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Gli Spiriti dell’Isola e la splendida ballata dell’amicizia di Martin McDonagh

Colin Farrell, Brendan Gleeson, l’Irlanda, un’asinella. Un film imperdibile, con un cuore enorme

Caravaggio? No, Martin McDonagh e il suo L'Isola degli Spiriti

ROMA – Padraic è un brav’uomo. Conduce una vita tranquilla, vuole bene a sua sorella Siobhán e vuole bene alla sua asinella, che fa entrare in casa quando si sente triste. Certo, ogni tanto esagera con il whiskey, ma su quell’isolotto, al largo della costa occidentale dell’Irlanda, non è che ci sia così tanto da fare. E poi, in lontananza, sulla terra ferma, si sentono ancora riecheggiare i cannoni della Guerra Civile. Meglio starsene lì, al sicuro, a guardare il cielo sferzato dagli arcobaleni, mentre le nuvole viaggiano così basse da poterle toccare. Una sorta di comfort zone, la quotidianità che protegge dall’ansia, la certezza che scaccia via le streghe e i fantasmi interiori. L’avrete capito: fin dall’incipit Gli spiriti dell’isola – quinto film diretto e scritto da Martin McDonagh, ora in sala dopo l’annuncio delle nove nomination all’Oscar – è una potentissima esperienza che fonde la visione al racconto, l’immagine e una sceneggiatura meticolosamente costruita sul bisogno umano di (ri)trovare un’interconnessione.

Colin Farrell Ne L'Isola degli Spiriti. Photo by Jonathan Hession.
Colin Farrell e la sua asinella ne L’Isola degli Spiriti. Photo by Jonathan Hession.

Quale? Quella, appunto, di Padraic, che nella sua purezza viene sconvolto dal fatto che il suo miglior amico, Colm, non voglia più parlargli. Anzi, non lo vorrebbe più vedere. Il motivo, ve lo diciamo subito, potrebbe non essere così importante nell’economia filmica de Gli Spiriti dell’Isola (titolo originale The The Banshees of Inisherin), ma è fondamentale per capire l’umore dei personaggi, le loro impercettibili eppure sostanziali evoluzioni. Un fattore scatenate comune, quasi bambinesco (“Hai dodici anni?”, dice Siobhán, con il volto incredibile di Kerry Condon, ad un intransigente Colm), su cui McDonagh, voglioso di raccontare la sua terra in un film moderno ma dal tratto tradizionale, costruisce un’opera in cui vengono illuminate le paure e le imperfezioni umane, al servizio di una storia collegata alla perdita dell’innocenza del protagonista. Padraic – interpretato da Colin Farrell – è, per citare Fabrizio Dè Andre, “Un uomo buono, un uomo probo”, che si ritrova nel bel mezzo di una ballata poetica che narra di un’amicizia interrotta.

Colin Farrell e Brendan Gleeson
Colin Farrell e Brendan Gleeson ne Gli Spiriti dell’Isola

Inaspettatamente e dolorosamente, ma senza darsi per vinto, Padraic proverà a scavare nei meandri del suo indecifrabile amico Colm – Brendan Gleeson, in una parte che sembra scritta appositamente per lui – , lottando con tutta la sua forza per ritrovare quella dimensione pacifica e genuina che lo rende un personaggio con cui stringere una fedele alleanza emozionale. In questo senso Martin McDonagh riesce a farci vivere un’Irlanda brulla, mitologica e leggendaria attraverso squarci visivi che risuonano i tratti pittorici di William Turner (e per gli interni la composizione luminosa sembra quella di Caravaggio), e fonde il valore essenziale dell’amicizia al viaggio personale di due uomini sperduti nelle loro vite. Due individui incapaci di gestire un cambiamento arrivato all’improvviso e dettato, chissà, dal fluire inesorabile di uno spazio naturale che altera spirito e cuore dei personaggi che lo abitano, rendendolo un universo disomogeneo e velatamente destinato alla dannazione.

Kerry Condon è Siobhán
Kerry Condon è Siobhán

I personaggi de Gli Spiriti dell’Isola sono allora bislacchi e teneri, impenetrabili e vulnerabili, contornati da una scrittura marmorea che li renderà (s)collegati e propensi alla scoperta, alla sacralità e all’amore, andando ad abbracciare quegli spiriti della tradizione gaelica, qui rivisti sotto forma di un cane e di un’asina, tanto che Martin McDonagh li rende quasi sovrapponibili agli stessi Padraic e Colm. Componendo, in questo senso, un quadro cinematografico di assoluta bellezza. Dunque, un approccio filmico di altissima eleganza e di meravigliosa sostanza quello del regista (probabilmente questo è il suo film più bello, superando anche Tre Manifesti ad Ebbing, Missouri), che smuove i linguaggi esteriori e le sensazioni viscerali – è una questione di prospettive, ma si ride davvero molto, e si piange altrettanto se avete la giusta emotività -, spiegandoci quanto sia sempre e soltanto il cuore ad avere l’ultima parola.

  • VIDEO | Il trailer de L’Isola degli Spiriti:

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