ROMA – La rimediazione – neologismo coniato da Jay David Bolter e Richard Grusin che indica la rappresentazione di un medium di massa in un altro – passa proprio di qui: Afterschool di Antonio Campos rielabora infatti gli stilemi della ripresa esplorando l’ambito della medialità sempre più pervasiva nel mondo contemporaneo, adattandosi alle nuove forme di fruizione portatili e inquadrandone le ripercussioni sulla vita dei giovani. In un continuo riproporsi di schermi, ognuno con il suo differente formato, il film contiene così tutta la comunicazione web depotenziata dai molteplici canali di visione, che non lasciano più spazio al paradigma della riflessione, ma si fanno ingerire e scivolare nella mente di un passivo pubblico come tramite l’utilizzo di un imbuto.

In quella che potrebbe essere qualsiasi scuola superiore americana, in qualsiasi parte del Paese, la condizione di spettatore del personaggio di Robert si spinge nel territorio dell’apatia causata dalla sovrabbondanza di materiale di rete, dove solo l’esplicito consumo di violenza e sesso sembra scuotere l’attenzione dello studente e dei compagni. Un’alienazione causata dal filtro che la tecnologia ha posto su azioni e sentimenti, causando la perdita di contatto con ciò che ci lega in maniera tangibile al reale.
Ezra Miller, usato al cinema per raccontare i disagi della gioventù degli ultimi anni (prima di diventare Flash in Justice League e prima di finire in processo), è l’ideale maschera delle inquietudini di un protagonista che, in stretta relazione con lo spettacolo offerto da Internet, vive il malessere del distacco dal vero, in cui l’unica possibilità per lui di sentirsi protagonista arriva nel momento in cui diventa oggetto della ripresa. L’importanza di trovarsi davanti ad una camera che sta filmando e poter così esistere: questa la colonna del film di Campos – che di recente ha diretto Le strade del male con Robert Pattinson e Tom Holland – di cui l’inquadratura finale ne è un’eloquentissima dichiarazione.

L’opera riesce così a rimodellare attraverso la regia i prodotti mediali provenienti da Internet nella loro natura amatoriale e ad unirli all’uso di lunghe panoramiche che vanno a presentare l’ambiente e i suoi alunni, per poi concentrarsi su quei corpi – dal web torturati e nudi – nel dettaglio. Afterschool focalizza l’attenzione sulle immagini e sulla forza che il cinema ha nel poter descrivere il rapporto con i media, essendo lui stesso una tecnologia dei tempi. Un discorso filmico crudele, da riscoprire per la terrorizzante e continua attualità. Modernissimo.
Trovate il film in streaming su CHILI: Afterschool
- Archives: Captain Fantastic e la necessità del compromesso
- Archives: Underground e quella profezia di Kusturica
- Archives: Segreti di Famiglia e il problema di chi rimane
- Archives: Mal di Pietre e quegli amori impossibili
- Archives: Xavier Dolan, la follia e il lessico famigliare di Mommy
- Archives: Céline Sciamma e la diversa normalità di Diamante nero
- Archives: Ruben Ostlund e il cinismo disilluso di The Square
Lascia un Commento