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La marcia di Sean Penn, Bruce Springsteen e le riflessioni di Dead Man Walking

L’umanità ritrovata e il sistema penale: Legal Corn e gli insegnamenti del cult di Tim Robbins

MILANO – Può far male riguardare Dead Man Walking, ma è salutare. Quell’ultima mezz’ora in cui le speranze di vivere del condannato a morte Matthew Poncelet si esauriscono del tutto ed è costretto a dire addio a sua madre, ai fratelli e alla donna scelta come “consigliere spirituale”, la suora Helen Prejean, rimane un pugno nello stomaco fin troppo bene assestato, anche ventitré anni dopo. Il film di Tim Robbins ha il merito di schierarsi, evitando fraintendimenti: Poncelet è colpevole, insieme a un complice ha ucciso brutalmente una coppia di fidanzati, dopo aver violentato la ragazza. Quello che interessa a Robbins però è altro: riflettere sulla necessità della pena di morte, contraria a qualsiasi sistema penale democratico. La finalità della pena dev’essere punitiva? No, retributiva e riabilitativa.

Sean Penn e Susan Sarandon in una scena di Dead Man Walking.

La morte di Poncelet comporterà altro dolore e non riporterà in vita i ragazzi che ha ucciso. I genitori delle vittime si illudono che giustizia sia stata fatta secondo un’errata interpretazione della Legge del Taglione, in realtà appagano esclusivamente il loro istinto di vendetta. Non si confrontano con le parole di Gesù, ricordate più volte da Helen: «Ogni persona vale più della sua peggior azione». Nell’avvicinarsi all’esecuzione, la donna riesce a far emergere qualche granello di umanità da parte dell’omicida, confrontandosi sugli affetti, la fede e sul significato dell’amore.

Sean Penn è il condannato a morte Matthew Poncelet.

Ciononostante, il tono di Dead Man Walking (lo trovate su Prime Video e Apple Tv+) non è consolatorio e non assolve la figura di Poncelet, ritratto come un nazistello confuso, che non è stato in grado di emanciparsi dall’ambiente di povertà e desolazione in cui è cresciuto. Dove la pietà umana dello spettatore diventa un sentimento insostenibile è nella preparazione emotiva alla morte, che s’instaura a partire dalla relazione con la donna, e che contrasta con la disumana naturalezza e l’organizzazione meccanica con cui la giustizia americana permette di uccidere, a sua volta.

Dead Man Walking forse è ancor più importante e necessario che bello, è un cinema politico e civile che azzera le sfumature. Si avvale di una delle più dolorose interpretazioni di Sean Penn della sua carriera (miglior attore a Berlino) e di una Susan Sarandon, vincitrice dell’Oscar per il ruolo, che indossa gli abiti della carità cristiana con passione e ostinazione. Per la colonna sonora, hanno collaborato alcuni tra i più grandi musicisti e poeti americani del Novecento: Eddie Vedder, Bruce Springsteen (potete vedere il video qui sopra), Tom Waits, Johnny Cash, Suzanne Vega, Patti Smith. E si sente: la canzone omonima del Boss nei titoli di coda dà il colpo di grazia definitivo alle nostre resistenze.

Se volete (ri)vedere il film lo trovate su CHILI

Qui le altre puntate di Legal Corn:

  • LegalCorn #1: Testimone d’accusa: Billy Wilder e Agatha Christie in tribunale
  • Legal Corn #2La parola ai giurati: Henry Fonda a lezioni di giustizia 
  • Legal Corn #3: Il cliente: John Grisham e Susan Sarandon avvocato
  • Legal Corn #4: Anatomia di un omicidio: la rivoluzione di James Stewart
  • Legal Corn #5: Il socio: l’avvocato Tom Cruise e quella missione impossibile
  • Legal Corn #6: Sleepers e un procuratore di nome Brad Pitt
  • Legal Corn #7Paul Newman e il giornalismo: Diritto di cronaca

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