marziano o peggio ancora Matt Demon, possano sbucare da ogni angolo. C’è anche un simulatore di micro gravità ma purtroppo non abbiamo abbastanza tempo per provarlo. Altro che Dysneyland.

  • Trovate la nostra intervista a Ryan Gosling e Claire Foy qui
  • Trovate la nostra intervista a Mark e Eric Armstrong qui 
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