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James Franco e gli altri: gli esclusi eccellenti dell’Oscar

Fuori anche Spielberg, Jolie, Tom Hanks e Oltre la notte di Fatih Akim tra le pellicole straniere

Se non fanno notizia le nomination di Frances McDormand, Gary Oldman e l’incetta di candidature – ben tredici – per The Shape of Water, rispetto ai Golden Globe questa volta escono dalla cinquina tre veterani come Ridley Scott, Steven Spielberg e proprio Martin McDonagh per Tre manifesti a Ebbing, Missouri, a favore di Greta Gerwig per Lady Bird, Paul Thomas Anderson per Il filo nascosto e, a sorpresa, Jordan Peele per Get Out. Niente di fatto nemmeno per Denis Villeneuve e il suo Blade Runner 2049, che però viene candidato per montaggio sonoro, suono, scenografia, fotografia e effetti speciali. In compenso, ecco Dunkirk e la prima nomination da regista per Christopher Nolan. Diciotto anni dopo Memento. Meglio tardi che mai.

Angelina Jolie sul set di Per primo hanno ucciso mio padre, che trovate su Netflix.

Nessun attore protagonista di commedie – come spesso accade agli Oscar – entra nei cinque candidati come miglior attore e a pagare per tutti è James Franco e il suo The Disaster Artist. Grandi esclusi anche Armie Hammer – che era molto quotato per Chiamami col tuo nome – e Tom Hanks che in The Post in realtà è molto più efficace di Meryl Streep, nuovamente in nomination, e ora sono ventuno. Nulla da fare per la Helen Mirren di Ella & John, ma tra gli esclusi eccellenti c’è da annotare anche Angelina Jolie con il suo Per primo hanno ucciso mio padre nella categoria miglior film straniero, categoria che inoltre dimentica stranamente anche Oltre la notte di Faith Akin, scelta che lascia abbastanza basiti vista la recente vittoria al Golden Globe.

Fatih Akim, Diane Kruger e Numan Acar sul set di Oltre la notte, in sala a marzo.

Insomma, giunta al novantesimo compleanno, l’Academy non smette di stupire. Certo, non era compito facile per gli ottomila aventi diritto al voto dell’Academy of Motion Pictures Arts and Sciences riuscire a calibrare perfettamente tutte le nomination in un momento storico difficile come questo. In un clima profondamente turbato, Hollywood si è ritrovata, mai come quest’anno, a dover fare i conti con minoranze e equilibri, politici e non. Eppure, nella mattina che segue la Women’s March finiscono fuori (ancora) Bigelow, Patty Jenkins, Sofia Coppola e Dee Rees. Viene da pensar male: è per calibrare Kaluuya, Denzel Washington, Peele presenti come migliori attori e miglior regia? O peggio: sono escluse e meritevoli, oppure doveva essere una scelta obbligata?

Patty Jenkins e Gal Gadot sul set di Wonder Woman.

Sotto questa prospettiva, i grandi esclusi acquistano così una luce strana, al limite del sacrificio politico, un do ut des che vede molti punti fermi, quasi scontati, e tanti rimescolamenti, soprattutto se guardiamo ai recenti Golden Globe. Il grande dubbio – o la grande paura – è che questo sottile gioco al perbenismo e al politically correct a tutti i costi, conduca poi esclusivamente a una generale penalizzazione dei film. A discapito di tutti.

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