MILANO – Il 33° Noir in Festival si apre con il contributo cinematografico di Neil LaBute, che rende omaggio al genere con Out of the Blue, interpretato da Diane Kruger e Ray Nicholson, rievocando grandi classici come La fiamma del peccato (il titolo in italiano del film di Neil LaBute cita quello di Billy Wilder: Il fuoco del peccato) e La donna che visse due volte. La trama segue Connor Bates (Ray Nicholson), un giovane che lavora in una biblioteca di un piccolo paese degli Stati Uniti, dopo aver trascorso un periodo in prigione in seguito a un’accusa di aggressione e trascorre il tempo libero correndo, nuotando e cercando di rimettere insieme i pezzi del suo mondo. Quando incontra Marilyn Chambers (Diane Kruger), moglie di un ricco uomo d’affari che la picchia, i due si scontrano in un’intensa relazione fisica ed emotiva che degenera rapidamente in conversazioni su come uccidere il marito di lei. Hot Corn ha avuto il piacere di chiacchierare con il regista di cinema, teatro e di questo identikit sulle dark lady (o femme fatale) che delinea nel suo Out of the Blue.
LA STORIA – «Out of the Blue non si propone come un’interpretazione o una satira dei film noir del passato, bensì come un tentativo di muoversi all’interno delle tracce dei grandi classici del genere. L’idea di una figura femminile più matura del protagonista mi ha affascinato, perché volevo che il protagonista cadesse immediatamente sotto il fascino di questa donna. Questo ha motivato la mia scelta di un’attrice capace di rendere credibile agli occhi del pubblico le scelte rischiose del protagonista, che mette a repentaglio la propria vita a causa dell’attrazione che prova fin dal primo incontro. Diane Kruger è sembrata l’interprete ideale per catalizzare tutto questo. La sua capacità di affascinare e intrigare, sia parlando che in silenzio, rende credibili anche le situazioni più estreme. Per quanto riguarda Ray, pur non conoscendolo prima, ho ritenuto che fosse perfetto per il ruolo di un uomo che non è né criminale né poliziotto, ma solo un ragazzo con problemi di gestione della rabbia. Dopo aver visto alcune delle sue interpretazioni, ho pensato che incarnasse in modo impeccabile il personaggio, un individuo che cerca di rifarsi una vita ma si trova coinvolto in una passione con conseguenze pericolose. Entrambi i personaggi, sulla carta, presentano tratti classici e ho avuto la fortuna di trovare attori eccezionali. Il film assume una connotazione tragica proprio perché il protagonista maschile è, in fondo, un bravo ragazzo che commette errori. Questa tragicità è tipica del genere noir, in cui spesso la morte è la conseguenza di una parola mal detta o di un gesto sciocco».
IL SET – «L’omaggio ai vecchi noir, seppur evidente nell’approccio, ha accentuato la contemporaneità del film. A prescindere da dove si posa lo sguardo, la sua presenza nel contesto attuale è lampante. Questa consapevolezza mi ha spinto a selezionare location dal carattere intrinsecamente classico. Out of the Blue non cerca di mimetizzarsi con gli anni Quaranta, ma non si palesa neanche come un prodotto dell’anno scorso. Prendiamo ad esempio la biblioteca in cui Connor svolge il suo lavoro. Quando l’ho vista, è scattato subito in me il pensiero: Dobbiamo assolutamente girare qui. Sebbene originariamente fosse una libreria, l’abbiamo trasformata in una sorta di biblioteca dall’atmosfera retrò. Abbiamo deliberatamente cercato luoghi privi di tratti temporali definiti, poiché la contemporaneità della trama era già sottolineata da vari elementi, come le automobili. Poi, per esempio, per quanto riguarda il costume da bagno di Diane Kruger volevamo un modello che richiamasse gli anni Quaranta e Cinquanta, ma che al contempo risultasse credibile nel contesto attuale. La stessa considerazione vale per la sua casa, la quale si distingue da quelle moderne ed essenziali che popolano le riviste, emanando invece un calore e un fascino vintage».
LE ISPIRAZIONI TEATRALI – «I miei film si distinguono per abbondanza di dialoghi. La mia passione per le conversazioni deriva sicuramente dalla mia esperienza teatrale: amo osservare le persone che parlano e credo fermamente che attraverso le parole si possa creare la tensione giusta, trasmettere un senso di violenza e oppressione o, al contrario, intrattenere e divertire. In Out of the Blue è frequente assistere ai personaggi che dialogano senza ricorrere al tradizionale campo-controcampo, mantenendo spesso la stessa prospettiva visiva per tutta la scena. Niente batte la bellezza di due attori che recitano insieme, magari senza interruzioni, inquadrati in un unico fotogramma che abbraccia l’intera situazione. Diane e Ray hanno trovato entusiasmante lavorare in questo modo, e personalmente, anche a me piace. Le vecchie sceneggiature erano il doppio di quelle attuali. Gli attori di allora dedicavano tempo ed energia nello studio dei copioni e molti provenivano infatti dal teatro. In Out of the Blue ho cercato di trarre il massimo da i due personaggi, forse anche correndo un rischio perché, per esempio, nessuna delle informazioni che Marilyn condivide con Connor può essere verificata. Non vediamo mai il marito di Marilyn, una scelta consapevole, poiché mostrarlo ci porterebbe inevitabilmente a giudicarlo. Così, optiamo per credere o meno alle parole della donna. Questa metodologia è qualcosa di unico che non ho mai visto prima al cinema, generando, secondo me, un’ambiguità affascinante. Tuttavia, comprendo che l’ambiguità non sia gradita a tutti. Molte persone desiderano entrare in una sala cinematografica e comprendere chiaramente ciò che sta accadendo, distinguendo il bene dal male. Nei film noir, ciò non è sempre possibile, poiché a volte i cattivi sfuggono alla punizione e i buoni perdono la vita. Ma è proprio questa imprevedibilità che rende il genere così affascinante a mio avviso.»
GUARDIE E LADRI – «Assistiamo continuamente ad abusi di potere. I poliziotti spesso si considerano invincibili, in virtù del fatto che la legge è dalla loro parte. Pur non essendo la polizia al centro di questo film, ho ritenuto interessante introdurre due figure di poliziotti differenti. Uno è l’autorità locale, che si scontra con Connor a causa del passato: Connor ha riversato su di lui la sua rabbia e ha inflitto danni, e, sia che sia un poliziotto “cattivo” o meno, non tollera che Connor trasgredisca le regole della libertà vigilata. L’altro poliziotto, che sorveglia la sua libertà vigilata, pur essendo eccessivamente aggressivo con Connor, è, alla fine, una persona di buon cuore. Inizialmente, non avevo pensato a Hank Azaria per questo ruolo: aveva ingaggiato un altro attore che poi ha rinunciato. Tuttavia, Hank ha trovato il personaggio estremamente interessante, un vero bastardo che, nonostante tutto, sorride spesso ed è accattivante. Ho deciso di dargli una chance e ha dato prova di un’eccellente performance. Ho realizzato di aver fatto una grande scelta.»
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