MILANO – C’era una certa compostezza nell’Inghilterra di inizio Novecento, una sorta di buon costume (buono si fa per dire) che tutti i gentiluomini erano tenuti a seguire per non dare l’idea sbagliata di sé alla società. Una regola sociale non scritta che arrivava direttamente dalla fine del secolo precedente, dallo scandalo di Oscar Wilde. Ed è proprio nella pudica e puritana Inghilterra, nel mondo accademico di Cambridge, che si apre la storia di Clive Durnham e Maurice Hall, una tormentata e nemmeno troppo pittoresca storia d’amore a cui il cinema queer fa spesso ritorno. Il film in questione è Maurice (lo trovate su Prime Video).
Diretto da James Ivory, interpretato da Hugh Grant, James Wilby e Rupert Graves e adattato dal romanzo omonimo di E.M. Forster. Avanti sui tempi perché di storie con protagonisti omosessuali, soprattutto se in film in costume, all’alba del 1987 non se ne erano praticamente visti. E non è che il film ci vada per il sottile, accennando appena qualche sentimento velato, mostra tutto senza sfumature, con tanta passione e molta malinconia. Senza contare che, cosa ancora più stupefacente nella Hollywood di quegli anni, fu proprio Maurice a far partire la carriera di Hugh Grant. Quella di Wilby aveva iniziato qualche film indietro, ma aveva preso il volo l’anno prima in un altro film di Ivory, Camera con vista.
Quella di Clive e Maurice è una vita come quella che ci si aspetta da ogni uomo che appartenga alla loro classe sociale prima dell’avvento della Grande Guerra: una ricca famiglia alle spalle, bei vestiti, tempo a volontà per oziare e studiare in una delle università più prestigiose del Paese. Il rigetto verso qualsiasi inclinazione considerata contro natura è presente anche nei corsi di studi: gli studenti vengono incoraggiati a conoscere e studiare le opere e il genio dei Greci, ma sono fortemente invitati a non seguirne i vizi, le loro idee sull’amore e sulla natura umana. A ben vedere i Greci erano molto più liberali dell’età edoardiana in cui si trovano a vivere i due giovani sventurati.
La storia d’amore tra Clive e Maurice è fatta di due sentimenti contrastanti. Una forte passione che li travolge e un assoluto senso di panico per l’immagine dei due che potrebbe riversarsi agli occhi dei più. In un tempo in cui le lotte per la comunità LGBTQ+ erano virtualmente non esistenti, non avevano molte possibilità. Andò un po’ meglio nell’epoca in cui uscì il film. Comunque criticato dalla parte più conservatrice e mal pensante che non voleva assolutamente personaggi del genere sul loro schermo, Maurice portò a casa un discreto successo, anche se non finì subito alla ribalta. Lo apprezziamo ed elogiamo molto più oggi di allora.
James Ivory era riuscito a rendere la storia emotiva, poetica e molto lucida, e ancora oggi non ha perso il suo fascino e potere. Trent’anni dopo, il regista ha continuato adattando la sceneggiatura di quello che in molti definiscono l’erede del suo film, Chiamami col tuo nome di Luca Guadagnino. Simile per molti aspetti, diverso per altri (forse ne parleremo nella prossima puntata di Queer Corn…), certo è che Maurice è diventato un pezzo di cinema imprescindibile. Stranamente ancora poco conosciuto, quasi un film di nicchia, ma prima di Philadelphia e Belli e dannati, sono stati questi due sfortunati eroi ad arrivare sullo schermo. È bene ricordarlo, ogni tanto.
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