MILANO – Amicizia, amore, tradimento, guerra civile. Ancora oggi, forse ancor più oggi, Underground rimane un’opera travolgente e – a distanza di ventinove anni – appare sempre più chiaro perché sia uno degli ultimi film del Novecento a possedere un respiro epico. Quel respiro per cui amiamo il cinema e le sue storie. Con tutti gli accorgimenti del caso, il quinto film di Emir Kusturica è praticamente il suo C’era una volta in Jugoslavia: perché, come nel capolavoro di Sergio Leone, in Underground adottiamo i protagonisti come specchi del nostro vivere, e seguiamo il loro percorso narrativo con lo stesso trasporto con cui ci facciamo coinvolgere dai romanzi memorabili della nostra crescita.

Il regista, bosniaco di nascita ma serbo per scelta – distinzione fondamentale per capire anche il sentimento politico di Kusturica – realizza uno degli esempi più riusciti di fusione tra particolare e universale, tra privato e pubblico. Perché nel racconto geniale, eccessivo e pirotecnico delle vicissitudini degli amici-nemici Blacky e Marko e della bella attrice Nataljia, di cui entrambi sono innamorati, si attraversano decenni di vicende di un Paese dapprima occupato dall’esercito nazista, e poi dilaniato da una guerra interna che rappresenta l’espressione della ferocia autodistruttiva dell’animo umano, costantemente vittima dei suoi istinti.

Un’ubriacante giostra che alterna vitalità, gioia e amore alle bassezze insite negli uomini: Kusturica incide un autentico inno visivo e musicale (trascinante e fondamentale da questo punto di vista la colonna sonora di Goran Bregović, ormai diventata un classico del genere gypsy) alle infinite bellezze della vita, ma nello stesso tempo è un sognatore visionario che con i suoi personaggi esce sconfitto dal corso della Storia. Proprio come l’illusione di una Jugoslavia unita e riappacificata.

Il film fu presentato a Cannes nel 1995 e trionfò (meritatamente) in un’edizione di altissima qualità: era l’anno di Dead Man di Jim Jarmusch, de L’odio di Mathieu Kassovitz, de I soliti sospetti di Bryan Singer e di Terra e libertà di Ken Loach. Tuttavia, non mancarono polemiche per l’assegnazione della Palma d’oro a Kusturica, accusato di essere un nostalgico comunista e un propagandista. La risposta? Sempre la stessa: «Sono stato attaccato esattamente per ciò contro cui combattevo, ossia la totale e definitiva follia che esiste ancora nella ex Jugoslavia». Quel che è certo è che Emir ha un grande nemico: il nazismo. Questo non lo nasconde: in uno dei passaggi più intensi di Underground, non dimentica di omaggiare la sua adorata Belgrado, città simbolo della Resistenza. Un film che oggi è più attuale di ieri.
- SOUNDTRACK | Qui un brano dello score di Goran Bregović.
Lascia un Commento