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Beckett | John David Washington, Alicia Vikander e quel film troppo sottovalutato…

Dirige Ferdinando Cito Filomarino, produce Luca Guadagnino. Il plot? Tra Hitchcock e Il fuggitivo

Beckett
John David Washington in una scena di Beckett.

ROMA – C’è una vacanza, c’è un dramma, c’è una fuga. E poi c’è l’ordinario che si scontra violentemente con lo straordinario, mentre l’uomo comune viene braccato da un’ombra più grande di lui. Sì, quasi come fossimo ne I tre giorni del condor di Sydney Pollack o in qualche altro film di Alan J. Pakula, che si mescolano a echi e sfumature che ricordano il cinema di Alfred Hitchcock (e nello specifico Intrigo internazionale). Questo e molto altro è Beckett di Ferdinando Cito Filomarino, film prodotto anche da Luca Guadagnino, una delle sorprese dei tempi recenti, passato quasi inosservato nel 2020 e ora in streaming su Netflix e Rai Play. La storia, su soggetto dello stesso regista, e scritta da Kevin A. Rice, ci porta nel bel mezzo della cruda, pietrosa e meravigliosa Grecia dell’entroterra, meta vacanziera scelta dall’americano Beckett (John David Washington, sempre in parte) e dalla compagna April (Alicia Vikander).

John David Washington e Alica Vikander in Beckett
John David Washington e Alicia Vikander in una scena di Beckett

Nel film ogni elemento è concatenato e così, dopo un drammatico incidente, ecco che l’uomo, rimasto solo, si ritrova inconsapevolmente al centro di una cospirazione internazionale dai contorni oscuri e pericolosi. Beckett, sia inteso come titolo del film, sia inteso come personaggio (il nome scelto è un chiaro omaggio a Samuel Beckett), ci fa affezionare al protagonista, creando un legame forte in cui condividiamo con lui il dolore della perdita e, successivamente, lo sgomento e l’enfasi per una fuga (quasi impossibile) verso la verità. La sua verità. Quasi come ne Il Fuggitivo con Harrison Ford, qui John David Washington si carica il peso specifico di un intero film, masticando la fatica e l’interdizione delle inaspettate svolte narrative che rendono il film un thriller al contempo classico e innovativo.

La fuga di Beckett
La fuga di Beckett

Beckett/Washington è così l’uomo comune che diventa – suo malgrado – un eroe, è la vittima da sacrificare in nome di disegni politici portati avanti dietro gli slogan dei comizi. E non è un caso che il periodo scelto per ambientare il film si piazzi tra il 2009 e il 2010, quando la foto di Barack Obama era appesa nell’Ambasciata e, nelle strade di Atene, si consumava una crisi economica mai del tutto assorbita. È un film decisamente riuscito e clamorosamente sottovalutato Beckett, perché riesce a perseguire parallelamente tre strade fondamentali, necessarie per far sì che lo spettatore (sul divano) non tenda a distrarsi, a perdersi, a restare indifferenti.

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John Denzel Washington in un altro momento del film.

Qui, per l’appunto, c’è tutto: una bella storia, un grande interprete (la stoffa di papà Denzel si vede) e un’ottima costruzione registica, impreziosita dal montaggio di Walter Fasano, dalla fotografia di Sayombhu Mukdeeprom (entrambi già collaboratori di Guadagnino) e dalla colonna sonora di un maestro come il compianto Ryūichi Sakamoto (potete ascoltare un brano qui), capace di tramutare in note tutta la scoordinata e disperata azione di un fuggitivo. Insomma, Beckett di Ferdinando Cito Filomarino – che sia italiano ci importa poco, l’importante è che sia bravo – è un thriller politico che fa della politica il villain indefinito, panacea che non protegge dai mali ma, per proprio interesse e scopo finale, tende a crearli e a generarli nei modi e nei luoghi più impensabili. Da non perdere.

  • OPINIONI | Tenet e il talento di John David Washington
  • VIDEO | Qui il trailer di Beckett:

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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