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La Storia Infinita | Wolfgang Petersen, Steven Spielberg e i quarant’anni di un cult

Noah Hathaway e Barret Oliver, il romanzo di Michael Ende, il successo. Riscoprire un mito

Atreju, Falkor e la magia senza tempo di La Storia Infinita di Wolfgang Petersen, cult del 1984
Atreju, Falkor e la magia senza tempo di La Storia Infinita di Wolfgang Petersen, cult del 1984

ROMA – Gli amanti del genere fantasy lo sanno già: La storia infinita di Michael Ende è un classico della letteratura per ragazzi. Pubblicato per la prima volta nel 1979 a Stoccarda, dalla Thienemann Verlag (in Italia a cura di Longanesi editore nel 1981), il romanzo ha venduto oltre 10 milioni di copie nel mondo. Un’opera nata per caso quella di Ende, da un’intuizione del suo editore, Hansjörg Weitbrecht, che lo mise alle strette chiedendogli di consegnare un nuovo romanzo entro la fine dell’anno. Siamo nel 1977. Rispolverò allora una vecchia idea, quella di un romanzo su: «Un bambino che, leggendo una storia, si ritrovava letteralmente all’interno della storia stessa, riuscendo ad uscirne solo con grandi difficoltà». Più si addentrava nella storia, però, più Ende si rese conto che l’espediente al centro del racconto ne era diventato la sua (dolce) rovina.

La storia infinita di Wolfgang Petersen è stato distribuito nei cinema tedeschi il 6 aprile 1984
La storia infinita di Wolfgang Petersen è stato distribuito nei cinema tedeschi il 6 aprile 1984

La trattazione, infatti, acquistava sempre più spessore e grandezza. Da qui un’altra intuizione. Un finale aperto, in modo da stimolarne lo sviluppo seriale: «Ne La storia infinita era così che non avevo idea di dove fosse l’uscita di Fantàsia. Il libro sarebbe dovuto uscire già un anno prima. L’editore aveva organizzato le stampe, la carta era già pronta e mi chiamava continuamente per chiedermi: Quando me lo consegnerai finalmente?, e io dovevo sempre rispondere: Non posso darti niente, Bastian (il personaggio/lettore) non torna più indietro. All’inizio era asociale e ostinato, che si chiudeva al mondo. Poi mi resi conto, mentre ero già a metà del libro, che sicuramente non sarebbe tornato indietro. Così la storia non giungeva a conclusione. Cosa devo fare? Devo aspettare il momento giusto, quando emergerà dal personaggio stesso la necessità di ritornare, e per questo diventò quest’odissea».

Noah Hathaway in una scena del film
Noah Hathaway in una scena del film

Circa un anno dopo la pubblicazione del libro, il produttore Bernd Eichinger della Neue Constantin Films ottenne i diritti di utilizzazione economica per l’adattamento cinematografico da Ende per una cifra irrisoria: 50.000 marchi più la possibilità, per lo scrittore, di risultare accreditato come co-sceneggiatore. Manco a dirlo, lì per lì sognò in grandissimo Ende, immaginando uno fra Andrzej Wajda e Akira Kurosawa alla regia. Nessuno dei due. Dapprima Eichinger pensò a quel Helmut Dietl fresco del successo di It Can Only Get Worse del 1979, per poi passare al ben più rodato Wolfgang Petersen che a quel tempo aveva già scosso il mondo con il suo capolavoro: U-Boot 96, del 1981. Ben presto, quello che per Ende sembrò essere il coronamento di un sogno, si trasformò in un incubo. Petersen, infatti, lavorò per conto suo riscrivendo lo script e consultandolo di rado.

Tami Stronach in un momento de La storia infinita
Tami Stronach in un momento de La storia infinita

Intanto, la Neue Constantin Films stanziò un budget monstre di 50 milioni di marchi (quasi 27 milioni di dollari all’epoca) che rese La storia infinita il più costoso film prodotto all’infuori degli Stati Uniti e dell’ex-URSS. E infatti, tanto fu l’attesa creatasi intorno al film, che quando fu distribuito nelle sale tedesche il 6 aprile 1984, oltre 5 milioni di spettatori andarono al cinema. In appena un solo giorno di programmazione il film incassò quasi 20 milioni di marchi: concluderà la corsa al botteghino a 100 milioni di marchi. Parallelamente, i malumori di Ende arrivarono al punto di rottura quando si rese conto che Petersen si era discostato, e di molto, con il suo script dal materiale originale. O per meglio dire: si ispirò al romanzo per prendere poi tutt’altra direzione. Non tanto nella componente meta-linguistica di quel Bastian (Barret Oliver) lettore/coscienza del racconto. Quella funziona e parecchio.

Quella scena...
Quella scena…

Rivisto a quarant’anni di distanza, La storia infinita (lo trovate su Prime Video) colpisce proprio nel modo in cui l’intreccio va a sguinzagliare i binari narrativi di Atreju (Noah Hathaway) e Bastian, e di come Petersen li armonizzi nello sviluppo del racconto, dapprima facendoli sfiorare appena, per poi farli aderire completamente l’uno all’altro sino a renderli una cosa sola nel climax. L’espediente è eccezionale perché permette ai due archi di trasformazione di entrare in simbiosi e in crescita armonizzata. I dolori di uno, sono i dolori dell’altro, la mancanza di fiducia dell’uno si rispecchia nell’altro, e quindi la gioia, la tristezza, il coraggio. Con esso, Petersen gioca di accorgimenti e meta-suggestioni in modo da esaltare al massimo il cuore del racconto letterario Ende, ovvero, de La storia infinita come super-amplificazione esplicitata del potere taumaturgico dell’arte.

Barret Oliver in una scena de La storia infinita
Barret Oliver in una scena de La storia infinita

Da una parte l’approdo a Fantàsia di Bastian così da rifugiarsi nel mondo straordinario per lenire il dolore del lutto materno, di un padre oppressivo e di inadeguatezza verso gli altri, perlopiù bulli, dall’altra il classico viaggio dell’eroe di Atreju nella stessa Fantàsia con cui guadagnarsi l’onore di guerriero e il rispetto della comunità, nonostante la giovane età. Il problema, però, è che Petersen personalizzò il racconto al punto da prendersi delle licenze poetiche che secondo Ende travisarono del tutto il senso stesso de La storia infinita. Lo script del film, infatti, si basava solo sulla prima metà del romanzo originale. Era incompleto, esattamente come l’opera letteraria, con la differenza che il finale aperto nella fattispecie di La storia infinita si prestava poco alla trattazione cinematografica. Serviva una chiusura, o quantomeno, qualcosa che assomigliasse a una chiusura.

Mordiroccia, una delle tante creature bizzarre de La storia infinita
Mordiroccia, una delle tante creature bizzarre de La storia infinita

Petersen immaginò quindi Bastian in sella a Falkor di ritorno nel mondo reale per vendicarsi dei bulli che lo avevano tormentato all’inizio del film. E questo a Ende non piacque per niente. Ma non tanto il fatto che qualcuno di Fantàsia si intrufolasse nel mondo reale, piuttosto il modo in cui Bastian si trovò attratto da Fantàsia. Nel romanzo originale, infatti, Bastian non è mai stato veramente a Fantàsia, finendo con il perdersi nella sua stessa immaginazione. Petersen, con La storia infinita, ha voluto alzare il tiro dell’esplicitazione del potere taumaturgico dell’arte fino a rendere di carne e magia Fantàsia, non lasciandola unicamente su carta. E per quel che vale, la scelta funziona in termini cinematografico-narrativi. Non per Ende però, che dapprima chiese a Eichinger di cambiare nome al titolo del film, per poi chiedere la sospensione stessa della lavorazione.

Una scena del film
Una scena del film

Arrivò perfino a intentare loro causa Ende, senza successo. Il risultato fu che, non solo non fu citato nei credits, ma lo stesso script ha finito con l’essere presentato come originale e non derivato. Ovviamente non le mandò a dire lo scrittore tedesco che definì il La storia infinita cinematografico come: «Un gigantesco melodramma commerciale fatto di kitsch, peluche e tanta plastica». E non è necessariamente un male, perché parte del fascino e della sua magia filmica risiede proprio nell’artigianalità e nelle imperfezioni che ne hanno edificato intorno un’aura di cult impareggiabile. Anche negli Stati Uniti, dove il film fu opportunamente impacchettato da quello Steven Spielberg demiurgo della Hollywood postmoderna per ragazzi, che contribuì al montaggio e al marketing per il mercato americano. Oltreoceano ci arrivò grazie alla Warner Bros che lo scelse come pellicola di punta per l’estate 1984.

Nei cinema italiani La storia infinita fu distribuito il 6 dicembre 1984
Nei cinema italiani La storia infinita fu distribuito il 6 dicembre 1984

Precisamente, il 20 luglio 1984, data in cui sarebbe dovuto uscire lo (s)cult della DC Comics Supergirl – La ragazza d’acciaio di Jeannot Szwarc, poi spostato a 21 novembre dello stesso anno. Entrambi si rivelarono delle scelte infelici al box-office statunitense, ma poco importa. Nel caso de La Storia Infinita è il retaggio quarantennale a parlare, la sola venerazione dei Duffer Brothers di Stranger Things e l’omonima canzone scritta da Limahl valgono l’immortalità artistica, il resto è storia del cinema.

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