ROMA – Un discorso amoroso che si fa (anche) erotico, mentre sullo sfondo appare e scompare un mondo in continua evoluzione che, spietatamente, ci spinge quotidianamente al cambiamento. Tutto è più fluido, tutto è più sfocato e sfuggente. Le relazioni, gli sguardi, le connessioni umane e quelle digitali. Che, spesso e volentieri, corrono sullo stesso binario. E di relazioni se ne intende eccezionalmente bene Jacques Audiard, che sceglie come principio Killing and Dying (Morire in piedi, edito da Rizzoli), ovvero tre collezione di racconti a fumetti firmati da Adrian Tomine, apprezzato fumettista e vignettista del New Yorker. Un materiale di partenza rivisto dal regista in chiave europea, spostando il fuoco della storia nel 13° arrondissement di Parigi, tra gentrificazione, torri di granito e un richiamo alle Olimpiadi invernali del ’68, di cui il quartiere porta il nome che da il titolo al film, Les Olympiades, diventato in Italia Parigi, 13 Arr. (lo trovate su CHILI).
Tenendo ben a mente il desiderio di realizzare una sorta di rivisitazione de La Mia Notte con Maud di Éric Rohmer, per stessa ammissione del regista, Parigi, 13 Arr. è una stratificata conversazione sull’amore fatto dalla carne e dalle parole, dalle ossessioni e dal desiderio di una seduzione perpetua che porterebbe ad una conoscenza approfondita di sé. Per mettere in moto il film, proiettando i principi narrativi ed estetici, una domanda: cosa è, oggi, l’amore? Un filo narrativo che lega saldamente tre ragazze e un ragazzo, nel mondo in bianco e nero filtrato dalla fotografia di Paul Guilhaume. Émilie (Lucie Zhang), tra un lavoretto e l’altro, incontra Camille (Makita Samba), fascinoso professore che, però, finisce per innamorarsi (forse) di Nora (Noémie Merlant), che degli uomini, complice una serata sbagliata, proprio non si fida. Nora, intanto, per ammortizzare i suoi dubbi passa le serate in video-chat con l’altra protagonista del film, ovvero Amber Sweet (Jehnny Beth), cam-girl che le somiglia vagamente.
Se per Audiard il nocciolo di Rohmer appare una sorta di spirito guida, il regista che alla sceneggiatura è affiancato da Léa Mysius e, addirittura, da Céline Sciamma, intende fotografare i profili reali scivolati dietro Tinder, e costretti a ritagliarsi degli spazi via via sempre più angusti e precari, sintetizzando vita, sesso ed emozioni. Émilie, Nora, Camille, Amber sono, a loro modo, straordinari, e Audiard li segue e li osserva con la giusta cura, inserendoli in una spazio cinematografico che si sofferma a più riprese sulla loro intimità, sui loro godimenti, sulle loro pene, facendo da riverbero per quei disagi emotivi difficilmente risolvibili. La nostra società è impregnata dalle paure e dai timori – in cui il senso di casa e famiglia si è ormai disintegrato sotto il peso di una realtà scadente – ed è enfatizzata da una disillusione generale, affrontata dai personaggi di Audiard nell’unico modo possibile e immaginabile: hic et nunc.
Perché non c’è più tempo per pensare, non c’è più tempo per preoccuparsi delle conseguenze che possono derivare da un incontro fortuito, consumato in una manciata di minuti. L’affresco che ne fa dunque Audiard è quanto mai vibrante, lucido, fluttuante. Parigi, 13 Arr., tra l’altro presentato in Concorso a Cannes 2021, contraddice la cornice asettica di un quartiere parigino con la bellezza dei suoi protagonisti, anime perdute che cercano di improvvisare una dimensione che possa essere chiamata vita. Per farlo affrontano con coraggio il valore dell’esperienza, lanciandosi ad occhi chiusi in un traffico impazzito, in cui si mischiano erotismo, consapevolezze, contraddizioni. Belli e imperfetti, grazie al loro coraggio capiranno che la dimensione imposta non è per forza quella che meritano, e che ogni scelta e ogni bacio devono oltrepassare i confini della loro generazione.
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Qui il trailer di Parigi, 13 Arr.:
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