ROMA – Può sembrare inquietante, ma chi scrive utilizza uno strano, ma efficace metro di giudizio. Alla fine del film, ci poniamo una domanda: saresti soddisfatto se questo fosse l’ultimo film visto? Ecco, vedendo Red Rocket di Sean Baker – uscito al cinema in Italia tre anni fa, marzo 2022 e passato in sordina – la risposta arriva dal primo frame, sparato sugli occhi verdi di Simon Rex, alias Mikey Saber. Mikey, in canotta, è sporco, sudato e stanco, mentre fuori dal finestrino dell’autobus scorre l’orizzonte di Texas City. Sta tornando a casa, anche se nessuno lo vuole. Per accompagnare l’immagine, il regista ci mette – sparata, eccessiva – una delle canzoni più iconiche degli inizi Duemila: Bye Bye Bye degli NSYNC. Per Mikey i fasti da (ex) attore hard sono lontani. Le palme di Los Angeles solo un ricordo, l’odore che esce dalle raffinerie ha preso il posto della brezza del Pacifico e la villa in cui viveva è stata soppiantata dalla casupola dell’ex moglie Lexi (Bree Elrod).

Ma, per concezione e propensione, il Mikey di Red Rocket – che ritrovate in streaming su Netflix e a noleggio su Prime Video e AppleTV+ – è tutt’altro che fortunato. E allora, in sella di una sgangherata bicicletta, finisce per bivaccare in giro e racimolare qualche soldo spacciando erba, millantando di essere un grande show-man, uno suitcase pimp leggendario che ha collezionato innumerevoli AVN (gli Oscar del porno). Perché Mikey non è cattivo né meschino. È l’emblema del ragazzo piacione e tontolone, illuso e disilluso. Ancora di più, Mikey è uno dei personaggi più belli e puri visti nel cinema contemporaneo. Un personaggio cucito da Sean Baker su immagine e somiglianza di Simon Rex, attore che non ha mai contemplato il cinema di qualità (basta dare uno sguardo alla sua carriera) e che, pensate, ha esordito prima come modello e poi come interprete di video hard gay girati a diciannove anni. Si capisce quanto Baker gli sia legato, e per tutto il film non lo molla un attimo. Mikey c’è sempre, e noi con lui.

Gli vogliamo bene, comprendiamo il suo disgusto verso una vita miserabile. Come lui vorremmo di più. Come lui aspiriamo a quella felicità messa nero su bianco sulla Costituzione degli Stati Uniti, specchio utilizzato da Baker per esaltarne l’umanità quanto le contraddizioni, acuite negli angoli sperduti degli USA. Prima Tinseltown in Tangerine, poi Kissimee in The Florida Project e poi Texas City in Red Rocket, poco prima di arrivare alla Las Vegas di Anora. E allora per Mikey la felicità potrebbe essere la zuccherosa banchista del negozio di donuts, che guarda caso, si fa chiamare come una pornoattrice, Strawberry (ad interpretarla una folgorazione, Suzanna Son, che vedremo in Fear Street: Prom Queen). Ha diciassette anni, ha le labbra rosse e, tra le lentiggini, spiccano luminosi occhi azzurro cielo. Lì, in quell’angolo sputato del Sud degli States, Strawberry è la luce che illumina i sogni di gloria di Mikey, imbambolato come fosse un ragazzino. Di più, la ragazza è in Red Rocket il simbolo e la metafora dell’American Dream, quello che esalta lo stereotipo e l’incanto, la possibilità che attende solo di essere scovata.

Per questo, sotto il cielo rosso e celeste del Texas, dipinto da Baker come sanno fare i registi più bravi, l’unione (letterale) tra Mikey e Strawberry fa esplodere il film in una carrellata di situazione divertenti, dolcissime, malinconiche, assurde. Il piglio però è quello della leggerezza poetica, esaltata dall’entusiasmo infantile del protagonista, deciso a cambiare strada, puntando dritto verso la sua Los Angeles, giocandosi l’all-in. Vada come vada. Ci riuscirà? Oppure Strawberry è solo un raggio di sole che abbaglia? Insomma, più di ogni altra cosa Red Rocket di Sean Baker (e scritto insieme a Chris Bergoch, ricordiamolo) è un film meraviglioso, uno di quelli che vorresti vedere e rivedere, uno di quelli da voler vivere in prima persona, nonostante Mikey sia l’underdog per antonomasia, l’emblema dello sconfitto. E alla fine, per rispondere alla consueta domanda che tiene il filo del giudizio: sì, se Red Rocket fosse l’ultimo film visto saremmo soddisfatti. Anzi, saremmo felicissimi.
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