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Flee, o del perché quello di Jonas Poher Rasmussen è un film rivelatorio

La storia vera di Amin Nawabi, tra l’omossessualità e la fuga da un Afghanistan devastato

Flee, o del perché è uno dei film più importanti degli ultimi anni
Flee, o del perché è uno dei film più importanti degli ultimi anni

ROMA – Di incubi bagnati e di sogni cristallini, di un viaggio umano e di un viaggio disperato, in cui si incrocia la storia personale e la storia di un popolo frantumato dall’idiozia umana. Pochi ghirigori, pochi aggettivi: Flee, diretto dal danese Jonas Poher Rasmussen è un film meraviglioso, nonché uno dei migliori visti recentemente. Presentato al Sundance 2021 (con annesso tripudio), subito acquisito da Neon per gli USA (tra i produttori esecutivi Riz Ahmed e Nikolaj Coster-Waldau), il film grazie alla messa in scena animata, missata ad immagini di repertorio, arriva dove il senso filmico non sarebbe potuto arrivare, in quanto l’animazione esalta il valore di un racconto epifanico e doloroso, che mette al centro la vicenda di Amin Nawabi che, sul punto di sposare suo marito, racconta per la prima volta il passato, quando scappò in Danimarca dall’Afghanistan, trasformata in un campo di battaglia dall’infinito contenzioso tra URSS e US, sfociato poi nel medievale regime talebano.

Amin Nawabi, protagonista di Flee
Amin Nawabi, protagonista di Flee

Come vediamo in Flee – dimenticavamo, ben tre candidature agli Oscar, Miglior Film Internazionale, Miglior Film di Animazione e Miglior Documentario – la fuga di Amin, con le turbe giovanili mischiate all’ossessione per il poster di Jean-Claude Van Dame, che lo accompagnano nella consapevolezza della sua omosessualità (in un paese che la ripudia…), è un percorso poetico e cronaca reale, in cui al centro – più di tutto – c’è il bisogno vitale e fondamentale di essere felici. Colpisce soprattutto per questo Flee, narrato direttamente da Amin e trasformato in una sorta di graphic novel in cui Jonas Poher Rasmussen, supportato dal montaggio di Janus Billeskov Jansen, alterna stupefacenti video in 8mm di un’Afghanistan molto diversa da quella che conosciamo. Per questo Flee si fa (anche) reportage documentaristico (tecnicamente è, appunto, un documentario), senza però eludere l’empatia, l’emozione, il coinvolgimento diretto e reciproco.

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In Afghanistan

Nonostante il dramma dell’epopea vissuta marcatamente sulla sua pelle, Amin Nawabi – oggi affermato docente universitario – è il sinonimo diretto e puro di ciò che vuol dire libertà, data a lungo per scontata eppure costantemente minacciata dall’indole aggressiva e repressiva intrisa in certi tipi di potere. Ma, dietro l’aspetto politico e sociale, Flee è innanzitutto un capolavoro di scrittura, in cui il regista – che ha conosciuto Amin vent’anni fa – cuce i ricordi del protagonista direttamente sopra un’animazione che si rispecchia il rispettivo umore e le rispettive fasi di vita. Un’operazione, da questo punto di vista, assolutamente folgorante, dato che il team di animatori passava le scene tramite un processo vicino alle intenzione e alle vicende di Amin. Una volta fatto questo, e con il benestare del regista, gli animatori pennellavano le sequenze come fossero, appunto, tavole di una graphic novel.

Flee
Amin e Kasper: la felicità

Ma, dietro l’approccio estetico sicuramente protagonista, Flee è un’opera sull’identità – e che bella la scena di Amin, quando entra per la prima volta in un club gay –, per questo Jonas Poher Rasmussen cambia approccio più volte, dando al film un ritmo naturale e puro che ne esaltasse il senso di (ri)scoperta dei ricordi. Per questo la lunga conversazione che fa da laccio alla narrazione sembra una sorta di terapia psico-analitica, il cui obbiettivo è – forse – annegarei i demoni e i tormenti che, per anni, hanno strangolato l’esistenza di Amin. E, noi spettatori, con reverenza, rispetto ed umiltà, grazie a questo splendido film abbiamo l’opportunità di assistere alla rivelazione di un uomo, che con coraggio è riuscito ad esporre tutta la tragica complessità del suo viaggio. Dunque, oltre il mezzo artistico e cinematografico, Flee diventa la straziante testimonianza di una liberazione, nonché una storia che resta profondamente sedimentata nel cuore e nella testa.

Qui una clip esclusiva del film:

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