ROMA – La sessantenne Sylvie (Anouk Grinberg) si sposa con il galeotto Michel (Roschdy Zem) e dopo la scarcerazione dell’uomo i due cominciano finalmente a vivere la loro vita insieme. Ma Abel (Louis Garrel), il figlio di Sylvie, è convinto che il nuovo patrigno tornerà presto a dedicarsi al crimine e comincia a spiarlo. Con l’aiuto della sua migliore amica Clémence (Noémie Merlant) scoprirà però che le cose sono molto peggio di così. Questa la sinossi de L’innocente, scritto, diretto e interpretato da Louis Garrel che, dopo essere stato presentato fuori concorso a Cannes, arriva ora nei cinema italiani grazie a Movies Inspired e BiM Distribuzione.
Ultima tappa del cammino filmico del suo alter-ego Abel dopo i precedenti de Due amici, L’uomo fedele e La crociata (di cui potete leggere qui la nostra recensione), L’innocente è il primo film del ciclo – escluso Due amici – in cui Garrel non ha collaborato per la stesura dello script con il grande sceneggiatore e scrittore Jean-Claude Carrière, scomparso nel 2021. Qui è tutta farina del sacco di Garrel che, dopo averlo redatto, fece leggere a Carrière il draft definitivo per avere un parere. Lui, all’età di ottantanove anni, si limitò a compiere giusto un paio d’annotazioni tra cui citiamo il gattino che, nella scena del cimitero, lecca la scarpa di Abel e mangia il caviale (scena non da poco).
L’innocente è un’opera insolita, di buon ritmo, una sorta di neo-noir romantico con contaminazioni comedy e thriller che nella costruzione sempre crescente di tensione e sospetto – resa possibile da una regia misurata, asciutta, attenta a non disperdersi in orpelli e fronzoli – porta il film a dischiudere tutta la sua carica narrativa propulsiva nella forma di un cupissimo heist movie per raccontare di scelte, di follie d’amore e soprattutto di vita, come il privato dello stesso Garrel, qui rielaborato e reso catarsi per ragioni filmiche: «Il punto di partenza della trama? La storia vera di mia madre Brigitte Sy che per vent’anni ha condotto laboratori teatrali in carcere…».
Al pari della fragile e romantica Sylvie anche la Sy si è sposata in carcere in un gioco di simbiosi narrativa tra realtà e finzione: «Si, si è sposata in prigione e devo dire di essermi trovato bene con il mio patrigno, mi ha aperto le porte di un mondo che non conoscevo: è sempre divertente vedere due mondi che si scontrano». E allora ecco un’opera che, a conti fatti non è null’altro che la storia di un matrimonio dal punto di vista di un figlio, come detto da Garrel, ma non è l’unica versione dei fatti in forma filmica. La stessa Sy infatti aveva già raccontato di quest’unione attraverso il registro del dramma puro nel suo Les mains libres del 2010 con protagonisti Ronit Elkabetz e Carlo Brandt.
Il cuore de L’innocente però sono gli scambi dialogici mai banali della coppia Abel-Clémence che nel prendere per mano la narrazione aderiscono perfettamente al graduale cambio di registro al punto da deciderne le sorti in modo improvviso, spiazzando lo spettatore con poche, semplici, battute, quasi come prendessero parte ad un film-nel-film. La differenza la fa Noémie Merlant, un mix assoluto di leggerezza e profondità da cui Garrel rimase ipnotizzato dopo averla ammirata tra Ritratto di una giovane in fiamme e Parigi, 13 Arr. «C’è qualcosa di clownesco in lei, dopo averla vitsa al cinema dovevo lavorarci, dovevo farlo emergere». Un film assolutamente da non perdere per tutti gli amanti del buon cinema europeo (e non) e delle grandi storie.
- OPINIONI | Le vele scarlatte, una favola al femminile
- VIDEO | Garrel: «Il mio film ecologista tra presente e satira»
- OPINIONI | Parigi, 13. Arr, Noémie Merlant e un affresco generazionale
Qui sotto potete vedere il trailer del film:
Lascia un Commento