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L’angelo ribelle | Emir Kusturica, Peter Handke e quelle pagine sulla libertà

Il nuovo libro del regista? Una difesa intellettuale, ma anche una riflessione politicamente scorretta

Emir Kusturica
Emir Kusturica in una scena del suo ultimo film, On the Milky Road - Sulla via lattea.

ROMA – Nel 2019, lo scrittore, drammaturgo e saggista austriaco Peter Handke – celebre per il sodalizio con Wim Wenders – si trova a Stoccolma per ricevere il Nobel per la letteratura tra molte polemiche a causa della presunta vicinanza alla politica del dittatore Slobodan Milošević. Con lui, un gruppo di amici, tra cui Emir Kusturica, da sempre non allineato con il pensiero comune. Da qui inizia la narrazione de L’angelo ribelle, terzo libro del regista, ma a tutti gli effetti primo romanzo –  dopo l’autobiografia Dove sono in questa storia e la raccolta di racconti Lungo la Via Lattea – che ora arriva in tutte le librerie e store digitali grazie a La Nave di Teseo e che porta il lettore da Stoccolma alla Serbia, tra la Spagna e il Kosovo, tra pensieri e illuminazioni, nel tempo e nello spazio.

L'angelo ribelle
La copertina de L’angelo ribelle di Emir Kusturica.

Un’avventura letteraria su scala mondiale quella de L’angelo ribelle, che racconta di due uomini, due amici, due ribelli – un regista e un narratore – che si inseguono, che si rincorrono, che si conoscono e ri-conoscono nel segno dell’amore e della verità, ma soprattutto, nel coraggio di vivere fino in fondo la propria arte. A tutti i costi. Ne esce così un romanzo che è un intero mondo fatto di prosa colorata e meticolosa, ricca di immagine poetiche, ragionato esattamente come fosse un film. E infatti alla regia letteraria non a caso c’è lui, due volte vincitore della Palma d’oro (Papà è in viaggio d’affari, Underground) e Leone d’argento per la regia (Gatto nero, gatto bianco) che struttura l’impalcatura del volume oscillando in montaggio alternato, tra il racconto biografico e l’invenzione letteraria, presente e passato narrativo.

Una scena di Gatto nero, Gatto bianco di Kusturica, vincitore del Leone d'argento a Venezia39 come citato in L'angelo ribelle
Una scena di Gatto nero, Gatto bianco di Emir Kusturica, Leone d’argento a Venezia nel 1998.

L’impronta di Kusturica permette così al lettore di vagare tra le maglie de L’angelo ribelle, nelle memorie del tempo e della vita dell’autore passando, attraverso il filo conduttore del falco come segno benevolo di un destino felice che lava via la sfortuna secondo la tradizione folkloristica serba, anche attraverso ovvie suggestioni cinematografiche: «Spartacus, Rocco e i suoi fratelli, Andrej Rublëv, Il cielo sopra Berlino, Taxi Driver. I film e i libri, se sono opere di valore artistico, ci conducono sempre sulla pista della trascendenza, là spariscono gli schemi del tempo». Non mancano ovviamente nemmeno le confessioni a cuore aperto: «Il legame di Peter Handke con la sorte del popolo serbo ha rappresentato l’atto di un uomo amante della giustizia, la difesa di un popolo umiliato e percosso e, senza dubbio, è stata un’utopia degna del Don Chisciotte di Cervantes».

Come raccontato ne L'angelo ribelle, Spartacus di Stanley Kubrick fu la prima visione cinematografica di un giovane Kusturica
Spartacus di Stanley Kubrick fu la prima visione di un giovane Emir Kusturica

Ne emerge, in tal senso, un L’angelo ribelle politicamente scorretto ma umanamente giusto in difesa di Handke e, di riflesso, della libertà di espressione e della libertà dell’arte. In Handke infatti Kusturica – che qualche anno fa incontrò anche Putin ed è stato al centro di una serie di polemiche l’anno scorso perché accusato di essere filorusso – riconosce le qualità del grande scrittore e artista: «Questo libro è dedicato a un uomo che non solo ha creato libri al di fuori degli schemi storico-sociali che possono essere micidiali per la comunità umana, ma che ha anche collocato tutta la sua vita nel regno della lingua, che non ha accettato di essere un corridore, ma ha passeggiato attraverso la vita e ha scritto i suoi libri al ritmo dei propri passi». Ma soprattutto le qualità dell’uomo buono, pronto a sacrificarsi per i più deboli per dei principi in cui crede ciecamente.

Una scena di Underground, Palma d’oro a Cannes nel 1995.

Ecco, L’angelo ribelle è una doppia, anzi, tripla, riflessione sull’Handke-pensiero, su Kusturica stesso che apre il proprio cuore nell’auto-riflessione catartica resa possibile dall’arte e, soprattutto, sulla condizione del popolo serbo: «Nei programmi televisivi e in articoli velenosi veniva trasmessa in Occidente un’immagine deformata della guerra in Serbia. Un uomo non deve essere necessariamente un grande scrittore, ma è indispensabile che sia qualcuno per rendersi conto che il bombardamento sulla Serbia del 1999 non fu fatto per intenti umanitari. Quello fu non solo un atto di distruzione della cultura cristiana occidentale ma anche l’annuncio dell’avvento del post-umanesimo». Il resto toccherà al lettore scoprirlo, ma ovviamente, in puro stile Kusturica, non è una lettura che lascia indifferenti, anzi. In tempi di pensiero unico, la sua voce rimane sempre e comunque fuori dal coro…

  • INTERVISTE | Emir Kusturica: «Io e il mio Pepe Mujica»
  • REVISIONI | Rivedere Underground di Kusturica oggi 

VIDEO | Emir Kusturica e i suoi No Smoking sul palco:

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