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Il Gattopardo | La Sicilia, quel ballo infinito e la modernità di Luchino Visconti…

In attesa della nuova versione di Netflix, abbiamo rivisto il film. Che rimane ancora modernissimo

Il Gattopardo
Angelica & Tancredi: Claudia Cardinale e Alain Delon in una scena de Il Gattopardo.

ROMA – Un capolavoro che dura nel tempo? Sì, ma non solo, perché Il Gattopardo è questo, ma molto altro perché è cinema e cultura, passato e presente, ma anche il vecchio che fa spazio al nuovo, la vita e la morte. Sullo sfondo di una Sicilia all’indomani dell’unificazione italiana, assistiamo al tramonto della classe aristocratica, che porta alla nascita di quella borghese. La storia è decisamente nota, tratta dalle pagine di Tomasi di Lampedusa, ora in attesa del remake formato serie Netflix con Saul Nanni e Deva Cassel nel ruolo di Tancredi e Angelica. Eppure rivisto oggi Il Gattopardo è tutt’altro che datato e rimane una visione potente e rilevante con la figura del Principe di Salina (Burt Lancaster) che si riflette in quella dello stesso Visconti, all’epoca un uomo di 57 anni reduce da un altro capolavoro come Rocco e i suoi fratelli, perso in mezzo a cambiamenti epocali. «Noi fummo i gattopardi, i leoni. Chi ci sostituirà saranno gli sciacalli, le iene. E tutti quanti, gattopardi, leoni, sciacalli e pecore, continueremo a crederci il sale della terra…».

Il Gattopardo
Il ballo e la leggenda: Claudia Cardinale e Alain Delon.

Un film totale, prodotto da Goffredo Lombardo e musicato da Nino Rota, presentato a Cannes e premiato con la Palma D’Oro, registrando un clamoroso successo al botteghino in Italia, risultando campione d’incassi nella stagione 1962-1963 con un incasso di oltre 2 miliardi di lire dell’epoca, ma anche in Europa, non negli Stati Uniti però (e non è un caso). Ma cosa rende il film così speciale ancora oggi in un’epoca anni luce lontana che dovrebbe essere incomparabile? Molte cose e soprattutto i tanti temi affrontati, dalla politica all’amore, dalla gioventù alla morte, tra speranze e disillusioni. Gioventù rappresentata dalla coppia Tancredi e Angelica – ovvero Alain Delon e Claudia Cardinale, bellezza assoluta – che nei panni dei due innamorati entrarono nella storia del cinema grazie ad una chimica totale davanti alla macchina da presa. Una coppia diventata un simbolo, non a caso la stessa Cardinale il giorno della morte di Delon lo scorso agosto lo ha ricordato così: «Il ballo è finito. Tancredi è salito a ballare con le stelle. Per sempre tua, Angelica».

Il Gattopardo
Claudia Cardinale in un altro momento de Il Gattopardo.

Ed è proprio l’allusione a questi due personaggi a oltre sessant’anni dall’ uscita, che fa capire – nonostante i due avessero poi recitato insieme altrove – come sia stato importante per loro quest’opera e cos’abbia rappresentato. «L’amore? Già, certo, l’amore… Fuoco e fiamme per un anno, e cenere per trenta». Ma Il Gattopardo non è solo d’amore, Delon e Cardinale, anzi, perché nella cornice c’è una forte nostalgia ed un forte senso di inquietudine espressa proprio dal Principe di Salina (Burt Lancaster), non ancora pronto a lasciare spazio alla modernità ma legato ancora – come la moglie – ad un passato antico e statico. Un passato che si scontra con il progresso, che non lascia più spazio alla sua autorità, di cui ne ha piena coscienza al ballo che chiude il film, in cui si gode l’ultimo valzer con Angelica – personaggio amato anche dallo stesso Principe, proprio perché simbolo di una giovinezza che non ha più – per poi lasciare il testimone alla coppia di novelli sposi e dileguarsi nell’ombra.

Il Gattopardo
Burt Lancaster ovvero Don Fabrizio Corbera, principe di Salina, duca di Querceta.

Così in attesa della sfida di Netflix (decisamente ambiziosa e rischiosissima) che vedrà anche Kim Rossi Stuart provare a raccogliere l’eredità di Burt Lancaster, Il Gattopardo – che trovate in streaming su RayPlay e a noleggio su AppleTV+, Prime Video e TIMVision – rimane un’opera immortale, capace di travalicare il tempo e lo spazio per raccontare la complessità del cambiamento, della fine e dell’inizio di nuove ere (oggi come ieri). Analizzando ogni singolo personaggio, non si può non rimanere affascinati dal fatto che ciascuno rappresenti – ognuno con il suo carattere – diversi aspetti della società (no, non solo siciliana) e delle dinamiche storiche (non solo dell’epoca). È un racconto che continua a risuonare oggi, come un ballo che non smette di affascinare, lasciandoci riflettere sulla nostra stessa condizione umana, in bilico tra l’essere e il morire. «Io penso spesso alla morte», dice ad un certo punto del film Don Fabrizio. «Vedi, l’idea non mi spaventa. Voi giovani queste cose non le potete capire, perché per voi la morte non esiste, è qualcosa ad uso degli altri…».

  • STORIE | Storie di cinema secondo Hot Corn
  • VIDEO | Qui il trailer restaurato de Il Gattopardo:

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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