ROMA – «Ehi, sei stato puntualissimo, ero fuori a badare all’orto, alle galline… finalmente è tornata la primavera!». Senza giri di parole, la chiacchierata con Folco Terzani diventa subito un’esperienza incredibile, a tratti rivelatoria. Alcune interviste le si dimentica presto, altre – come questa – probabilmente resteranno sedimentate per un bel po’. Abbiamo chiamato lo scrittore per farci raccontare com’è nato il progetto in VR The Italian Baba | La mia grotta in India, tratto dal suo libro, A Piedi Nudi Sulla Terra, presentato al River to River Florence Indian Film Festival e prodotto e diretto da Elio Germano, che ne è anche voce narrante. Con Folco però abbiamo parlato anche di viaggi, di spiritualità e di quanto sia fondamentale tornare all’essenzialità della natura e delle cose.

Folco, partiamo dal tuo viaggio in India, che poi ha dato vita al progetto The Italian Baba diretto da Elio Germano e Omar Rashid.
«Trascorrevo molto tempo in India, con i Baba indiani, andavo scalzo, ero alle prime armi, e cercavo di capire bene quel mondo. Era un mondo fatto di esperienze, di montagne, di giungle e di grotte, e volevo capirne le basi. Si parlava inglese, ma i veri indiani non lo parlavano. Un giorno ho trovato in una grotta un Baba indiano che in realtà era italiano: Baba Cesare! Mi ha fatto da ponte tra le culture. All’inizio ero scettico, incuteva un certo timore, ma negli anni siamo diventati amici e ho scritto un libro su di lui, che traccia la sua storia: aveva tutto e abbandona tutto. Ho parlato con lui per anni e poi ho scritto A Piedi Nudi Sulla Terra».

E poi cos’è successo?
«L’ho fatto leggere ad Elio (Germano, nda) prima che fosse pubblicato. Gli piacque subito e andammo in India insieme. Nessun albergo, ma a piedi di notte, attraversando i fiumi, dormendo per terra. Elio non ha battuto ciglio, entrando nell’India profonda. C’è stata sintonia, si è sviluppato interesse. Elio ha portato Omar (Rashid, regista e produttore che avevamo intervistato nel nostro Hot Corner a Roma qui, nda) e prima che morisse Cesare abbiamo fatto un viaggio insieme, e Omar ha avuto l’idea di filmare in realtà virtuale, portando un aggeggio strano. È stato il penultimo anno di Baba Cesare, non si vede molto nel film, ma è il luogo che trasporta bellezza, e farlo a 360° trasmette potenza a chi lo guarda. Una tecnologia non troppo conosciuta, quella della VR, ma devo dire che il contrasto tra futuro e l’ancestralità dell’India è decisamente forte…».

Tu ed Elio Germano siete molto amici.
«Sì, l’ho conosciuto qualche anno fa perché mi ha interpretato in La Fine è il Mio Inizio (il film su Tiziano Terzani, lo trovate in streaming su CHILI qui). Lì, sul set, è nata un’amicizia. Mi piace come tipo, come attore. Stiamo facendo diverse cose insieme…»
C’è un viaggio che vorresti fare, ma che ancora non hai fatto?
«Il viaggio è fare quello che sto facendo, essere fermo in Italia. Ho preso un transatlantico quando avevo solo due mesi di vita per New York e non mi sono più fermato. Il viaggio per me ora è stare fermi. Non lo so, è possibile che in certi posti non andrò più, ma ora non mi manca nulla. Sono tra i boschi e i fiumi, mi sento a casa, l’unica casa che ho avuto, il punto fermo. La stessa sensazione che provo sull’Himalaya, anche lì mi sono sentito a casa: uscivo da Cambridge, con i mocassini, e mi sono trovato con i Baba seminudi…»

Qual è il tuo rapporto con il cinema?
«Non vado mai al cinema. Sono andato a scuola di cinema a New York, ma non ero un grande talento, posso scrivere sceneggiature, non fare la regia. Ero l’unico che a scuola non vedeva i film, non ho questa abitudine. Ne guardo pochi, preferisco guardare i film della natura. Anche la sera magari vado a camminare per un bosco, una concezione che arriva dalla scuola indiana, ovvero esporsi alla natura, con le stagioni che cambiano la natura è infinita. È lo spettacolo che mi piace di più…».

Dobbiamo fidarci di questo futuro? L’arte sta ripartendo, ma a un certo punto ci hanno detto che era una cosa superficiale.
«Se oggi sentiamo che dell’arte se ne possa fare a meno, forse sentiamo che l’arte non ci comunica molto. C’è tanta arte oggi, programmi e film infiniti, non è nemmeno più importante l’uscita di un film. C’è troppo di tutto, prima si vedeva poco, al massimo si vedevano gli affreschi in Chiesa. Oggi l’arte è intrattenimento, comunica sempre la stessa cosa. C’è troppo rumore, e le novità scompaiono velocemente. La verità? Non sono preoccupato, ma c’è un processo importante che insegue la profondità e non il superfluo. Magari torniamo ad ascoltare gli uccelli. Abbiamo sbagliato molte cose, ora ne paghiamo le conseguenze. Lo abbiamo capito? Agiamo di conseguenza e cambiamo il nostro modo di vivere. L’arte tornerà per dire cose importanti…».
- Qui sotto il trailer di The Italian Baba:
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