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Marco Messina: «La colonna sonora di Martin Eden? Fatica e orgoglio»

Pietro Marcello, l’elettronica, l’amore per il cinema russo: il musicista si racconta ad Hot Corn

Martin Eden
Marco Messina, autore, insieme a Sacha Ricci, della colonna sonora di Martin Eden

MILANO – Un marinaio scrittore. Il personaggio nato dalla penna di Jack London rivive negli occhi azzurri di Luca Marinelli in Martin Eden di Pietro Marcello. Un film denso per la storia di un uomo mosso dall’amore e dalla determinazione che perde la bussola della sua stessa esistenza. Ambientato in una Napoli sospesa nel tempo, il film è attraversato dalle musiche folgoranti scritte a quattro mani da Marco Messina e Sacha Ricci – già 99 Posse -, tra sonorità elettroniche e analogiche. Una colonna sonora – disponibile sulle piattaforme digitali – che rimanda alla musica classica «per sonorità e attitudini» come ci ha raccontato Messina con cui abbiamo parlato anche dell’importanza dell’educazione culturale, della sua passione per il cinema russo e di quella videocassetta de Il Giardino delle Vergini Suicide consumata per riascoltare a ripetizione le musiche degli AIR…

Martin Eden
Marco Messina e Sacha Ricci, autori della colonna sonora di Martin Eden

PIETRO MARCELLO «Ci sono dei registi che ti lasciano carta bianca, che si fidano. Secondo me un regista in un certo senso diventa anche co-autore delle musiche intervenendo con le sue osservazioni e indicazioni. Pietro è uno che deve tenere tutto sotto controllo e poi ha un forte senso estetico, anche musicale. No, con Pietro non hai carta bianca e ci sono delle volte in cui magari ti chiede di modificare un pezzo quindici volte. Però poi ti rendi conto che aveva regione o, anche se continui a pensare che la tua idea fosse migliore, nel complesso generale del film va benissimo la sua visione. Lavorare alle musiche di Martin Eden è stato durissimo. Ma quando poi vedi il risultato ti rendi conto che tutti gli sforzi fatti, tutte le volte in cui hai dovuto rifare un pezzo ne sono valsi la pena».

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Pietro Marcello in studio di registrazione. Foto di Marco Messina, via Instagram

LE INFLUENZE MUSICALI «Le persone non si acchiappano per caso. È vero che io e Sacha (Ricci, ndr) facciamo elettronica ma, ad esempio, lui viene dal jazz e i miei ascolti musicali passano dalla psichedelia per arrivare al punk. Nel film abbiamo usato molti suoni creati manipolando musica classica. Non si tratta di campionamento come, invece, abbiamo fatto nei dischi dei 99 Posse in cui erano sempre riconoscibili. In Martin Eden è un altro processo e paradossalmente dentro le nostre musiche c’è qualcosa che rimanda alla musica classica. Non le sto paragonando a un Šostakóvič o a un Brahms (ride, ndr) ma ci sono delle sonorità, delle attitudini che rimandano a quel genere. In tutti i film di Pietro è sempre coesistita l’elettronica con la musica classica e questa è una scelta figlia del suo amore per il cinema russo».

MARTIN EDEN «La prima volta che ho letto Martin Eden avevo diciassette anni e poi l’ho riletto cinque anni fa su consiglio di Pietro. Io mi sento molto Martin Eden ma, a differenza sua, non sono nichilista. Sia per motivi di scelte artistiche che di scelte politiche del mondo in cui mi piacerebbe vivere mi sento quasi un’extraterrestre. Francamente non mi sarei mai immaginato che avesse il successo che ha avuto. Non perché non credessi nel film ma perché non credevo nel pubblico. Sono abituato che quando vado al cinema a vedere film belli, in sala siamo in venti. Quando passo davanti al cinema e stanno proiettando la merda, c’è la fila fuori. Questa non è colpa del pubblico perché i gusti delle persone si formano. Il mio gusto si è creato anche perché, quando ero piccolo, chi realizzava i palinsesti di tv e radio o decideva quali film produrre sceglieva anche titoli di qualità. Una delle visioni che ha segnato la mia infanzia è stato il cinema di Ėjzenštejn. Ricordo ancora la bellezza che avvertivo ed erano film che vedevo in prima serata sulla Rai con mio padre. Per un ragazzo di oggi sarebbe impossibile».

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Un momento della lavorazione alle musiche del film condiviso su Instagram da Marco Messina

IL TEMPO SOSPESO «Una delle cose più belle che abbiamo provato mentre lavoravamo al film è stato quando ci siamo detti: “Ma in che anno siamo?”. Anzi, talvolta ci siamo chiesti in che decennio o secolo fossimo perché ci sono volte che ti sembra di stare negli anni Ottanta, altre volte nel dopoguerra o, addirittura, nell’Ottocento. Così come la capacità di Pietro di fare un film non di nicchia utilizzando una serie di elementi che sono tipici dei film di nicchia, come il repertorio. Il film parte con delle immagini di repertorio di Malatesta accompagnate da un brano di musica elettronica non certo pop e dopo una manciata di secondi arriva una scena di amore con Daniele Pace degli Squallor. Per riuscire a fare questa cosa senza essere banali o volgari ci vuole del genio».

L’ORGOGLIO «Un mio ex studente è andato al cinema a vedere il film. E non perché sapeva che avessi composto la colonna sonora ma perché aveva letto il romanzo di Jack London. Mi ha detto: “Non pensavo che si potesse fare un film di due ore”. I ragazzi di oggi sono abituati alle serie tv, a un linguaggio più veloce. Gli ho spiegato che ci sono moltissimi film lenti, lunghi e bellissimi. E lui grazie a Martin Eden si è appassionato a Jean-Luc Godard e Robert Bresson. Poi, la scorsa estate, ho preso parte ad un progetto in Sardegna dove ho conosciuto un ragazzo del Ghana. Mi ha raccontato la sua storia fatta di una serie di cose orribili, tra il viaggio sul barcone e la Libia. Mi è venuto spontaneo chiedergli perché fosse venuto in Italia. Mi ha dato una risposta splendida: “Perché volevo studiare”. Prima di ripartire mi ha scritto dicendomi: “Ho saputo che sta per uscire un film che parla di una storia simile alla mia”. Parlava di Martin Eden. Due dei motivi che mi fanno essere felice di essere amico di Pietro e orgoglioso di lavorare ai suoi film».

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Marco Messina insieme a Luca Marinelli e Vincenzo Nemolato.

GLI ASCOLTI «Nell’ultimo periodo sto ascoltando tantissimo Thelonious Monk e anche i Tangerine Dream. Sono giorni che sto consumando Ben Frost. Avevo iniziato a vedere Dark anche perché sapevo che le musiche erano le sue ma la serie non mi è piaciuta. Ascoltando Music for Solaris sono andato a risentire la colonna originale del film scritta da Eduard Artem’ev. Tutte le colonne sonore dei film Tarkovskij le amo. È quel tipo di elettronica che ti fa dire: “Perché io non faccio cose così?”. Un’altra che ho molto amato è quella degli AIR per Il Giardino delle Vergini Suicide di Sofia Coppola. Mi ricordo che prima di comprare il disco mi ero fatto la videocassetta segnandomi i punti, sul videoregistratore, in modo da andare avanti nel film per ascoltare la musica. E da appassionato di fantascienza, recentemente, mi è piaciuta molto anche al colonna sonora di The Mandalorian».

Qui potete ascoltare la colonna sonora di Martin Eden:

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