MILANO – Il cinema di François Truffaut è colmo di grandi figure femminili: dalla celebre attrice interpretata da Catherine Deneuve ne L’ultimo metrò, per arrivare a Jeanne Moreau, protagonista del triangolo d’amore più famoso della storia del cinema: Jules e Jim. In questa illustre compagnia non poteva certo mancare Fanny Ardant, vista due anni fa ne La belle époque – trovate la nostra intervista qui -, conturbante femme fatale di Finalmente domenica!, ultimo lungometraggio diretto da Truffaut che, proprio durante la lavorazione del film, era impegnato con l’attrice, dalla quale ebbe anche una figlia, Josephine, nata nel 1983.
L’incursione del regista nel genere poliziesco – operazione che ha pochi precedenti all’interno della sua filmografia – è il canto del cigno di un uomo ormai vicino al suo tragico epilogo che sarebbe arrivato il 21 ottobre 1984. Vittima improvvisa di un male incurabile, morirà due anni dopo la fine delle riprese. Nel film, appartenente al ciclo della Série Noir – Tirate sul pianista, La sposa in nero, La mia droga si chiama Julie – adattamento di Memorie d’amore di Charles Williams, l’alchimia tra la Ardant e Jean-Louis Trintignant è formidabile, rappresentando una delle più belle coppie del grande schermo regalateci dal cinema di Truffaut.
Ma non solo: a colpire di Finalmente domenica! è anche la modernità quasi sprezzante con cui il regista mette in scena ambienti all’epoca stigmatizzati. Barbara (Fanny Ardant) nella sua indagine privata s’imbatte in prostitute e feroci protettori, spinta dall’incontrollabile amore che prova per il suo datore di lavoro (Trintignant), per il quale è disposta a tutto. Visivamente notevole, anche grazie all’eccellente fotografia in bianco e nero dello spagnolo Néstor Almendros (che subito dopo andò a Hollywood a fare Le stagioni del cuore e Heartburn – Affari di cuore) che gioca abilmente coi chiaroscuri, Finalmente domenica! è un dramma frizzante che addomestica lo spettatore, lo diverte con leggerezza, senza rinunciare alla suspense tipica del noir.
«Qui siamo in Francia, e grazie al cielo in questo Paese il delitto che si difende meglio in tribunale è quello passionale», recita una celebre battuta del film. Dopotutto è proprio la passione amorosa il fil rouge della pellicola sceneggiata dal regista assieme a Suzanne Schiffman e Jean Aurel – così come lo era stata in numerose altre opere dirette da lui – demiurgo dal vigore inarrestabile, di cui tutti i personaggi sono vittime (in)consapevoli. Così Finalmente domenica! diventa il culmine artistico di un percorso iniziato con I 400 colpi, poi mutato in imprescindibile manifesto della Nouvelle Vague, attraverso il quale Truffaut si è ritagliato un posto di diritto tra i più grandi cineasti della storia.
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