Ileana Dugato MILANO – Sono passati 21 anni da quando Peter Jackson ha portato sul grande schermo la trilogia de Il Signore degli Anelli. 21 anni in cui le epiche avventure di Frodo – e recentemente anche de Lo Hobbit – sono entrate nella cultura popolare e creato una fedele fanbase pronta a difendere a spada tratta quella che molto probabilmente è la migliore serie fantasy mai creata. J.D. Payne e Patrick McKay hanno provato a prenderne il testimone, realizzando un tassello che mancava al suo universo cinematografico, una versione estesa di quel prologo che la voce di Cate Blanchett accompagnava all’inizio de La compagnia dell’anello. Il Signore degli Anelli – Gli Anelli del Potere arriva su Prime Video, e pubblico e critica si sono già divisi.
La Terra di Mezzo è ancora lì, pronta ad accoglierci. È diversa da come la ricordiamo, più giovane e meno segnata da secoli di battagli e dolore. Ci troviamo nella Seconda Era, all’incirca mille anni dopo la sconfitta di Morgoth, il signore di Sauron, e migliaia di anni prima delle vicende che tutti conosciamo. Tra i sentieri e le foreste di Arda, tra Valinor e la Terra di Mezzo, si delineano i nuovi eroi di questa storia: Galadriel (Morfydd Clark) e Elrond (Robert Aramayo), ancora inesperti nel loro essere millenari, Arondir e Bronwyn, un elfo odiato dagli umani e un’umana che invece gli è amica, i Brandyfoot, gli hobbit nomadi che all’inizio della nostra storia alloggiano in una foresta.
Nonostante la pace sembra essere tornata, qualcosa nel cielo lascia presagire risvolti malvagi. I fan de Il Signore degli Anelli sanno già di cosa si tratta, per gli altri sarà una sorpresa. Gli Anelli del Potere mette in campo tutte le armi a sua disposizione per rendersi un degno erede di Tolkien, dalle ambientazioni ai costumi fino al budget – diventando la serie più costosa mai creata anche se, se bastasse solo questo per creare una nuova meravigliosa epopea fantasy, sarebbe già successo. È sufficiente a rimettere in piedi una leggenda epica senza farla cadere vittima della modernità? Lo è, ma solo in parte. Chi ha creato la serie sapeva che la montagna da scalare era ripida e perigliosa e il rischio di cadere sempre presente.
Ci sono le grandi e ampie vedute dei suoi territori, anche se non emanano quella poesia della trilogia. Ci sono tanti rimandi ai film originali, a partire da un prologo narrato ancora una volta da Galadriel. C’è tanto che i fan sognavano di vedere, da Valinor, la terra degli elfi oltreoceano, alla gloria e lo splendore di Khazad-dûm prima che la mano di Sauron oscurasse anche Moria. I miti e le leggende che finora erano solo stati evocati da parole e ricordi prendono vita facendoci immergere nuovamente nel mondo fantasy più epico a cui abbiamo mai preso parte. Ma accanto a tutto questo, c’è qualcosa che manca, almeno all’inizio.
Gli Anelli del Potere, prima ancora dell’avventura e delle battaglie, fa della nostalgia del mondo creato da Tolkien il suo stendardo. Cosa che funziona, e alla grande. L’emozione di avere finalmente di nuovo a portata di mano la Terra di Mezzo è senza eguali. I suoi primi due episodi, però, sono solo una piccola introduzione, gettano le basi di quella che sarà la storia che ci porterà in un nuovo viaggio. Abbiamo mosso solamente i primi passi; l’epicità, speriamo, ci aspetta in seguito. Ci attendono Nùmenor e la forgiatura degli anelli, il ritorno di Sauron e la battaglia per la libertà dei popoli della Terra di Mezzo, l’ultima alleanza tra Elfi e Uomini. L’hype che si è creato dovrà attendere ancora un po’ per essere soddisfatto: i giochi sono ancora aperti e Gli Anelli del Potere ha ancora tutto da dimostrare.
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