ROMA – Si sa, il grande carro è una costellazione, ma non solo, perché in questo caso è anche un teatro di marionette. Ecco, questa è la storia di una famiglia di burattinai composta da tre fratelli, Louis, Martha e Lena, e da loro padre, che dirige la compagnia. Non solo: c’è anche la nonna che realizza le marionette. Tutti uniti formano una compagnia e mettono in scena spettacoli di burattini, almeno fino a quando, dopo uno spettacolo, il padre muore di ictus, lasciando soli i suoi figli. Philippe Garrel riparte da qui con Il Grande Carro, presentato in concorso alla Berlinale 73 e Orso d’Argento per la regia, disponibile in esclusiva su Rarovideo Channel (che trovate sia su Prime Video che su The Film Club) dopo il passaggio al cinema in Italia dello scorso settembre, a oltre quattro anni dall’ultimo film del regista francese.
Un’opera, Il Grande Carro, vista come un’occasione irripetibile per Garrel: «Volevo fare un film con i miei tre figli Esther, Léna e Louis, che in questi ultimi anni, uno dopo l’altro sono diventati attori, diretti da altri registi. Mi rendo conto che raffigurare la propria famiglia è un piacere solitamente riservato ai pittori. Dato che i miei figli hanno 32, 38 e 40 anni, ho dovuto trovare un motivo per portarli insieme in scena alle loro rispettive età». Non la prima volta però che Garrel-padre dirige i suoi figli. Louis, ad esempio, è al settimo film con suo padre Philippe (Les baisers de scours, Les Amants réguliers, La frontière de l’aube, Un été brûlant, La gelosia e All’ombra delle donne i precedenti).
Esther invece, la minore dei tre, ironicamente è proprio al terzo lavoro con lui (Innocenza selvaggia, La gelosia). Per Léna invece, la figlia di mezzo, Il Grande Carro è l’esordio assoluto assieme al padre (oltre che con i suoi fratelli). Non deve sorprendere sapere, in tal senso, come Garrel-padre abbia scelto una storia vicina a lui, toccante, che affonda le radici sin nei cassetti della memoria: «Ho deciso di rappresentare una famiglia di burattinai, che esistono ancora oggi. Quando sono nato, prima che diventasse attore, mio padre era un burattinaio nella compagnia di Gaston Baty. Quando ero ragazzo, questi artisti erano molto poveri, ma io li consideravo dei Re. Il mio padrino, Alain Recoing, si esibiva nella compagnia».
Da qui l’esigenza al centro de Il Grande Carro: «Volevo fare un film che, sebbene nato dalla mia immaginazione, somigliasse anche a un documentario su questo mestiere. Nella disgregazione di una compagnia di burattinai, vedo la metafora di un mondo dove le tradizioni stanno morendo». Non nella narrazione di Garrel, il cui concatenamento di tasselli apre un intero mondo di esistenze tra fiaba e realtà, progresso e memoria, fatto di unità familiare, complicità, piccoli gesti, dolore, amore, fine e nuovi inizi. E lo fa con leggerezza, semplicità, cura certosina di dettagli cromatici di costruzione d’immagine. Ma soprattutto con una libertà creativa commuovente, prerogativa assoluta dei maestri di cinema. Un piccolo, grande, film tutto da scoprire.
- OPINIONI | L’innocente, Louis Garrel in bilico tra finzione e realtà
- OPINIONI | La Crociata, una commedia ecologista per Louis Garrel
Qui sotto potete vedere il trailer del film:
Lascia un Commento