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Luca Guadagnino: «Le mie visioni di Suspiria, tra Dario Argento e Rainer Werner Fassbinder»

Il regista porta al Lido il suo rifacimento del cult di Argento. E mescola cinema tedesco e Art déco

VENEZIA – Ha trasformato il suo incubo di bambino in un omaggio senza precedenti: Luca Guadagnino porta a #Venezia75 il suo Suspiria, ma non chiamatelo remake perché il termine al regista non piace. Circondato da un magnifico cast al femminile, sbarca al Lido dopo il trionfo di Call me by your name, pronto a stupire e a far riflettere. Oltre a togliersi qualche sassolino dalla scarpa. Pungente, sagace e mai banale, rievoca gli scenari di Dario Argento riportando in scena Jessica Harper e affiancandola a Tilda Swinton e Chloë Grace Moretz. Ambientato ancora una volta nella Berlino del 1977, rievoca e riscrive atmosfere familiari e terrificanti allo stesso tempo grazie alla protagonista Dakota Johnson nei panni della ballerina Susie, che intende definitivamente allontanare dall’immaginario erotico di Cinquanta sfumature di grigio. Ecco cosa ci ha raccontato Guadagnino poco prima della conferenza stampa del film al Lido.

Guadagnino osserva Dakota Johnson in conferenza stampa.

LE MUSICHE «Si dice che i miti ti deludono. Thom Yorke allora è l’eccezione alla regola perché mi ha totalmente conquistato. Ha rappresentato la voce della mia generazione così come i Goblin (presenti in molti film di Dario Argento, ndr.) hanno influenzato 40 anni di musica con il progressive rock. È la prima volta che realizzo per un mio film una colonna sonora originale, con tutto il rispetto per il lavoro fatto in Melissa P., dove invece sono stato obbligato a collaborare con un compositore (Lucio Godoy, ndr.).»

Il leader dei Radiohead, Thom Yorke, in conferenza.

L’AMBIENTAZIONE «Ho scelto il cosiddetto autunno tedesco, quello di cui si parla nel film Germania in autunno di Rainer Werner Fassbinder, di cui potrei elencare i tanti motivi di ammirazione ma mi limito a citare lo shock emotivo che i suoi lavori mi hanno fatto provare, un cibo per l’intuizione. Gli sono grato anche per avere rappresentato le figure femminili in modo così tridimensionale. Ecco perché mi piace pensare che il mio film, pur restando un horror, parli dell’inconscio come un dipinto di Balthus, un maestro da Cinquanta sfumature di marrone. Dakota mi scuserà per la battuta, ma penso che il nostro Suspiria potrebbe essere  un sequel perfetto perCinquanta sfumature di marrone».

Rainer Werner Fassbinder in una scena di Germania in autunno.

POTERE ALLE DONNE «Parlare di questo argomento ci fa arrivare su un terreno scivoloso e fertile di banalità. Non vorrei tirarne fuori alcune del genere “le donne sono state descritte bene dagli uomini” o viceversa “gli uomini non sono raccontati in maniera appropriata dalle registe”. Secondo me le alterazioni sono arteriosclerotiche, spero invece di mostrare che possiamo essere liberi dalla trivialità del nostro immaginario. Come ha detto Tilda Swinton, il cinema è uno stato libero, senza genere».

Guadagnino tra Dakota e Tilda Swinton.

IL MAESTRO DARIO «Fin dall’inizio ho voluto che il mio Suspiria fosse ambientato nell’epoca dell’originale, spaziando negli stessi spazi della cosmogonia di Dario Argento che va da Torino a New York. E mi piaceva in particolare l’idea di restare in Germania, in una Berlino non più occupata ma divisa nel senso di colpa e di memoria. In effetti il 1977, anno di uscita della pellicola, ha influenzato una generazione che si scontrava sulla colpa rimossa. Riportarlo in vita non ha comportato alcuna difficoltà, solo piacere puro».

Dakota Johnson e Mia Goth in Suspiria. Foto: Alessio Bolzoni

 

 

 

 

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