ROMA – Il dramma delle leggi razziali e della persecuzione antisemita vista dal punto di vista di una famiglia ebrea dell’alta borghesia di Ferrara: i Finzi Contini, che tentano di resistere al progressivo isolamento sociale grazie ai propri mezzi, decidendo di aprire le porte della loro splendida villa e dell’immenso parco ad una ristretta cerchia di amici, vittime, come loro, delle leggi razziali. Tra i campi da tennis e i prati della dimora si consumano in un tempo quasi sospeso gli amori e i drammi giovanili di Giorgio (Lino Capolicchio), Micòl (Dominique Sanda), Malnate (Fabio Testi) e Alberto (Helmut Berger), con il preludio delle atrocità della Storia e di una guerra ormai alle porte. Parte da qui Il giardino dei Finzi Contini di Vittorio De Sica, uscito nel 1971, poi vincitore dell’Oscar 1972 al Miglior film straniero nonché Orso d’Oro alla Berlinale 20.
Il film – ora disponibile in streaming su Minerva Classic che trovate sia su Prime Video che su The Film Club – è un libero adattamento del romanzo di Giorgio Bassani del 1962, a sua volta ispirato alla storia vera di Silvio Magrini, presidente della comunità ebraica di Ferrara dell’epoca, e della sua famiglia: la moglie Albertina, l’anziana suocera Elisa, la figlia Giuliana (non identificata, però, con la Micòl del romanzo) e il figlio Uberto. I Magrini abitavano nella villa ferrarese descritta ne Il giardino dei Finzi Contini. Il numero civico 76 di via Borgo Leoni, con il famoso giardino, il campo da tennis, perfino con il cane Jor. In seguito all’armistizio dell’8 settembre 1943 e all’occupazione nazista, subirono il destino di tanti altri ebrei italiani. Alla sceneggiatura collaborò attivamente Bassani, salvo poi abbandonare il progetto per incomprensioni con De Sica, al punto da chiedere di non esservi associato.
Un capolavoro, nel vero e puro senso della parola Il giardino dei Finzi Contini, capace di raccontare con naturalezza di simpatie e antipatie, gelosie e corteggiamenti, capricci e frivolezze, della purezza della gioventù e del tramonto del proprio tempo e di tutto ciò di cui la vita è fatta. Poi l’incedere della guerra come agente esterno disumano produttore di caos e l’illusione di una vita normale che va gradualmente a disgregarsi, scena dopo scena, di discriminazione in privazione, fino alla separazione e l’addio come unica soluzione possibile allo sterminio in atto. Elementi restituiti da De Sica in immagine attraverso iconografie sobrie e asciutte di gioia e di dolore, di grande impatto, che vanno a comporre un racconto giocato tutto di mezzi toni di vite sospese, evocativo di un passato storico che non possiamo assolutamente permetterci di dimenticare.
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Qui sotto potete vedere il trailer del film
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