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Caro Diario #4: Lady Gaga, i magri pasti del Lido e il maltempo che verrà

In cui si parla di pasta, pizza, lunghe file per mangiare e di Lady Germanotta versione pink panther

Caro Diario, il weekend al Lido si preannuncia bagnato fradicio. Venerdì le dive hanno schivato la tempesta per una manciata di minuti, da Cate Blanchett in versione angelo caduto – capace di eclissare persino il cigno nero Natalie Portman – a Lady Gaga in stile bon bon rosa. La signorina Germanotta aveva giurato sobrietà, anche se poi è giunta a #Venezia75 a bordo di un taxi boat in versione Basic Instict. Ha lasciato comunque abiti fatti di bistecche, rane e polipi e ha optato per un look più maturo, da aspirante attrice (diretta da Bradley Cooper in A star is born).

lady gaga
Queen Gaga in versione Instagram.

Essendo alle prime armi davanti alla macchina da presa, Gaga si è avvolta in un telo d’umiltà e ha quasi rischiato la sindrome del tunnel carpale a furia di firmare autografi. O forse una paresi facciale a forza di posare per i selfie tra urla scroscianti e vari svenimenti nel pubblico. I suoi little monsters non contengono l’emozione, proprio com’era successo qualche anno fa qui con l’arrivo di Madonna. Hot Corn non ha resistito e in conferenza stampa le ha chiesto se quest’atteggiamento volitivo ma al tempo stesso fragile fosse già nel suo DNA per via delle origini italiane. E lei si è illuminata come Eta Beta: sì, la pasta ci rende tutti migliori.

Pink Carpet.

Non sa – beata ignoranza! – che gli altri comuni mortali al Festival vedono il ragù con il binocolo. E non solo perché i locali del Lido lo annacquano a beneficio degli ignari turisti, ma soprattutto per i prezzi esorbitanti durante il periodo della Biennale. Sono pochissimi gli angoli di ristoro a costi contenuti e chi li trova promette di portarsi il segreto nella tomba. Uno, a pochi passi dall’hotel Quattro Fontane, non ha neppure l’insegna né gli orari di apertura sulla porta: la vetrina è coperta da una tenda lisa a strisce gialle e grigie, quindi l’unico modo per scovarlo è seguire l’odore di pizza.

Hot Corn a pranzo al Lido.

Ha la consistenza di un marshmallow gigante e gronda olio come se fosse appena stata immersa in un frantoio, ma riesce a sedare la fame, temporaneamente. I frequentatori, sotto lauta ricompensa, hanno svelato che il vero fiore all’occhiello restano i dolci. Sono crostate giganti di cioccolate e pere, pistacchio e ogni genere di crema. Avete presente Katniss/Jennifer Lawrence che prima degli Hunger Games si piazza davanti al panificio di Peeta/Josh Hutcherson aspettando pazientemente una pagnotta stantia o bruciata? Ecco, gli astanti hanno lo stesso sguardo.

Il pane di Peeta…

I veterani, invece, puntano dritto all’alimentari a pochi passi dal Palabiennale, dove un’arzilla vecchietta prepara manicaretti di ogni genere, dalla lasagna alle polpette e immortala tutti con una bella foto che poi espone per tutto il (minuscolo) locale. I clienti di solito prendono in prestito le sedie di plastica della lavanderia a gettoni lì accanto e trangugiano in pochi bocconi sul marciapiede questa meraviglia che nulla ha a che spartire con il variopinto quanto sciapo finger food rifilato in tutte le feste glam della Laguna. Sembrano tutti usciti da un film di Totò, satolli e pronti a rimettersi in fila per la proiezione successiva. Questi sono gli unici due posti veramente accoglienti della zona. L’alternativa? Sorbirsi i ristoratori che ti guardano come si fa con il bancomat alle Poste. Neppure The Mask riuscirebbe a strappar loro un sorriso, quindi usate la proverbiale Poker Face di cui canta Gaga e pregate per l’invito ad un brunch, uno qualsiasi, fosse anche sponsorizzato dalla trattoria di Tor Pagnotta.

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