CANNES – Mads Mikkelsen sa fare tutto. O quasi. Lo abbiamo scoperto durante l’incontro organizzato qui a Cannes dall’American Pavillion quando gli abbiamo chiesto cosa manchi alla lista delle sue doti. La domanda è pertinente, perché sulla Croisette ha portato Arctic in cui lo si vede quasi sempre da solo con una compagna (e un orso polare) con cui condivide la missione (impossibile) di restare vivo dopo essere precipitato in elicottero al Polo Nord. Da Hannibal a Doctor Strange, l’attore danese ha ormai abituato il pubblico ad una lunga serie di trasformazioni (e sorprese, vedi il video di Rihanna, Bitch Better Have My Money). Serio, imperturbabile, Mikkelsen domina la scena con una presenza imponente e a tratti inquietante. Sorride di rado, calibra le parole e si sbilancia poco. Quando lo fa però, il risultato vale l’attesa.
I FILM DEL CUORE «Il mio film preferito? Apocalypse Now, Cantando sotto la pioggia… la mia lista potrebbe continuare all’infinito. E dentro ci metto pure la filmografia completa di Bruce Lee. Al primo posto però rimane, indiscutibilmente, Taxi Driver. Da un lato credo che il film di Scorsese mi abbia ispirato a diventare attore, dall’altro mi ha mostrato le facce del Bene e del Male, spingendomi a prendere posizione. Ad un certo punto mi sono reso conto di amare e odiare il cattivo, transitando attraverso varie gamme di emozioni nei confronti di un unico personaggio. Ecco, i ruoli che cerco devono essere sempre in grado di mostrare due lati della stessa medaglia».
IL FUTURO «La regia? No, per il momento non ci penso. Forse quando il pubblico si stuferà di vedere il mio faccione mi deciderò a passare dietro la macchina da presa. Credo, in tutta onestà, di aver imparato tanto, anche solo guardando i registi con cui ho lavorato. Non ho mai incontrato qualcuno che mi dicesse solo: «Mads, spostati qui, muoviti di là». Al contrario: mi hanno sempre coinvolto nel processo creativo. Quindi per ora la mia curiosità è soddisfatta».
ARCTIC «La storia di un uomo che non vuole morire da solo. Vuole qualcuno che gli tenga la mano in punto di morte, una riflessione che mi ha colpito subito. Sono contento di aver partecipato a questo progetto che mi ha messo molto alla prova. In Arctic non si parla quasi per nulla al punto che, se il protagonista si rivolge a se stesso, sente l’eco che gli rimbomba con sconfortante forza intorno, nella natura. Abbiamo voluto lasciare fuori molti dettagli privati. Sappiamo che il mio personaggio ha una relazione conflittuale con il padre, ma abbiamo puntato sul silenzio e sulla fisicità per far trasparire lo spettro di emozioni che si porta dentro».
LA CUCINA «Il mio più grande difetto credo sia di non saper lasciare andare le situazioni, soprattutto quelle dolorose. Ma ci sono molti campi in cui sono un dilettante, ma certo non voglio confessarli tutti proprio qui. Il mio tallone d’Achille? Probabilmente resta la cucina: a parte qualche piatto thai non me la cavo egregiamente. C’è anche chi mi ha chiesto se me la cavassi con la breakdance. Ebbene sì, so fare anche quella. E ora che mi sono stato in Islanda per Arctic posso dire che sono anche diventato un pescatore provetto. O quasi».
IL SET «Di solito quando sono sul set dimentico di mangiare. Ora ci sto più attento perché su quello di Arctic per un calo di zuccheri, dato che quel giorno avevo saltato anche la colazione, ho mangiato quella che credevo essere una caramella e che invece si è rilevata essere una cosa piccante che mi ha steso. Insomma ho affrontato una sfida inattesa. Dopo il freddo e soprattutto dopo l’orso polare, che ho scoperto essere un esemplare di femmina gelosissima, una vera e propria diva».
LE SCELTE «Credo ci sia una grossa differenza tra sopravvivere e sentirsi vivi. E Arctic lo mostra. In questi diciannove giorni di riprese, con molte “buona la prima” per via delle condizioni meteorologiche, ho sperimentato cosa voglia dire trovarsi in condizioni estreme. Di solito nei survival movie i protagonisti fanno scelte improbabili, che fanno saltare il pubblico sulla poltrona e gridare: “No, non farlo!”. Ecco, stavolta io per primo mi sono chiesto cosa avrei fatto nei panni del protagonista e ho capito che serve buonsenso per restare vivi…».
- Qui la reazione del pubblico di Cannes alla proiezione di Arctic:
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