Adam Olivo MILANO – Si apprestano a giungere inesorabili i festeggiamenti di Capodanno, quell’occasione in cui, come dice Boris Yellnikoff alla fine di Basta che funzioni, tutti cercano disperatamente di divertirsi in qualche misera e patetica maniera. Ma c’è un’altra conclusione di pellicola allo scoccare della fatidica mezzanotte a cui siamo tutti affezionati: L’amore non va in vacanza (lo trovate su Netflix), forse l’ultimo grande classico natalizio che Hollywood abbia regalato. La storia è nota: Iris (Kate Winslet), giornalista, è la vittima dell’amore unilaterale per antonomasia e vive in un cottage nel Surrey in Inghilterra. Amanda (Cameron Diaz), invece, guida una società che realizza trailer a Los Angeles. Le due decidono di scambiarsi le case per le vacanze natalizie al fine di dimenticare le loro insoddisfacenti vicissitudini sentimentali e salvarsi reciprocamente la vita.
Non sarebbe però la commedia che tutti amiamo se Iris non incontrasse il compositore Miles (Jack Black) e se alla porta di Amanda non bussasse Graham (Jude Law), il fratello di Iris, completamente ubriaco. Tenerezza assoluta per il personaggio di Arthur (Eli Wallach, e non serve dire altro), un anziano sceneggiatore che ha conosciuto la Hollywood più bella e che adesso si appresta, non senza remore, a ricevere un riconoscimento, senza dimenticar di dispensare lezioni di vita. Ci si potrebbe chiedere cosa renda un cult L’amore non va in vacanza. Prima di tutto c’è una splendida caratterizzazione dei personaggi: Iris che è protagonista della sua vita ma si comporta da migliore amica, Amanda che si sforza con tutta se stessa di piangere ma invano, Graham che, al contrario, è un dolce piagnucolone ed è costretto a impersonare Mister Tovagliolo, Miles, infine, che sa far innamorare senza gesti plateali, ma con la “semplice” ironia e cura dell’altro.
Poi ci son le scene iconiche come gli esilaranti trailer finti sulla vita di Amanda, le espressioni sconsolate del suo giardiniere o il cameo di Dustin Hoffman al negozio di noleggio Dvd. Ed è qui che entra in gioco la forza nostalgica della pellicola che, pur essendo appena del 2006, ci mostra utenti che noleggiano Dvd, personaggi che usano BlackBerry e computer Vaio (solo l’anno dopo Steve Jobs avrebbe presentato al mondo l’iPhone) e scrutiamo persino un logo Google tanto desueto da avere un fascino vintage. Ma ancor più di tutti questi (fondamentali) elementi, ciò che ha reso L’amore non va in vacanza un classico sono soprattutto la solidità della sceneggiatura e la colonna sonora. Dopotutto sarebbe potuta crollare su questi due assi portanti una pellicola con uno sceneggiatore e un compositore per protagonisti? No.
Su tutti, è l’interrogativo di Miles ad esser diventato mitico: «Perché sono attirato da una persona anche se so che non è giusta?». E la risposta di Iris è ormai storia delle rom-com: «Perché speri di sbagliarti. E quando lei ti fa una cosa brutta e dentro di te ti dici che non è la donna giusta lo ignori. E quando lei ti fa una cosa bella e ti sorprende e ti conquista e tu perdi la scommessa con te stesso che lei non fa per te». Insomma, battute incisive che fan sì che una commedia sentimentale duri negli anni e non perda freschezza. Quanto alla colonna sonora di Hans Zimmer, ci onora che omaggi in maniera plateale Deborah’s Theme da C’era una volta in America di Morricone e che Miles citi proprio Morricone come una delle sue più grandi ispirazioni. E inoltre, come in ogni classico festivo che si rispetti, non mancano le tradizionali canzoni ad insaporire la pellicola. Che volere di più?
- REVISIONI | Film di ieri e oggi rivisti per voi
- VIDEO | Il trailer del film:
Lascia un Commento