Carey Mulligan o della semplicità. Quando l’abbiamo incontrata a Cannes qualche mese fa, l’attrice ha condiviso con noi e con il pubblico le sue esperienze sul palco e davanti alla telecamera, senza paura di mostrare fragilità. Non le viene naturale, ma prova continuamente a scrollarsi di dosso l’ansia da prestazione che – ha confessato – la segue sempre. Protagonista sulla Croisette di Wildlife, film di debutto dell’amico Paul Dano che in Italia uscirà in autunno, la Mulligan lo scorso 21 luglio ha chiuso la sua esperienza a teatro off Broadway con Girls & Boys, la prova più difficile di tutta la carriera: un’ora e mezza di monologo come unica interprete della piéce. «Ma il palco per me è naturale, non avrei mai pensato di fare cinema», aggiunge, «perché il mio sogno da quando avevo sei anni è sempre stato quello di esibirmi in un musical».

WILDLIFE «Paul (Dano, nda) mi ha mandato via mail la sceneggiatura, che ho subito divorato. E meno di sessanta secondi dopo averla finita gli ho detto sì. Non avrei potuto lasciarmela scappare perché di rado alle donne al cinema è permesso di mostrarsi con i loro difetti e ancor meno questo viene tollerato, forse perché dalla notte dei tempi viene chiesto loro di essere tutto. Esiste una pressione sociale sulle nostre spalle che esige una perfezione irreale. Di Jeanette, il mio personaggio, mi intrigava vedere come avesse costruito una facciata da famigliola perfetta, per poi vedere tutta la messinscena sgretolarsi».

AN EDUCATION «Quel ruolo probabilmente mi ha cambiato la vita. Ho un chiaro ricordo di quando, poco prima del Sundance, telefonavo a mia madre, terrorizzata. Temevo di essere noiosa sullo schermo e non potevo sopportare di vedermi. Ancora oggi evito di guardare i miei film. Un esempio? Non ho mai visto Drive, incredibile! Tornando invece all’esperienza di An Education, ad un certo punto è esploso il fenomeno del film e rimpiango di non essermi goduta quelle emozioni. Probabilmente nella carriera ti capita solo una volta di far parte di qualcosa di tanto speciale e io me lo sono persa, troppo concentrata ad analizzarmi. Peccato».

IL CONSIGLIO «Ho sempre la stessa agente da quando avevo diciotto anni e faccio tesoro di un suo consiglio, che adotto prima di scegliere ogni progetto. Una volta mi ha detto di cercare i ruoli che soffrirei se venissero interpretati da altre attrici. Il dolore e la delusione di non prestare il volto ad un personaggio misura il desiderio di essere lei. E ha ragione: a volte non ottengo una parte e mi è indifferente, spesso invece vado a teatro e mi struggo all’idea di non essere lì sul palco al posto della protagonista».

TIME’S UP «Mi sembra un’epoca straordinaria in cui vivere perché ciascuna di noi ha una voce. E non parlo solo della possibilità di denunciare abusi e violenze, ma del diritto ad un’opinione. Oggi mi sento molto più ascoltata, credo di avere lo stesso peso – e la stessa paga – dei colleghi maschi. Forse ad inizio carriera ero più emotiva e mi sembrava già un regalo poter recitare. Avrei persino pagato per farlo. L’esperienza mi ha insegnato ad essere più attenta».

LA REGIA «No, no, mai. Nel mio futuro spero ci siano tanti ruoli di donne forti e indipendenti, ma non vedo la regia. Mi è bastato osservare da vicino il debutto di Paul per Wildlife per vedere quanto fatica richieda. Di solito non chiudo mai davanti a delle possibilità ma stavolta mi sento di dire con assoluta certezza che non sarò mai una regista. E poi la maternità mi ha insegnato a dosare le forze: prima impiegavo mesi e mesi a preparare un ruolo, ora ho imparato ad essere più efficiente e pratica».

GIRLS & BOYS «Un monologo che mi mette alla prova i nervi ogni volta che vado in scena. So di non avere una rete di sicurezza, nessuno accanto a me che mi guardi le spalle e mi aiuti a sembrare credibile. Il gioco delle parti funziona proprio perché il tuo collega aiuta il pubblico a portare avanti la sospensione dell’incredulità. Visto che sono molto esigente con me stessa, ipercritica e attenta ad ogni dettaglio, una sfida simile ha richiesto uno sforzo enorme, ma è proprio quella paura gigantesca a dirmi che ne è valsa la pena…».
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