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Giovani, carini e disoccupati 25 anni dopo | La reunion in scena a New York

Tra nostalgia e ricordi, Winona e Ethan: gli anni Novanta sono (ri)tornati al Tribeca per l’anniversario di un cult

Ben Stiller, Winona Ryder, Janeane Garofalo e Ethan Hawke al Tribeca Film Festival. Foto credits: Theo Wargo-Getty Images per Tribeca.jpg

NEW YORK – «You say, I only hear what I want to. And you say I talk so all the time, so». Nel cuore degli Anni Novanta, Lisa Loeb tormentava i sogni di mezzo mondo con Stay (I Missed You), mentre al cinema uscivano le crisi e le nevrosi di un gruppo di ventenni, che navigavano nella realtà post-universitaria, immergendosi in un mondo adulto spietato e sconosciuto. Venticinque anni dopo, quello stesso brano che faceva parte della colonna sonora, ha accompagnato sul palco del Tribeca Film Festival la reunion di Giovani, Carini e Disoccupati. Così, dopo la proiezione, Winona Ryder, Ethan Hawke, Janeane Garofalo e Ben Stiller sono apparsi tra gli applausi ricordando aneddoti, emozioni, paure di quel piccolo grande film. Oltre rendere famosi Hawke e Stiller, Giovani, Carini e Disoccupati ha reso tangibili le angosce ben definite di un’età che ancora oggi naviga a vista. E, se non fosse per Winona Ryder, non avremmo il mitico Troy Dyer di Ethan.

Dal profilo Instagram del Winona Ryder e Ethan Hawke.

Infatti, durante la conversazione, Hawke ha accreditato alla Ryder il ruolo del suo Troy. «Siamo tutti un po’ debitori a Winona perché all’epoca ha usato la sua influenza per tutelare e diffondere la voce di un’altra donna», ha detto riferendosi al fatto che il film è stato scritto da una ventiquattrenne: Helen Childress. «Mi sento personalmente in debito. Winona ha creduto in me. Lei mi ha dato questo lavoro che ha cambiato completamente la traiettoria della mia carriera», ha aggiunto Hawke. Al regista e co-star Ben Stiller, Hawke ha ricordato come avesse esitato a prendere in considerazione il progetto prima che la Ryder lo chiamasse personalmente. «Ero del tipo, “chi è questo Ben Stiller?”» Ha scherzato Hawke. «Hai appena lavorato con Scorsese e ti metti a fare un film con questo pagliaccio?”».

Come eravamo…

Nonostante l’etichetta di cult, quando Reality Bites (titolo originale) è arrivato in sala, fu un modesto successo, accolto da recensioni contrastanti. Ma il film negli anni è diventato rapidamente un manifesto cinematografico per la “Generazione X”. Non solo, la Childress divenne una sorta di poetessa dei ragazzi. Ma, come ha spiegato qui a New York, la Childress non aveva pensato al progetto con l’idea di definire nettamente un gruppo di persone: «Il mio processo di pensiero è stato: non so come sia questa generazione, ma so come sono i miei amici», ha detto. «Ed erano divertenti, cercando disperatamente di apparire come se non gli importasse nulla di nulla». «Ma ci sono state molte critiche negative, in quel momento», ha spiegato poi Janeane Garofalo.

…Come siamo

«Se bisogna parlare di autenticità, bisogna ricordarsi che questa è la storia di Helen. Non rappresenta “una generazione”. Ma una classe media. Quindi capisco perché ci siano state critiche, trattandosi di una dichiarazione generale. Una generazione è diversa. Helen stava raccontando la sua verità, e l’ho percepita come una pressione ingiusta da mettere sul film quando uscì». Il cast ha discusso di come il film fosse recepito poi proprio da quella generazione: «Ci siamo ritrovati in una strana situazione», dice Stiller, «perché non era un film indipendente, come Clerks o Spanking the Monkey. È stato distribuito dalla Universal, quindi all’inizio le persone si erano stranite per l’accoglienza. Siamo andati a fare una proiezione di prova a Berkeley, il logo della Universal apparve sullo schermo e i ragazzi iniziarono a fischiare. Avevamo scelto Berkeley perché pensavamo che ci sarebbe stato il nostro target, che ci avrebbero capiti, ma non fu così…».

Reality Bites e l’ansia dei ventenni.

In definitiva, l’etichetta generation voice appellato a Reality Bites potrebbe avere fatto più male che bene; teneva lontani gli spettatori adulti e quelli più giovani. Risentiti per il tono del film, o troppo squattrinati per pagare l’entrata al cinema, restando a casa a guardare MTV. Eppure il film trovò il suo pubblico, attraverso le VHS consumate il sabato sera. Del resto, durante la proiezione al Tribeca, il pubblico lo ha ricordato come una reliquia dei Novanta, piena di riferimenti a concetti dimenticati da tempo. Come l’incertezza economica e il debito dei prestiti agli studenti, un grave problema negli Stati Uniti. «Era un momento davvero preciso», ha detto la Ryder. «E per quanto riguarda il film, ho subito pensato fosse intelligente, e l’ho letto come una piccola grande storia d’amicizia. Non ho mai pensato che sarebbe diventato poi un manifesto generazionale. Anzi, credo che non avrebbe avuto tutto questo successo senza tutti le difficoltà di cui abbiamo parlato».

Una polaroid dagli anni ’90: Giovani, carini e disoccupati

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