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Serendipity | John Cusack, Kate Beckinsale e quella magia che dura da 20 anni

Ecco perché continuiamo ad amare il film di Peter Chelsom, presentato a Toronto nel 2001

Serendipity, la magia dopo 20 anni
Serendipity, la magia dopo 20 anni

MILANO – Siamo nel 2001, quando il regista britannico Peter Chelsom regala al cinema una favola (ancora) moderna dal titolo che sembrava l’inizio di una filastrocca: Serendipity. O più semplicemente, la commedia d’amore che ha fatto sognare tutto il mondo, promettendo la felicità di una scoperta inattesa, la magia della sorpresa. E, dopo 20 anni dalla sua uscita nelle sale americane (fu presentato al Festival di Toronto del 2001), noi di Hot Corn vogliamo riassaporare l’atmosfera di un cult che (ci) ha lasciato il segno. Una storia semplice e senza pretese che ha conquistato i cuori, fin dal suo incipit che ci porta a cinque giorni dal Natale, quando New York scintilla ed pronta per la Vigilia. La frenesia è alle stelle e i centri commerciali pullulano. Gli ultimi regali da acquistare, le ultime gioie da portare a casa. In questa armonia Jonathan (il formidabile John Cusack) e Sara (una splendida Kate Beckinsale) si incontrano, contendendosi con ironia un paio di guanti di cachemire, gli ultimi, galeotti, rimasti in negozio.

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Le luci di Natale, John Cusack e Kate Backinsale

Basterà uno sguardo e la complicità di queste due anime a far scattare l’inevitabile scintilla. Sara, psicologa londinese in vacanza nella Grande Mela, crede nel destino, nei piccoli segnali che hanno bisogno di essere captati (Serendipity, da serendipità, ossia scoprire la felicità per caso). Un flusso di emozioni che tra un caffè e due chiacchiere, diventa ben presto reciproca attrazione. Jonathan chiede a Sara il suo numero, ma lei rifiuta: “Non si forza il fato” – gli dice. Decide allora di lanciare una sfida al destino. Entrambi scriveranno il proprio nome e numero su un oggetto: lui su una banconota da cinque dollari, lei su un libro, L’amore ai tempi del Colera. Da quel momento i due si perderanno. Comincerà una giostra di imprevisti  e casualità. Passeranno gli anni, nuovi amori arriveranno. Progetti di vita, e una nuova identità di sé stessi. Sara e Jonathan sono andati avanti da quel dicembre ’94, o almeno così sembra.

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I guanti galeotti…

Entrambi stanno per sposarsi con i relativi fidanzati, ma forse è solo una magra consolazione. Qualcosa è rimasto dentro di loro, come fosse un volto sbiadito o un treno perso, sul binario di quelle poche preziosissime ore che avevano cambiato il flusso delle loro vite, anni prima. Ore che non sarebbero state solo una serie di insignificanti incidenti, ma che ben presto si sarebbero trasformate in un piano sublime e squisito. Perché, come dice Dean (Jeremy Piven) a Jonathan, “Gli antichi Greci alla morte di un uomo si ponevano un solo quesito: “Era stato capace di passione?””. Dunque, è di questa passione che si rallegrano i protagonisti (e dello stesso Serendipity), dell’essere considerati stupidi in quella follia d’amore fatta di simboli e indizi. Il centro della pista di pattinaggio di Central Park, un guanto che vola nella neve e finalmente il destino che fa il suo corso. Sara e Jonathan non si erano dimenticati, cercandosi in ogni segno e, alla fine, ritrovandosi.

Serendipity: e tutti vissero felici e contenti?
Serendipity: e tutti vissero felici e contenti?

Una scrittura semplice, delicata e piena di speranza quella di Marc Klein (che dopo Serendipity ha sceneggiato un altra romantic comedy come Un’Ottima Annata), che racchiude un’ora e mezza di tremiti, di dialoghi ironici che oscillano tra citazioni cinematografiche e filosofiche. Lo spettatore viene accompagnato in un crescendo di emozioni grazie all’impeccabile interpretazione del duo Beckinsale/Cusack. Teneri, giusti nel ruolo, e mai melensi. Anche 20 anni dopo, ognuno penserà di essere perfetto protagonista di questa favola metropolitana. Perché la storia non ha tempo, niente fronzoli. Sono i sentimenti che contano. E ad accompagnare le meravigliose scenografie newyorkesi, una colonna sonora completa, tonda, perfetta: il groove di Louis Armstrong, la grinta di Annie Lennox e la dolcezza tutta inglese di Nick Drake, solo per citarne alcuni. Ogni attimo di questa indimenticabile pellicola è pieno, degno di essere visto e rivisto. Un omaggio ai sentimenti reali, al significato del vivere in armonia con l’universo. E per riuscirci, citiamo il (finto!) necrologio finale: “Dobbiamo sempre possedere una fede incrollabile in quello che gli antichi chiamavano fato.”

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