Caro Diario, il weekend al Lido si preannuncia bagnato fradicio. Venerdì le dive hanno schivato la tempesta per una manciata di minuti, da Cate Blanchett in versione angelo caduto – capace di eclissare persino il cigno nero Natalie Portman – a Lady Gaga in stile bon bon rosa. La signorina Germanotta aveva giurato sobrietà, anche se poi è giunta a #Venezia75 a bordo di un taxi boat in versione Basic Instict. Ha lasciato comunque abiti fatti di bistecche, rane e polipi e ha optato per un look più maturo, da aspirante attrice (diretta da Bradley Cooper in A star is born).
Essendo alle prime armi davanti alla macchina da presa, Gaga si è avvolta in un telo d’umiltà e ha quasi rischiato la sindrome del tunnel carpale a furia di firmare autografi. O forse una paresi facciale a forza di posare per i selfie tra urla scroscianti e vari svenimenti nel pubblico. I suoi little monsters non contengono l’emozione, proprio com’era successo qualche anno fa qui con l’arrivo di Madonna. Hot Corn non ha resistito e in conferenza stampa le ha chiesto se quest’atteggiamento volitivo ma al tempo stesso fragile fosse già nel suo DNA per via delle origini italiane. E lei si è illuminata come Eta Beta: sì, la pasta ci rende tutti migliori.
Non sa – beata ignoranza! – che gli altri comuni mortali al Festival vedono il ragù con il binocolo. E non solo perché i locali del Lido lo annacquano a beneficio degli ignari turisti, ma soprattutto per i prezzi esorbitanti durante il periodo della Biennale. Sono pochissimi gli angoli di ristoro a costi contenuti e chi li trova promette di portarsi il segreto nella tomba. Uno, a pochi passi dall’hotel Quattro Fontane, non ha neppure l’insegna né gli orari di apertura sulla porta: la vetrina è coperta da una tenda lisa a strisce gialle e grigie, quindi l’unico modo per scovarlo è seguire l’odore di pizza.
Ha la consistenza di un marshmallow gigante e gronda olio come se fosse appena stata immersa in un frantoio, ma riesce a sedare la fame, temporaneamente. I frequentatori, sotto lauta ricompensa, hanno svelato che il vero fiore all’occhiello restano i dolci. Sono crostate giganti di cioccolate e pere, pistacchio e ogni genere di crema. Avete presente Katniss/Jennifer Lawrence che prima degli Hunger Games si piazza davanti al panificio di Peeta/Josh Hutcherson aspettando pazientemente una pagnotta stantia o bruciata? Ecco, gli astanti hanno lo stesso sguardo.
I veterani, invece, puntano dritto all’alimentari a pochi passi dal Palabiennale, dove un’arzilla vecchietta prepara manicaretti di ogni genere, dalla lasagna alle polpette e immortala tutti con una bella foto che poi espone per tutto il (minuscolo) locale. I clienti di solito prendono in prestito le sedie di plastica della lavanderia a gettoni lì accanto e trangugiano in pochi bocconi sul marciapiede questa meraviglia che nulla ha a che spartire con il variopinto quanto sciapo finger food rifilato in tutte le feste glam della Laguna. Sembrano tutti usciti da un film di Totò, satolli e pronti a rimettersi in fila per la proiezione successiva. Questi sono gli unici due posti veramente accoglienti della zona. L’alternativa? Sorbirsi i ristoratori che ti guardano come si fa con il bancomat alle Poste. Neppure The Mask riuscirebbe a strappar loro un sorriso, quindi usate la proverbiale Poker Face di cui canta Gaga e pregate per l’invito ad un brunch, uno qualsiasi, fosse anche sponsorizzato dalla trattoria di Tor Pagnotta.
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